Lo scontro Fini-Bossi sugli immigrati continua
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Lo scontro Fini-Bossi sugli immigrati continua
La Lega fa marcia indietro e ritira l'emendamento alla Finaziaria con il quale chiedeva la cassa integrazione ridotta a sei mesi per i lavoratori immigrati. Il dietrofront del Carroccio è arrivato dopo le polemiche nella maggioranza e il deciso attacco della Cei alla proposta, definita «aberrante» da Avvenire. E sull'apertura di Fini al voto agli immigrati, Bossi attacca: "Dice le sue idee, che sono bocciate dal suo partito".
Gianfranco Fini intanto non cambia idea sul bisogno di rivedere la legge sulla cittadinanza e dalla villa sul lago di Como che un tempo fu di Konrad Adenauer, il cancelliere tedesco fra i padri dell’Unione Europea, rilancia sul tema dell’integrazione intesa come «una grande sfida che la politica del XXI secolo ha il dovere di vincere». Idee subito respinte da Umberto Bossi come «già bocciate dal suo partito». Il modo per vincere quella sfida secondo il presidente della Camera, è «un programma di estensione della cittadinanza sociale e di quella politica». Fini parla dei Paesi europei, senza citare direttamente vicende italiane, nel suo intervento al seminario sul "Futuro della democrazia" organizzato dalla sua fondazione Farefuturo e dalla Konrad Adenauer Stiftung. Ed evita di rispondere alle domande dei giornalisti sul Carroccio.
Umberto Bossi invece non si sottrae e riaccende la polemica, anche se si dice sicuro che Fini voglia bene al Carroccio («cosa farebbe senza di me?», scherza il leader leghista) non intravedendo alcun pericolo per la tenuta della maggioranza («gli italiani ci punirebbero») «Fini - commenta nel merito il segretario della Lega da Vicenza - dice le sue idee, che sono bocciate dal suo partito, che ha detto che non darà mai un voto agli immigrati. Chi non è cittadino non può votare. Punto e basta».Il divario sulla questione degli immigrati sembra ampio (anche se oggi il presidente della Camera parla di cittadinanza e non di voto agli stranieri), e non riguarda solo il Carroccio. Anche il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, ha chiesto che «il Pdl, così come nell’ufficio di presidenza ha detto no al voto per gli stranieri, si pronunci presto sulla cittadinanza dando voce alla netta maggioranza che non vuole decisioni affrettate e sbagliate».
Secondo Fini, però «oggi deve affermarsi l’idea che l’appartenenza alla nazione non discende solamente da un retroterra etnico, ma che è anche il prodotto di una scelta individuale, di un atto volontario di amore verso il Paese che si è scelto come la propria patria». E per questo «le democrazie europee devono suscitare sentimenti di appartenenza anche in coloro che vengono da Paesi lontani, facendoli partecipi attivamente e lealmente della vita collettiva». È una vera e propria educazione alla cittadinanza per i «nuovi cittadini» quella di cui parla Fini, che alla situazione italiana si riferisce direttamente quando parla di riforme. «Non vanno viste - dice - con un approccio solo tecnico-politico, ma come un fattore di rilancio della coesione morale e sociale. Per l’Italia, in particolare, le riforme istituzionali significano anche il rinnovamento del patto di cittadinanza».
La parola chiave che Fini usa è quella di «partecipazione», la partecipazione dei cittadini (tutti) alla vita del Paese. Per questo, certo, serve un «ammodernamento delle istituzioni» ma anche, sottolinea, «il rinnovamento dei partiti» che hanno il compito di «aprirsi alle nuove forme di partecipazione, ai movimenti e alle associazioni». I veri rischi per la democrazia, infatti, secondo il presidente della Camera sono quelli che «vengono normalmente dall’affievolimento del legame sociale, dall’individualismo esasperato, dalla caduta dei valori dell’uomo». «Il processo di affermazione della democrazia - conclude - non lo dobbiamo mai considerare concluso. La sfida per l’estensione della partecipazione politica e per la garanzia dei diritti non deve conoscere cadute di tensione».
(LaStampa)
Gianfranco Fini intanto non cambia idea sul bisogno di rivedere la legge sulla cittadinanza e dalla villa sul lago di Como che un tempo fu di Konrad Adenauer, il cancelliere tedesco fra i padri dell’Unione Europea, rilancia sul tema dell’integrazione intesa come «una grande sfida che la politica del XXI secolo ha il dovere di vincere». Idee subito respinte da Umberto Bossi come «già bocciate dal suo partito». Il modo per vincere quella sfida secondo il presidente della Camera, è «un programma di estensione della cittadinanza sociale e di quella politica». Fini parla dei Paesi europei, senza citare direttamente vicende italiane, nel suo intervento al seminario sul "Futuro della democrazia" organizzato dalla sua fondazione Farefuturo e dalla Konrad Adenauer Stiftung. Ed evita di rispondere alle domande dei giornalisti sul Carroccio.
Umberto Bossi invece non si sottrae e riaccende la polemica, anche se si dice sicuro che Fini voglia bene al Carroccio («cosa farebbe senza di me?», scherza il leader leghista) non intravedendo alcun pericolo per la tenuta della maggioranza («gli italiani ci punirebbero») «Fini - commenta nel merito il segretario della Lega da Vicenza - dice le sue idee, che sono bocciate dal suo partito, che ha detto che non darà mai un voto agli immigrati. Chi non è cittadino non può votare. Punto e basta».Il divario sulla questione degli immigrati sembra ampio (anche se oggi il presidente della Camera parla di cittadinanza e non di voto agli stranieri), e non riguarda solo il Carroccio. Anche il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, ha chiesto che «il Pdl, così come nell’ufficio di presidenza ha detto no al voto per gli stranieri, si pronunci presto sulla cittadinanza dando voce alla netta maggioranza che non vuole decisioni affrettate e sbagliate».
Secondo Fini, però «oggi deve affermarsi l’idea che l’appartenenza alla nazione non discende solamente da un retroterra etnico, ma che è anche il prodotto di una scelta individuale, di un atto volontario di amore verso il Paese che si è scelto come la propria patria». E per questo «le democrazie europee devono suscitare sentimenti di appartenenza anche in coloro che vengono da Paesi lontani, facendoli partecipi attivamente e lealmente della vita collettiva». È una vera e propria educazione alla cittadinanza per i «nuovi cittadini» quella di cui parla Fini, che alla situazione italiana si riferisce direttamente quando parla di riforme. «Non vanno viste - dice - con un approccio solo tecnico-politico, ma come un fattore di rilancio della coesione morale e sociale. Per l’Italia, in particolare, le riforme istituzionali significano anche il rinnovamento del patto di cittadinanza».
La parola chiave che Fini usa è quella di «partecipazione», la partecipazione dei cittadini (tutti) alla vita del Paese. Per questo, certo, serve un «ammodernamento delle istituzioni» ma anche, sottolinea, «il rinnovamento dei partiti» che hanno il compito di «aprirsi alle nuove forme di partecipazione, ai movimenti e alle associazioni». I veri rischi per la democrazia, infatti, secondo il presidente della Camera sono quelli che «vengono normalmente dall’affievolimento del legame sociale, dall’individualismo esasperato, dalla caduta dei valori dell’uomo». «Il processo di affermazione della democrazia - conclude - non lo dobbiamo mai considerare concluso. La sfida per l’estensione della partecipazione politica e per la garanzia dei diritti non deve conoscere cadute di tensione».
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