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Olimpiadi di Vancouver 2010

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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Olimpiadi di Vancouver 2010

Messaggio Da Maurizio Ven Feb 12, 2010 6:36 pm

http://www.lastampa.it/sport/vancouver2010/default.asp
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Re: Olimpiadi di Vancouver 2010

Messaggio Da nevemania Sab Feb 13, 2010 5:03 pm

le olimpiadi non le guardo...non mi piaciono
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Pietro Piller Cottrer: argento

Messaggio Da Maurizio Mar Feb 16, 2010 7:13 pm

Fonte: La Stampa
Callaghan valley parla italiano. Partita in salita con la debacle femminile nella 10 km, la mattina di Whistler viene spruzzata di azzurro con l’argento di Pietro Piller Cottrer, bucaniere di 35 anni, che prosegue il fil rouge italiano cominciato domenica con i due bronzi di Pittin e Zoeggeler. Piller azzanna il podio nel suo giardino preferito, la 15 km tecnica libera, che quattro anni fa gli regalò l’oro ai mondiali e consegna all’Italia la 33a medaglia olimpica del fondo (4 gliel’ha portate lui), la tredicesima d’argento.

Il mondo lo mette in fila lo svizzero Dario Cologna, ultimo vincitore della coppa del mondo, altra firma svizzera su un’Olimpiade che per loro sta diventando memorabile: dopo Ammann nel salto, Defago nella libera e Cologna nel fondo. La montagna è cosa loro.

La neve è buona, il sole che ha scheggiato la corsa delle donne se ne è andato, non c’è il rischio di inconvenienti. La gara perde subito il padrone annunciato, al primo giro di crono Petter Nothug, arrivato qui per cannibalizzare i Giochi, arranca: Piller è quarto ma il passo è quello buono. Progressione, niente strappi. Il suo è un motore delicato, rodato dall’ultima fase di coppa del mondo, messo a punto nella doppietta canadese di Canmore, ultimo test preolimpico. Alla vigilia era stato chiaro Piller, quel secondo posto dietro a Di Centa gli aveva aperto cuore e occhi e spazzato via i dubbi su un anno mai andato come avrebbe voluto. Alla partenza aveva il ghigno giusto, la faccia tirata, gli occhi una fossa delle marianne. Quarto dopo 2,3 km, terzo dopo 8,7, secondo dopo 12,4: scrostata la concorrenza, lontano Northug, restava solo Hellner da liquidare, ma la partenza troppo veloce diventava zavorra per lo svedese, l’accelerata nel finale restava nelle intenzioni. Piller argento a 24"6, terzo il ceco Bauer a 35". Il resto a inseguire. Qui Piller aveva vinto la pre mondiale di un anno fa, era la 30 chilometri ma evidentemente con la vallata deve essere in sintonia. «E’ stata una giornata fantastica, mi sentivo meravigliosamente bene. Che ha significato ha questo secondo posto? Non certo quello della sconfitta, perdere da un avversario forte come Cologna ci sta eccome». Nel libro delle dediche c’è la moglie Francesca e i figli Fabio e Marta e ora Piller fa la voce grossa, ma è il primo a stupirsi di un inizio cosi scintillante: «Fino a questa mattina non avrei mai pensato di poter cominciare l’Olimpiade così forte. E rivincere un’altra medaglia dopo Torino è assolutamente fantastico».

Piller Cottrer, l’uomo incapace di stare in pace con se stesso. Tormentato il giusto, più esuberante del gemello Di Centa (ieri decimo) e con un carattere che spesso ne ha fatto il front man di un ambiente più abituato ai silenzi che alle parole, ai risultati che alle spacconate. La sua forza? Coniugare le due cose, farle convivere senza per questo tradire i patti con il suo mondo. Prima di partire per i Giochi aveva capito che aria tirava, l’eterna battaglia con la visibilità di uno sport che è anche la sua vita. «Siamo oscurati dal pallone. Qualunque risultato si riesca a fare. All’inizio mi davo la colpa, ora invece mi sono messo il cuore in pace».

