Fini rinuncia al Lodo Alfano
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Fini rinuncia al Lodo Alfano
La Stampa
Il presidente della Camera spiazza la sua maggioranza confermando la rinuncia allo "scudo" per affrontare un processo per diffamazione. E ciò proprio a pochi giorni dell’atteso pronunciamento della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, la legge che impedisce di processare le più alte cariche dello Stato fino alla fine del loro mandato.
La vicenda giudiziaria che interessa Fini - sottolinea Giulia Bongiorno, presidente dela commissione Giustizia della Camera e avvocato dell’ex leader di An - ha soltanto una coincidenza temporale con l’attesa pronuncia della Consulta. E sin da quando venne approvato il Lodo, nel luglio del 2008, il presidente della Camera avvertì che dell’ombrello processuale non se ne sarebbe mai voluto avvalere. Ma un qualche disagio nel centrodestra questa situazione l’ha creata in giornata anche se, alla fine, l’allora Pm di Potenza che lo aveva querelato, Henry John Woodcock, nel pomeriggio ha annunciato di rinunciarvi, colpito dal "beau geste" del presidente della Camera. «Da magistrato e da uomo dello Stato - ha detto nello spiegare la sua decisione - in questo momento ritengo doveroso rimettere una querela nei confronti di chi ha mostrato leale collaborazione tra le istituzioni e, soprattutto, fiducia nell’azione della magistratura».
Il 7 maggio del 2008, spiega oggi il quotidiano "Fatto Quotidiano", il Gip Mariella Finiti, approvando la tesi dell’accusa, aveva ordinato di spedire le carte alla Camera per l’autorizzazione a procedere. Ma di fatto il fascicolo resta in un cassetto per 16 mesi. In seguito all’interessamento del giornale diretto da Antonio Padellaro, il legale di Fini Giulia Bongiorno va a vedere che fine ha fatto il provvedimento e si rende conto che tutto è rimasto bloccato per colpa del Lodo Alfano. Fini invita quindi il suo avvocato a sbloccare la situazione per affrontare il giudizio contro Woodcock. E quello che viene subito ribattezzato inizialmente, in ambienti parlamentari di Montecitorio, come lo "strappo" del presidente della Camera, non passa inosservato.
I cosiddetti tecnici della giustizia del centrodestra, a cominciare dal deputato del Pdl e legale del premier Niccolò Ghedini, evitano ogni commento. Mentre in Transatlantico era palpabile il malumore tra i deputati della maggioranza. Alcuni addirittura hanno malignato: «Si fa presto a rinunciare al lodo Alfano - ha osservato un deputato del Pdl - perchè tanto poi resta in piedi la questione dell’insindacabilità...». E già, perchè se anche la Bongiorno ha reso noto di aver avviato la procedura per rinunciare all’ombrello del Lodo Alfano, dovrà essere sempre la Giunta per le Autorizzazioni della Camera a dire l’ultima parola sull’insindacabilità delle parole di Fini contro il Pm («Woodcock è un signore che in un paese serio avrebbe già cambiato mestiere.. è noto per una certa fantasia investigativa»). La rinuncia al giudizio di sindacabilità o meno delle dichiarazioni fatte da un parlamentare, infatti non rientra nella disponibilità del singolo individuo, ma dell’istituzione. Così, anche se un deputato dichiarasse di voler rinunciare alla cosiddetta immunità, dovranno essere sempre la Giunta, prima, e l’Aula, poi, a pronunciarsi, anche contro la volontà, spesso di natura propagandistica, del diretto interessato. Ma in questo caso non si dovrà arrivare a tanto visto che l’ex pm di Potenza ha rinunciato alla sua querela.
