Berlusconi: "Perdono Tartaglia"
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Berlusconi: "Perdono Tartaglia"
Berlusconi: "Perdono Tartaglia"
Fonte: LA STAMPA.it
Fonte: LA STAMPA.it
Berlusconi è messo peggio di come uno, magari, se l’immagina: cioè con il cerotto in faccia, però tutto sommato in forma e pimpante perché il Cavaliere ha sette vite... No, non è esattamente così. Ieri mattina lo passano per telefono a una persona che, sulle prime, nemmeno lo riconosce. Un po’ bofonchia, colpa della ferita in bocca e delle medicazioni appena ricevute (se non farà lifting, gli resteranno le cicatrici).
Confida di avere dolore, la frattura nasale vicino allo zigomo dopo una settimana di cure non è per niente a posto. «Mi hanno fatto veramente del male», è il suo refrain riferito a tutti quanti nella sinistra lo detestano cordialmente, «più ci penso e più mi convinco che mi è andata bene, quelli avrebbero voluto uccidermi».
Riceve gente a frotte, lavora sulle carte da Roma, assilla i collaboratori, si capisce che vorrebbe poter fare di più, però il tono generale resta quello di un uomo provato, comprensibilmente non all’apice della forma, con l’umore a sbalzi tipico della belva in gabbia. Voleva trasgredire le disposizione del professor Zangrillo, e trascorrere la notte della Vigilia in mezzo ai terremotati, però lui stesso capisce che non è il caso.
Ieri pomeriggio si collega in vivavoce con la sede romana del partito, ritorna sull’agguato, «due centimetri più su e avrei perso un occhio o sarei finito sotto terra». Conferma di aver perdonato «umanamente» Tartaglia «perché voi sapete che io non so portare rancore», ma il buonismo prenatalizio termina qui, in realtà Berlusconi chiede che la punizione dei giudici sia talmente esemplare da scoraggiare in futuro chi volesse prendere di mira il capo del governo: «Non deve passare il messaggio che si può andare in giro e colpire liberamente il presidente del Consiglio, il quale rappresenta un’istituzione. Altrimenti parte un tiro al bersaglio...».
E’ un chiodo fisso: conferire dignità speciale a chi veste il suo ruolo. Proteggerlo tanto contro le aggressioni fisiche quanto contro le inchieste giudiziarie che ne sfregiano la reputazione. Riformare la Carta costituzionale dal suo punto di vista serve esattamente a innalzare il premier un gradino più su, a scrivere nero su bianco che l’«unto» dal popolo vale perlomeno quanto il presidente della Repubblica.
Chiuso nel suo bunker, Berlusconi ragiona di scenari politici che lo riguardano. Aveva iniziato già prima dell’aggressione, e forse può testimoniarlo Francesco Rutelli, con cui s’erano casualmente incontrati in aeroporto, dilungandosi molto amichevolmente a tracciare ipotesi di futuro. Il Cavaliere soppesa senza illusioni le potenzialità del dialogo intrapreso con Bersani. Non si attende che in gennaio il Pd voti a favore del «processo breve» e del «legittimo impedimento».
Semmai Berlusconi si attenderebbe un’opposizione temperata, alla camomilla e un sì al nuovo Lodo Alfano che Gasparri e Cicchitto hanno rinunciato a presentare prima delle Feste per meglio predisporlo. I suoi gli hanno additato in Franceschini il nemico da tenere d’occhio, e considera un handicap che Bersani l’abbia messo a guidare il gruppo del Pd alla Camera, un segnale di debolezza del segretario.
Nello stesso tempo, Berlusconi lancia segnali che un certo mondo cortigiano, di cui ama circondarsi, interpreta a modo suo, quasi fossimo alla vigilia di grandi scelte personali. Prima è filtrata la chiacchiera di Gianni Letta prossimo vice-premier (oggi è semplice sottosegretario). Poi, quando il tam-tam ancora non si era spento, ecco il quotidiano «Italia Oggi» lanciare in orbita la «staffetta» tra Berlusconi e Alfano: il premier sarebbe pronto a cedere la poltrona al più giovane Guardasigilli. Bonaiuti tronca e sopisce («è una fiaba natalizia, anzi una fanfaluca») prima che scatti la rincorsa delle gelosie tra potenziali aspiranti.
Ma l'aneddotica è copiosa di voci dal sen fuggite, di frasi a mezza bocca, di confidenze del Cavaliere dove ricorre puntuale il tema della successione. L’altro giorno, ad esempio, ha escluso la candidatura del ministro Rotondi in Campania «per non bruciarlo alle Regionali, lui è uno dei tre o quattro che potrei mettere dopo di me...». Ci sta pensando, e lui solo sa con quale intendimento. Forse per riservare a sé un ruolo più riparato di padre nobile. O magari perché sente che è tempo di tracciare una linea di discendenza dinastica, chissà. Di sicuro, confida chi frequenta Villa San Martino, «sta architettando qualcosa».
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