Parziale bugia perché il cuore in pace non se lo metterà mai. Sarà anche per sentirsi più tranquillo che nel periodo delle gare gira con due pupazzetti al collo, feticci imprescindibili, regali delle sue due famiglie: quella di Sappada e quella del fondo. E sì che per l’atmosfera, l’avvicinamento ai Giochi non l’aveva del tutto convinto: i trusci dei russi con il doping e la mancanza di decisionismo del Cio resta una faccenda che non gli va giù dallo scoppio affatto ritardato. E poi il villaggio olimpico: abituato al rumore del silenzio, agli chalet con compagni di squadra e skimen, questa volta i fondisti sperimentano la convivenza con gli altri atleti. Un disastro per Piller Cottrer. Anzi, più esplicito: «Un gran casino. Non ci sembra nemmeno di stare alle Olimpiadi». Da ieri ci è entrato sfondando la porta principale: «Come il vino, più invecchio più miglioro. Ora sono come una buona bottiglia di Amarone». Produce Pietro Killer Cottrer.
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Sci alpino, prova rinviata

Messaggio Da Maurizio Mar Feb 16, 2010 7:14 pm

Fonte: La Stampa
La supercombinata maschile dello sci alpino alle Olimpiadi Invernali di Vancouver 2010 in programma per oggi è stata rinviata. La decisione è stata presa oggi a causa della grande quantità di neve caduta sulla pista di Whistler. Ieri la federsci internazionale aveva fatto sapere che in caso di rinvio la gara sarebbe slittata a venerdì.

Con il rinvio odierno il programma olimpico dello sci alpino incassa il terzo cambio di programma a causa delle condizioni del meteo e delle piste. Gli organizzatori hanno specificato che la supercombinata maschile è stata rinviata poiché la neve caduta per tutta la notte ha reso impraticabile la pista, in particolar modo nella parte bassa del tracciato. Nel weekend i primi rinvii erano stati decisi a causa dell’alternanza di temperature elevate, pioggia e neve.
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Choc ai giochi, muore un georgiano

Messaggio Da Maurizio Mar Feb 16, 2010 7:15 pm

Scusate per il ritardo con cui pubblico questa notizia...
Fonte: La Stampa
La tragedia irrompe ai Giochi nel giorno più dolce, quello dedicato alle emozioni senza adrenalina della cerimonia d’apertura. Sulle piste di Whistler muore un giovane atleta georgiano dello slittino, Nodar Kumaritashvili. Fatale un volo fuori dal budello ghiacciato durante le prove alla vigilia dell’esordio delle gare, e il conseguente impatto violentissimo contro un palo metallico.

L’incidente è apparso subito gravissimo: il giovane atleta, 21 anni compiuti lo scorso novembre, ha perso il controllo dello slittino, schizzando fuori dalla traiettoria a 150 km l’ora. Il dramma si è consumato in pochi istanti: il suo corpo è sbalzato via, e la corse folle è finita su uno dei pali che costeggiano il tracciato ghiacciato sede delle prove olimpiche di slittino, bob e skeleton. La testa già reclinata, il volto insanguinato e le gambe inerti hanno fatto subito temere il peggio: a Kumaritashvili è stato praticato il massaggio cardiaco, ma non c’è stato niente da fare.

L’ambulanza è andata via mesta, senza le sirene spiegate che avrebbero almeno tenuto in piedi la speranza. E invece a Whistler è calato il silenzio, proprio quando gli atleti si stavano preparando per scendere a valle e partecipare al grande show della cerimonia inaugurale. Le prove dello slittino (qualche problema c’era stato persino per l’esperto campionissimo azzurro Armin Zoeggeler) sono state interrotte e tutti i tecnici si sono riuniti con i vertici della federazione internazionale: è anche partita un’inchiesta per capire la pericolosità di questo tracciato in cui si riescono a raggiungere fino a 154 km l’ora. Missili umani. Il georgiano era giovane, con poca esperienza a livello internazionale e aveva chiuso al 55esimo posto la coppa del mondo della passata stagione.

Sui Giochi torna così il sangue, diverso nella motivazione rispetto a certi drammi del passato ma ugualmente tragico. A Monaco, nel 1972, il sangue piombò sulla rassegna estiva con il massacro degli israeliani, vittime di un agguato organizzato da guerriglieri palestinesi. Era un atto di terrorismo che veniva da lontano e che trovò sul palco dei Giochi il miglior scenario e la maggiore efficacia. Ma non mancano purtroppo tragedie legate alle competizioni sportive nel passato olimpico invernale: nel 1992 ad Albertville morì lo sciatore Nicolas Bochatay, gareggiava in libera. Nel 1964 a Innsbruck, in Austria, morì l’altro sciatore australiano Ross Milne, 19 anni, e in prova perse la vita uno slittinista britannico, Kazimierz Kay-Skrzypeski. Tragedie come quella che ha gettato un’ombra su Vancouver, risvegliatasi oggi con il sorriso dei giorni di festa. E invece la morte ha tolto la gioia non solo alla città dei «cuori ardenti», ma a tutto il mondo olimpico: e chissà se potrà tornare.
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Re: Olimpiadi di Vancouver 2010

