Scoperta acqua sulla Luna
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Scoperta acqua sulla Luna
Fonte: La Stampa
Ora che Barack Obama ha cancellato il programma Ares-Constellation che nel 2020 avrebbe dovuto portare a una base lunare permanente, sembra quasi una beffa la scoperta che pochi mesi fa occupò le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Cento litri di acqua, la metà di quella che un italiano consuma in un giorno, ma a renderla speciale c’era che gli astronomi l’avevano trovata sulla Luna. Meglio: l’avevano prodotta. Fuggevolmente. Perché prima era ghiaccio misto a terriccio e subito dopo è diventata vapore.
Era il 9 ottobre dell’anno scorso, quando la Nasa bombardò il fondo buio del cratere Cabeus (disegno) con un “proiettile” sganciato nel corso della missione LCROSS (Lunar CRater Observation and Sensing Satellite). E se 100 litri vi sembrano pochi, ricordate che è pur sempre la quantità di acqua che a un africano deve bastare per 10 giorni.
Il proiettile ha sollevato una nube di polveri e gas nella quale una sonda rimasta ancora per un po’ in orbita lunare è riuscita a trovare la “firma” spettroscopica dell’acqua. Per il calore sviluppato dall’impatto, 100 chilogrammi di ghiaccio sotto forma di permafrost si sono trasformati istantaneamente in vapore. Ci si aspettava un impatto molto più vistoso, ben visibile da terra. Invece sono state necessarie alcune settimane di analisi per estrarre dai dati le informazioni desiderate.
Riassumiamo i fatti. Il 18 giugno 2009 un missile Atlas che portava come stadio superiore un razzo Centaur lanciò da Cape Canaveral verso la navicella “Lunar Reconnaissance Orbiter” (LRO). Il carico comprendeva anche una sonda minore, appunto LCROSS. Il 23 giugno la navicella principale entrò in orbita polare intorno alla Luna tenendosi a 50 chilometri dal suolo e incominciò a lavorare intensamente. Un suo strumento (Diviner Lunar Radiometer Experiment, DIRE) disegnò mappe termiche delle regioni polari identificando le zone eternamente in ombra, dove la temperatura si mantiene stabile sui -240 °C. In parallelo, lo strumento Lunar Exploration Neutron Detector (LEND) accertava che dove la temperatura era più bassa esistono concentrazioni di idrogeno e quindi, molto probabilmente, di acqua ghiacciata.
LCROSS e il razzo Centaur intanto si preparavano al suicidio sulla superficie lunare seguendo un’orbita fortemente ellittica con un periodo di 37 giorni. Il 9 ottobre, quando i kamikaze erano a 87 mila chilometri dalla Luna, il razzo Centaur si staccò da LCROSS e puntò sul cratere Cabeus, vicino al polo sud della Luna, dove si schiantò 9 ore e 40 minuti dopo alla velocità di 2,5 chilometri al secondo, impatto non trascurabile considerando che la massa era di 2,3 tonnellate. LCROSS, che seguiva da vicino, registrò ogni fase del suicidio programmato e trasmise i dati con l’analisi spettroscopica della nube di gas e polveri generata dall’impatto. Un lavoro febbrile, concentrato in 4 minuti, dopo i quali anche LCROSS concluse violentemente la sua missione a poca distanza dal razzo Centaur.
LCROSS aveva a bordo una videocamera ottica, quattro camere sensibili all’infrarosso (due nel vicino IR e due nel medio), uno spettrometro nell’ultravioletto visibile e due nell’infrarosso, un fotometro progettato per cogliere il bagliore dell’impatto nell’eterno buio di Cabeus. Il diametro del cratere generato dal primo proiettile risultò largo 14-20 metri e profondo 2. Gli spettrometri infrarossi e Uv hanno rivelato le righe di assorbimento dell’acqua a 1,4 e 1,9 micron nell’infrarosso e il radicale OH nell’ultravioletto a 0,308 micron, oltre alla “firma” dell’acqua a 0,619 micron. Fine di una lunga quérelle, problema risolto.
L’origine dell’acqua lunare può essere di tre tipi: acqua originaria della Luna (improbabile), acqua generata dall’azione del vento solare (possibile, ma solo in piccole quantità), acqua portata dalla caduta di comete e rimasta sul fondo del cratere Cabeus A in quanto lì non arrivano mai i raggi del Sole (ipotesi più probabile).
La scoperta è tanto più sorprendente se si ricorda che subito dopo l’impatto sembravano poche le speranze di ottenere risultati scientificamente utili. I maggiori telescopi al suolo, tra i quali i due Keck da 10 metri di apertura alle isole Hawaii e il Gemini Nord, non erano riusciti a osservare il lampo dell’impatto, la cui luminosità era stata molto sovrastimata. Anche al telescopio spaziale “Hubble” sono sfuggiti sia l’impatto sia il pennacchio di detriti che ne derivò.
Abbiamo accennato al fatto che sulla Luna, grazie all’aiuto del Sole, c’è una fabbrica naturale di acqua. La scoperta si deve allo strumento SARA che l’Agenzia spaziale europea (Esa) aveva collocato a bordo della navicella spaziale indiana “Chandrayaan-1 Orbiter. Il meccanismo che produce l’acqua lunare è singolare. In un certo senso, la Luna si comporta come una spugna che assorbe le particelle cariche elettricamente che il Sole lancia nello spazio sotto forma di “vento solare”. Queste particelle (soprattutto protoni, cioè nuclei di idrogeno) interagiscono con gli atomi di ossigeno contenuti nei granelli di polvere lunare (regolite), generando molecole di acqua o ossidrile, cioè la molecola O-H progenitrice dell’acqua. La “firma” di queste molecole (ossidrile e acqua) è stata riconosciuta anche dallo strumento M3, “Moon Mineralogical Mapper”, sempre a bordo della navicella indiana. SARA ha confermato la cattura dei protoni nella regolite da parte dell’ossigeno.
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