Oggi la Consulta si pronuncia sulla costituzionalità del Lodo Alfano
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Oggi la Consulta si pronuncia sulla costituzionalità del Lodo Alfano
La Stampa
Nella sala gialla di palazzo della Consulta, affollata di giornalisti italiani e stranieri, ha preso il via alle 9.30 di questa mattina l’udienza della Corte Costituzionale sul "lodo Alfano", la legge che sospende i processi nei confronti delle cinque più alte cariche dello Stato. La Consulta è al plenum, con tutti e 15 i giudici. Dopo aver dichiarato aperta l’udienza, il presidente della Corte, Francesco Amirante, ha passato la parola al giudice relatore, Franco Gallo, per riassumere i motivi dei tre ricorsi contro il "lodo Alfano": due presentati dai giudici di Milano nell’ambito dei processi in cui il premier Silvio Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato inglese David Mills (che nel frattempo è stato condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset; il terzo ricorso è del gip di Roma chiamato a decidere se archiviare (come ha chiesto la procura) o rinviare a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all’estero durante la scorsa legislatura.
Terminata la relazione di Gallo, si è aperta la sfida tra avvocati: da una una parte i parlamentari-avvocati Niccolò Ghedini, Gaetano Pecorella e Piero Longo che sono intervenuti per conto dell’imputato Berlusconi, mentre l’avvocato dello Stato Glauco Nori (la cui memoria difensiva paventava il rischio di dimissioni del premier se il "lodo" sarà bocciato) ha preso la parola per conto della presidenza del Consiglio; dall’altra parte il presidente dei costituzionalisti, prof. Alessandro Pace, che parla a nome della procura di Milano. Una prima decisione la Corte ha dovuto prenderla subito, sospendendo l’udienza e ritirandosi in camera di consiglio per stabilire se ammettere l’intervento della procura di Milano o se rigettarlo perchè parte non titolata ad intervenire nel giudizio costituzionale. E' stato così deciso di dichiarare «inammissibile» la richiesta di costituirsi in giudizio avanzata dalla Procura di Milano nell’udienza sul lodo Alfano.
«Con le modifiche apportate alla legge elettorale, il presidente del Consiglio non può più essere considerato uguale agli altri parlamentari, ossia non è più "primus inter pares", ma deve essere considerato "primus super pares"». Così l’avvocato Gaetano Pecorella ha difeso la costituzionalità del "lodo Alfano" escludendo che la legge introduca elementi di disparità del trattamento e dei cittadini innanzi alla legge. Pecorella ha aggiunto che bisogna prendere atto del fatto che «con la legislazione di oggi sulle elezioni delle cariche politiche, la posizione del presidente del Consiglio si è venuta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali». Pecorella ha spiegato, nella sua arringa durata circa un quarto d’ora, che al premier oggi, a differenza del passato «sono espressamente riconosciute funzioni nei rapporti con il Parlamento europeo, sono la Commissione Ue e nei rapporti tra Stato-Regioni: il premier non è più "primus inter pares" come lo era nel 2004». Oggi - ha proseguito Pecorella - le coalizioni depositano il programma elettorale indicando il nome del loro leader. Rimangono certamente salde le prerogative del presidente della Repubblica, ma il presidente del Consiglio è l’unico che riceve la sua legittimazione dalla volontà popolare».
Il Lodo Alfano non è una immunità ma una legge che tutela il diritto di difesa dell’alta carica dello Stato che si trova ad essere imputata in un processo penale: questa invece la tesi sostenuta dall’avvocato Piero Longo, altro parlamentare-legale del premier Silvio Berlusconi. Prendendo la parola dopo il collega Ghedini, Longo punta la sua attenzione sul fatto che il Lodo Alfano ha accolto le indicazioni della precedente sentenza del 2004 con cui la Corte bocciò il precedente Lodo Schifani: l’attuale legge, infatti, ha «come caratteristiche la temporaneità, la non reiterabilità, la rinunciabilità, la sospensione della prescrizione, la garanzia per le prove non rinviabili, la tutela delle parti civili».
La politica attende intanto la decisione della Corte costituzionale e già si comincia a discutere di urne anticipate. Le invocano Antonio Di Pietro e Pier Ferdinando Casini, Umberto Bossi non ci crede ma si dice pronto, le esclude Silvio Berlusconi. Il premier ai suoi ha confidato che tutto è possibile, che in caso di bocciatura si tratterebbe dell’attacco finale di un disegno organico portato avanti da tempo. Ma il presidente del Consiglio agli "oppositori" ha inviato un messaggio chiaro: «Il governo porterà a termine la sua missione quinquennale». Dunque nessuna alternativa a questo esecutivo. Se vogliono lo scontro - è il ragionamento - allora ci sarà il voto.
Ma l’idea di andare alle urne viene considerata come "extrema ratio". Nessuno vuole sei mesi di campagna elettorale - questa la convinzione del presidente del Consiglio - e anche i giudici che si dovranno pronunciare hanno a cuore gli interessi del Paese. Il Cavaliere lega il caso delle escort alla sentenza sul lodo Mondadori e con i suoi ha sottolineato il clima ostile instaurato dalla sinistra. Ma ad Arcore - riferisce uno dei collaboratori del Cavaliere - c’è la sicurezza che non c’è nessuna manovra di palazzo in atto. Del resto oggi Gianfranco Fini è stato chiaro: «L’unica maggioranza è quella uscita dalle urne».
Certo, la sentenza sul lodo Mondadori ha dei tempi sospetti anche per il Cavaliere. «La tempistica e i contenuti di una sentenza che a 20 anni dai fatti arriva con sospetta puntualità - affermano anche i capigruppo del Pdl di Camera e Senato in una nota - rafforzano l’opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano». Da qui l’intenzione di organizzare una manifestazione popolare. «È un modo - osservano fonti parlamentari del partito - di far capire che la gente è pronta ad andare in piazza». E già si affacciano le prime ipotesi, come quella del 2 o del 5 dicembre a piazza San Giovanni a Roma
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