Messaggio Da Maurizio Mar Feb 16, 2010 7:16 pm

nevemania ha scritto:le olimpiadi non le guardo...non mi piaciono
Neanch'io seguo le gare, ma mi sembra giusto segnalare gli eventi più importanti. Eppoi, delle medaglie per gli Azzurri fanno sempre piacere... Olimpiadi di Vancouver 2010 Icon_smile
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty SUPER GIGANTE, gli azzurri cercano riscatto

Messaggio Da Maurizio Gio Feb 18, 2010 2:31 pm

Fonte: La Stampa
Werner Heel ed i suoi tre compagni hanno già smaltito la delusione per il risultato della discesa olimpica e sono pronti per cercare di riscattarsi in Supergigante. Ma non sarà facile. Domani, oltre a Heel, l’Italia schiera ancora Peter Fill, Christof Innerhofer e Patrick Staudacher: tutti atleti molto quotati.

Heel in questa stagione ha conquistato un terzo posto nel Supergigante di Val d’Isere. Stessa cosa ha fatto Patrick Staudacher in quello di Val Gardena, primo podio in carriera dopo essere stato campione mondiale ad Aare 2007. Peter Fill è poi vicecampione mondiale in carica, alle spalle di Didier Cuche. Ma il pesante infortunio dello scorso agosto - rottura dei muscoli e dei tendini dell’adduttore sinistro - seguito da intervento chirurgico in Finlandia l’ha obbligato ad un lento recupero. In questa stagione Fill ha gareggiato solo nella libera di Wengen ed in quella olimpica: la sua presenza a Whistler è già un miracolo. Peter ha comunque classe e volontà da vendere: può sempre fare il colpaccio.

Poi c’è Innerhofer, con una stagione in ombra per colpa di un’ernia che verrà operata a fine stagione. Ai Mondiali di val d’Isere sfiorò il bronzo per una inezia. Nella libera olimpica è stato l’unico italiano ad interpretare bene la prima parte della pista Dave Murray, tanto da realizzare il miglior intermedio in quei passaggi prima di perdersi nei meandri dei curvoni del tracciato di gara. Proprio questi curvoni - con pendenze non forti - sono il vero problema per gli italiani, che amano il ripido ed il fondo durissimo.

Almeno sul fondo, in uno sport più che mai condizionato dalle condizioni meteo ed ambientali, le cose sembrano andare meglio: finalmente è arrivato il sole, con temperature sotto zero la notte e per buona parte della giornata.

Ma il problema grosso per gli italiani, ovviamente, è la concorrenza. Gli austriaci rimasti fuori dal podio nella "loro" discesa, non vogliono fallire in Supergigante e mandano avanti Michael Walchhofer che è leader di Coppa nella classifica di disciplina. Gli svizzeri hanno Didier Cuche che scalpita. Poi c’è il solito norvegese Aksel Svindal, che con un argento in discesa ha ormai scioltezza assoluta nella altre gare. E, ovviamente, non va dimenticato l’americano Bode Miller e non vanno scordati i canadesi.

Insomma: gli azzurri e le loro legittime ambizioni non avranno vita facile nel Supergigante olimpico.
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Olimpiadi, slittino "amaro". L'Italia sfiora il podio nel doppio

Messaggio Da Maurizio Gio Feb 18, 2010 2:32 pm

Fonte: La Stampa
Le due facce della stessa Olimpiade. L’Italia esulta per la medaglia di bronzo di Arianna Fontana nello short track ma contemporaneamente vive la grande delusione per aver sfiorato il podio nel doppio di slittino. Christian Oberstolz e Patrick Gruber non sono riusciti ad ottenere quella medaglia che cercano da tre Olimpiadi. I due azzurri sono stati preceduti di 72 millesimi dai tedeschi Patric Leitner e Alexander Resch. Oro agli austriaci Andreas e Wolfgang Linger davanti ai lettoni Andris e Juris Sics. Nono l’altro equipaggio italiano in gara formato da Gerhard Plankensteiner e Oswald Haselrieder (bronzo a Torino).