Fini non ha voluto alimentare altre polemiche: «Nessun commento - ha tagliato corto con i cronisti in serata - da me non avrete una parola». L’opposizione però commenta con favore l’iniziativa del presidente di Montecitorio: «È un atto che dimostra grande sensibilità democratica» osserva Ermete Realacci (Pd), perchè «indipendentemente da quanto stabilirà la Corte, Fini onora e rispetta gli italiani che credono nel dettato fondamentale della Costituzione: la legge è uguale per tutti». «Stimiamo Fini - prosegue il capogruppo dell’Idv Massimo Donadi - il suo è un comportamento da galantuomo a differenza di altri...».
Il presidente della Camera spiazza la sua maggioranza confermando la rinuncia allo "scudo" per affrontare un processo per diffamazione. E ciò proprio a pochi giorni dell’atteso pronunciamento della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, la legge che impedisce di processare le più alte cariche dello Stato fino alla fine del loro mandato.
La vicenda giudiziaria che interessa Fini - sottolinea Giulia Bongiorno, presidente dela commissione Giustizia della Camera e avvocato dell’ex leader di An - ha soltanto una coincidenza temporale con l’attesa pronuncia della Consulta. E sin da quando venne approvato il Lodo, nel luglio del 2008, il presidente della Camera avvertì che dell’ombrello processuale non se ne sarebbe mai voluto avvalere. Ma un qualche disagio nel centrodestra questa situazione l’ha creata in giornata anche se, alla fine, l’allora Pm di Potenza che lo aveva querelato, Henry John Woodcock, nel pomeriggio ha annunciato di rinunciarvi, colpito dal "beau geste" del presidente della Camera. «Da magistrato e da uomo dello Stato - ha detto nello spiegare la sua decisione - in questo momento ritengo doveroso rimettere una querela nei confronti di chi ha mostrato leale collaborazione tra le istituzioni e, soprattutto, fiducia nell’azione della magistratura».
Il 7 maggio del 2008, spiega oggi il quotidiano "Fatto Quotidiano", il Gip Mariella Finiti, approvando la tesi dell’accusa, aveva ordinato di spedire le carte alla Camera per l’autorizzazione a procedere. Ma di fatto il fascicolo resta in un cassetto per 16 mesi. In seguito all’interessamento del giornale diretto da Antonio Padellaro, il legale di Fini Giulia Bongiorno va a vedere che fine ha fatto il provvedimento e si rende conto che tutto è rimasto bloccato per colpa del Lodo Alfano. Fini invita quindi il suo avvocato a sbloccare la situazione per affrontare il giudizio contro Woodcock. E quello che viene subito ribattezzato inizialmente, in ambienti parlamentari di Montecitorio, come lo "strappo" del presidente della Camera, non passa inosservato.
I cosiddetti tecnici della giustizia del centrodestra, a cominciare dal deputato del Pdl e legale del premier Niccolò Ghedini, evitano ogni commento. Mentre in Transatlantico era palpabile il malumore tra i deputati della maggioranza. Alcuni addirittura hanno malignato: «Si fa presto a rinunciare al lodo Alfano - ha osservato un deputato del Pdl - perchè tanto poi resta in piedi la questione dell’insindacabilità...». E già, perchè se anche la Bongiorno ha reso noto di aver avviato la procedura per rinunciare all’ombrello del Lodo Alfano, dovrà essere sempre la Giunta per le Autorizzazioni della Camera a dire l’ultima parola sull’insindacabilità delle parole di Fini contro il Pm («Woodcock è un signore che in un paese serio avrebbe già cambiato mestiere.. è noto per una certa fantasia investigativa»). La rinuncia al giudizio di sindacabilità o meno delle dichiarazioni fatte da un parlamentare, infatti non rientra nella disponibilità del singolo individuo, ma dell’istituzione. Così, anche se un deputato dichiarasse di voler rinunciare alla cosiddetta immunità, dovranno essere sempre la Giunta, prima, e l’Aula, poi, a pronunciarsi, anche contro la volontà, spesso di natura propagandistica, del diretto interessato. Ma in questo caso non si dovrà arrivare a tanto visto che l’ex pm di Potenza ha rinunciato alla sua querela.
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