Con Arianna Follis assente per preservare le energie ci ha pesanto Magda Genuin a tenere alto l’onore azzurro nello sci di fondo centrando il quinto posto nella sprint a tecnica classica al Whistler Olympic Park. Quello della 31enne veneta è il miglior risultato possibile in una specialità in cui la squadra italiana ha sempre faticato. «Sono arrivata in finale che non avevo più forze perchè sono andata sempre a tutta sia nelle qualificazioni che nelle batterie - ha spiegato -. Ho dovuto gestire le poche energie rimaste per cogliere un buon piazzamento. Alla vigilia sarei stata contenta di arrivare in semifinale, sono andata oltre facendo in pieno il mio dovere. L’inizio della stagione è stato un pò difficoltoso, avevo voglia di capire se il lavoro fatto nei primi mesi della stagione è andato a buon fine e adesso ho molte certezze in più. Altre volte in passato sono stata l’anello debole del gruppo, adesso invece mi sento protagonista». Le altre azzurre, Karin Moroder (39ma) ed Elisa Brocard (43ma) non si sono qualificate per i quarti. Lontani dal podio anche gli azzurri impegnati nella prova maschile: Renato Pasini (22o), Fabio Pasini(26o), Loris Frasnelli (30o) non hanno conquistato l’ingresso in semifinale. David Hofer non ha passato il primo turno. La vittoria al fotofinish è andata al russo Nikita Kriukov davanti al connazionale Alexander Panzhinskiy. Bronzo al norvegese Petter Northug.

L’Italia è ancora ferma al palo nello sci alpino. Nella discesa libera femminile le azzurre non sono andate oltre il nono posto dell’altoatesina Lucia Recchia, 30 anni, di Brunico. Johanna Schnarf ha chiuso ventiduesima. Fuori Daniela Merighetti ed Elena Fanchini. (Merighetti e Schnarf torneranno in pista oggi per la supercombinata femminile). «Era davvero molto difficile gareggiare su questa pista - ha detto Lucia Recchia - gli sci saltavano come se si andasse a 200 all’ora e il sole di traverso creava un gioco di luci e ombre difficile da gestire. Purtroppo ho commesso un errore che mi è costato molto caro, visto che poi il mio risultato finale è discreto. Ora bisogna che mi concentri sul superG che sarà un pò più lento e potrò giocare tutte le mie carte».

Nei 1000 maschili di short track Nicolas Bean e Yuri Confortola hanno guadagnato il pass per la semifinale di sabato. Avanza anche Nicola Confortola, fuori per un’irregolarità del francese Chatagnieri e quindi promosso d’ufficio. Niente da fare per la staffetta italiana, squalificata in semifinale. Nel pattinaggio di velocità lo statunitense Shani Davis ha vinto la medaglia d’oro nei 1000 metri, Matteo Anesi si è classificato al 30mo posto mentre Ermanno Ioriatti ha concluso al 33mo posto. Nello snowboard Manuel Pietropoli non ha ottenuto il pass per le semifinali nell’Halfpipe.

Oggi la squadra di biathlon torna in pista oggi per la 15 km femminile con Katya Haller, Karin Oberhofer, Christa Perathoner e Michela Ponza. Gli uomini, Mattia Cola, Christian De Lorenzi, Lucas Hofer e Rene Laurent Vuillermoz, saranno impegnati nell 20 km sempre al Whistler Olympic Park. Nel pattinaggio di velocità all’oval di Richmond Chiaria Simionato affronterà i 1000 mentre al Pacific Coliseum Samuel Contesti e Paolo Bacchini chiuderanno con il programma libero il singolo del pattinaggio di figura. I due azzurri hanno chiuso rispettivamente al quattordicesimo e ventesimo posto il programma corto. Al Whistler Sliding Center si parte con le prime due manche di skeleton (domani le ultime due prove) a rappresentare i colori italiani Cristiana Zanoletti e Nicola Drocco.
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Messaggio Da Maurizio Ven Feb 19, 2010 1:05 pm

Super G uomini e combinata di fondo, l'Italia prova a smuovere il medagliere
Fonte: La Stampa
Sci alpino e fondo, l’Italia prova a smuovere il medagliere in due degli appuntamenti più selettivi delle Olimpiadi di Vancouver: il super-G maschile e la 15 km inseguimento femminile. L’Italia è stata designata per tracciare la prova di sci alpino. Gianluca Rulfi, «autore» del percorso, ha posizionato le porte in maniera abbastanza regolare «senza particolari tranelli. Sicuramente domani si potrà attaccare e bisognerà sapere sia far correre gli sci che saperli far girare». Tra gli azzurri in gara oggi ci sarà anche Christof Innerhofer: «La pista mi piace, è sufficientemente tecnica e veloce. Devo cercare di fare bene anche nella parte bassa del tracciato, non solo in alto come nella discesa», con lui Werner Heel, Peter Fill e Patrick Staudacher.

«Sono tutti pronti - ha detto il ct azzurro Claudio Ravetto - e negli allenamenti di questi giorni il più veloce era Staudacher. Ora, gli addetti alla pista stanno rimuovendo uno strato di circa 15 centimetri di crosta nevosa che si è creata dopo le nevicate dei giorni scorsi. Leveranno tutto per evitare problemi di stabilità agli atleti». Ravetto chiede «un atteggiamento piottosto aggressivo» agli azzurri. «La voglia di riscatto c’è, speriamo in una bella gara». Werner Heel ha già dato la sua sentenza: «Una gara come quella dell’altro giorno (dodicesimo nella libera, ndr) non la faccio più di certo». Partenza prevista alle 11 di oggi ora canadese, le 20 in Italia.

L’Italia ha ambizioni di medaglia anche nella 15km pursuit femminile di sci di fondo. Marianna Longa, Arianna Follis, Sabina Valbusa e Silvia Rupil saranno impegnate sul percoso di Whistler con 7,5 chilometri in alternato e altrettanti in pattinato. «È la gara su cui punto maggiormente, mi sento bene fisicamente e pronta ad una battaglia dove cercherò di stare con le prime in tecnica classica per poi difendermi in tecnica libera. Lo stimolo rispetto alla 10 chilometri è ben diverso, il clima in squadra è ottimo grazie ai bei risultati raggiunti da Pietro Piller Cottrer e da Magda Genuin nella sprint», ha spiegato Marianna Longa. Per Arianna Follis saranno 15 chilometri «intensi».

«L’altro giorno ho analizzato il piazzamento nella prima gara ed ho visto che il trend era lo stesso delle altre competizioni sulla distanza disputate in Coppa del mondo durante la stagione. Bastavano pochi secondi in meno e sarei entrata nelle sei. Andiamo avanti per la nostra strada, senza caricarci eccessivamente di troppe aspettative, spero solo di essere un pò più sciolta una volta partita e di divertirmi». Sabina Valbusa giudica la squadra azzurra competitiva. «Non dovrò guardare le altre ma soltanto credere nella nostra forza, magari potremo sfruttare la stanchezza delle avversarie che fanno tutte le gare per piazzare un bel risultato». Per Silvia Rupil «la pursuit è una distanza che mi piace parecchio perchè mette insieme due specialità completamente differenti e fino all’ultimo il risultato può cambiare».

Sempre a Whistler Sebastian Colloredo, Roberto Dellasega e Andrea Morassi saranno impegnati nel salto (large hill), mentre allo Sliding Center si assegnano le medaglie per lo skeleton maschile e femminile (Costanza Zanoletti e Nicola Drocco). Al Pacific Coliseum invece le coppie azzurre Federica Faiella e Massimo Scali, Anna Cappellini e Luca Lanotte, quest’ultimi all’esordio olimpico, apriranno con gli obbligatori il programma di danza del pattinaggio di figura. Il duo Faiella-Scali, che raccoglie la pesante eredità di Maurizio Margaglio e Barbara Fusar Poli, dopo l’argento all’europeo proverà a fare il salto di qualità rispetto al 13mo posto di Torino.
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Olimpiadi di Vancouver 2010 Empty Re: Olimpiadi di Vancouver 2010

Messaggio Da Maurizio Sab Feb 20, 2010 9:44 am

Maurizio ha scritto:Super G uomini e combinata di fondo, l'Italia prova a smuovere il medagliere
Fonte: La Stampa
Sci alpino e fondo, l’Italia prova a smuovere il medagliere in due degli appuntamenti più selettivi delle Olimpiadi di Vancouver: il super-G maschile e la 15 km inseguimento femminile. L’Italia è stata designata per tracciare la prova di sci alpino. Gianluca Rulfi, «autore» del percorso, ha posizionato le porte in maniera abbastanza regolare «senza particolari tranelli. Sicuramente domani si potrà attaccare e bisognerà sapere sia far correre gli sci che saperli far girare». Tra gli azzurri in gara oggi ci sarà anche Christof Innerhofer: «La pista mi piace, è sufficientemente tecnica e veloce. Devo cercare di fare bene anche nella parte bassa del tracciato, non solo in alto come nella discesa», con lui Werner Heel, Peter Fill e Patrick Staudacher.

«Sono tutti pronti - ha detto il ct azzurro Claudio Ravetto - e negli allenamenti di questi giorni il più veloce era Staudacher. Ora, gli addetti alla pista stanno rimuovendo uno strato di circa 15 centimetri di crosta nevosa che si è creata dopo le nevicate dei giorni scorsi. Leveranno tutto per evitare problemi di stabilità agli atleti». Ravetto chiede «un atteggiamento piottosto aggressivo» agli azzurri. «La voglia di riscatto c’è, speriamo in una bella gara». Werner Heel ha già dato la sua sentenza: «Una gara come quella dell’altro giorno (dodicesimo nella libera, ndr) non la faccio più di certo». Partenza prevista alle 11 di oggi ora canadese, le 20 in Italia.

L’Italia ha ambizioni di medaglia anche nella 15km pursuit femminile di sci di fondo. Marianna Longa, Arianna Follis, Sabina Valbusa e Silvia Rupil saranno impegnate sul percoso di Whistler con 7,5 chilometri in alternato e altrettanti in pattinato. «È la gara su cui punto maggiormente, mi sento bene fisicamente e pronta ad una battaglia dove cercherò di stare con le prime in tecnica classica per poi difendermi in tecnica libera. Lo stimolo rispetto alla 10 chilometri è ben diverso, il clima in squadra è ottimo grazie ai bei risultati raggiunti da Pietro Piller Cottrer e da Magda Genuin nella sprint», ha spiegato Marianna Longa. Per Arianna Follis saranno 15 chilometri «intensi».

«L’altro giorno ho analizzato il piazzamento nella prima gara ed ho visto che il trend era lo stesso delle altre competizioni sulla distanza disputate in Coppa del mondo durante la stagione. Bastavano pochi secondi in meno e sarei entrata nelle sei. Andiamo avanti per la nostra strada, senza caricarci eccessivamente di troppe aspettative, spero solo di essere un pò più sciolta una volta partita e di divertirmi». Sabina Valbusa giudica la squadra azzurra competitiva. «Non dovrò guardare le altre ma soltanto credere nella nostra forza, magari potremo sfruttare la stanchezza delle avversarie che fanno tutte le gare per piazzare un bel risultato». Per Silvia Rupil «la pursuit è una distanza che mi piace parecchio perchè mette insieme due specialità completamente differenti e fino all’ultimo il risultato può cambiare».

Sempre a Whistler Sebastian Colloredo, Roberto Dellasega e Andrea Morassi saranno impegnati nel salto (large hill), mentre allo Sliding Center si assegnano le medaglie per lo skeleton maschile e femminile (Costanza Zanoletti e Nicola Drocco). Al Pacific Coliseum invece le coppie azzurre Federica Faiella e Massimo Scali, Anna Cappellini e Luca Lanotte, quest’ultimi all’esordio olimpico, apriranno con gli obbligatori il programma di danza del pattinaggio di figura. Il duo Faiella-Scali, che raccoglie la pesante eredità di Maurizio Margaglio e Barbara Fusar Poli, dopo l’argento all’europeo proverà a fare il salto di qualità rispetto al 13mo posto di Torino.
L'Italia sfiora il podio
Fonte: La Stampa
Alle Olimpiadi di Vancouver l’Italia accarezza il sogno di una medaglia nello sci alpino. Solamente due centesimi hanno impedito a Werner Heel di salire sul podio del SuperG olimpico e di cancellare quello zero nella casella delle medaglie che pesa sulla spedizione italiana da Torino 2006. L’ultima per gli uomini risale all’agento di Alberto Tomba nello slalom del 1994 a Lillehammer, mentre le donne non salgono sul podio dal 2002. A Salt Lake City arrivò la storica doppietta nel superG con l’oro di Daniela Ceccarelli e il bronzo di Karen Putzer, oltre all’argento di Isolde Kostner nella discesa. «Non voglio parlare di sfortuna - ha detto Heel - preferisco fare i complimenti agli avversari e pensare che i due centesimi che mi sono mancati oggi per il podio possano ritornarmi in un’altra occasione. Certo, oggi era una gara importantissima, avremmo potuto essere sul podio ma non è successo».

A Whistler, sul percorso tracciato dal tecnico italiano Gianluca Rulfi, fa festa il norvegese Aksel Lund Svindal, classe 1982, che conquista la sua seconda medaglia olimpica dopo l’argento della discesa. Tre titoli mondiali e due coppe del mondo nel palmares di Svindal (1'30''34) che aggiunge ai trofei anche l’oro olimpico. Sugli scudi anche gli Stati Uniti con Bode Miller (+0''28) che centra l’argento, la seconda medaglia in Canada dopo il bronzo nella discesa libera, e il connazionale Andrew Weibrecht (+0''31). Quest’ultimo mai andato oltre il decimo posto in coppa del mondo. Per l’Italia una buona prestazione di squadra con Heel sfortunato quarto con un ritardo di 33 centesimi, Christof Innerhofer sesto a 39 centesimi dalla vetta e a soli otto dal podio, seguito da Patrick Staudacher (+0''40). Peter Fill invece è incappato in una caduta. Ha avuto la peggio lo svedese Patrick Jaerbyn, 40 anni, portato via in elicottero dopo un impatto tremendo sul fondo ghiacciato della pista Dave Murray (lieve commozione cerebrale). Non ridono neanche gli svizzeri Didier Cuche, Carlo Janka e Didier Defago o l’austriaco Michael Walchhofer, protagonisti mancati.

La Norvegia invece esulta anche nella 15 km inseguimento femminile vinta da Marti Bjoergen. Per la fondista 29enne si tratta del secondo oro a Vancouver dopo quello nella sprint, la terza medaglia sulle piste canadesi con il bronzo nella 10 km. Sorprendente seconda la svedese Anna Haag che ha vinto in volata l’argento. Bronzo alla polacca Justyna Kowalczyk, argento nella sprint. Marianna Longa è stata l’azzurra più convincente col settimo posto, seguita dalla Follis in nona posizione. Silvia Rupil ha chiuso sedicesima, mentre Sabina Valbusa è finita diciottesima. Il prossimo appuntamento del fondo femminile è fissato per domani con la team sprint. «Sento di essermi sbloccata, aspettavo un certo tipo di risposte che sono arrivate, le mie Olimpiadi sono in crescendo», ha affermato la Longa.

Costanza Zanoletti ha concluso le finali di skeleton al 14mo posto. L’azzurra è finita 6«16’ dalla vincitrice l’inglese Amy Williams. Al secondo posto si è classificata la tedesca Kerstin Szymkowiak che ha preceduto la connazionale Anja Huber. Nel maschile Nicola Drocco non si è qualificato per la finale. Oro al canadese Jon Montgomery davanti al lettone Martins Dukurs e al russo Alexander Tretyakov. Non sono mancate le polemiche per l’esito della sfida di pattinaggio di figura maschile. Evgeni Plushenko, che inseguiva il secondo oro consecutivo, si è sentito scippato del titolo dallo statunitense Evan Lysacek, oro per poco più di un punto nel computo complessivo. Plushenko ha contestato la direzione presa dal pattinaggio che sembra privilegiare lustrini e paillettes all’elemento tecnico. Secondo il pattinatore il suo quad (un salto quadruplo) non ha avuto la giusta considerazione da parte della giuria.

»Può fare il triplo lutz e il triplo flip. È un ottimo pattinatore anche dal punto di vista artistico«, ha detto riferendosi a Lysacek. »Ma se un campione olimpico non sa come si fa un quad, non parliamo più di pattinaggio di figura maschile, ma di danza. Se una persona fa un quadruplo e l’altro un triplo e i due ottengono lo stesso punteggio mi faccio delle domane«. La replica di Lysacek, campione del mondo in carica, non si è fatta attendere. »Sono dispiaciuto che quello che è stato il mio modello se la prenda con me in uno dei momenti più speciali della mia vita«. Lo statunitense comunque ha concesso al russo le attenuanti: »È dura perdere, è una pillola amara da mandare giù. Non bisogna togliere le sue dichiarazioni dal contesto, voglio dargli il beneficio del dubbio«. Schermaglie tra campioni, la vecchia ruggine tra Usa e Russia non c’entra.
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Messaggio Da Maurizio Dom Feb 21, 2010 9:40 am

Il medagliere azzurro non si sblocca

LASTAMPA

Enrico Fabris sbaglia anche la seconda, e per i ragazzi dello short track la finale resta un miraggio. La notte italiana è tutt’altro che serena per i colori azzurri ai Giochi di Vancouver: il re dei pattini, due ori a Torino quattro anni fa, è scivolato anche nella gara dei 1.500 metri del pattinaggio di velocità, distanza che nel 2006 lo aveva laureato campione a cinque cerchi. Sull’oval canadese l’atleta di Asiago ha chiuso solo al decimo posto, facendo peggio che nella prova d’esordio, i 5000, in cui si era piazzato settimo. Metà Olimpiade per Fabris è già andata (gli restano i 10.000 e la staffetta) e i risultati sono pesanti.

«Rifarei tutto quanto, ero ben preparato anche mentalmente, carico al punto giusto - la reazione delusa dell’azzurro - certo è che dopo queste due prove andate così qualcosa di sicuro non è andato. Mi dispiace, ma i momenti nella vita di un atleta non sono sempre uguali. Ancora c’è la staffetta, vediamo. Devo digerire la delusione». L’oro è andato a un olandese, Mark Tuitert, che ha battuto l’americano favorito, Shani Davis (fresco del titolo sui 1.000) argento. Bronzo al norvegese Havard Bokko: ai piedi del podio il russo Ivan Skobrev, bronzo nei 5.000, e compagno di allenamenti in Italia di Fabris. Dodicesimo posto per l’altro azzurro in gara, Matteo Anesi, mentre Sven Kramer, campione sulla distanza più lunga, ha chiuso 13/o.

Non riesce a bissare l’impresa messa a segno nei 500 del pattinaggio su pista corta Arianna Fontana, che si ferma in semifinale sui 1.500 (si è consolata vincendo la finalina B). Si chiude invece ai quarti l’avventura dei ragazzi dello short track Yuri Confortlola, Nicola Rodigari e Nicolas Bean nei 1.000. La gara è stata vinta dal sudcoreano Lee Ho Suk, che conquista così il secondo oro a questi Giochi: sul podio, per il bronzo, anche la star americana Apolo Ohno, che diventa così lo statunitense più vincente nella storia delle Olimpiadi invernali. Al giro di boa dei Giochi l’Italia resta invece ferma a quattro medaglie e tre quarti posti: per il bilancio è presto, ci sono ancora gare nello sci alpino, con il gigante, qualche speranza nel fondo. Ma rimane l’amaro per lo scivolone di uno degli uomini di punta della spedizione, Enrico Fabris.

Giorgio Di Centa se la prende con i materiali per la delusione rimediata a Whistler nella 30 km di fondo a inseguimento, dove è giunto solo 12°. «Oggi il problema erano gli sci - ha detto il portabandiera azzurro, giunto a 53''7 dal primo -. Gli svedesi avevano dei materiali eccezionali, scivolavano via con facilità, soprattutto in discesa, dove hanno anche provato a ostacolarmi. Noi invece facevamo molta più fatica. Peccato perchè stavo bene».

Gioia e rammarico infine dal superG donne che ha visto il trionfo dell’austriaca Andrea Fischbacher. L'azzurra Johanna Schnarf ha concluso ad un passo dal podio (11 centesimi dalla Vonn). Argento alla slovena Maze. Lucia Recchia si è piazzata settima (+1''29). Quattordicesima Elena Fanchini con 2''03 di ritardo. Daniela Merighetti non ha concluso la gara.
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Messaggio Da Maurizio Lun Feb 22, 2010 1:33 pm

Olimpiadi, quel che resta dell'Italia

Fonte: La Stampa

Affacciarsi sul blu dell’Oceano per scoprire quanto c’è ancora di azzurro in queste Olimpiadi. Fin qui sono stati dieci giorni difficili, uno slalom tra delusioni abissali e quarti posti inutili per il medagliere, meno per il conto finale di una spedizione ancora alla ricerca del punto G. Che sta anche per gigante, guarda caso uno dei terreni fertilizzati a dovere durante l’inverno che domani potrebbe dare un raccolto di qualità.

Fabris è il buco nero fin qui. L’uomo che ha infiammato Torino si è spento prima ancora di partire, l’Oval di Richmond è diventato una spirale che ha inghiottito il pattinatore italiano. Il Coni, presidente Petrucci in testa, contava su una sua medaglia, pur sapendo che l’epifania di Torino sarebbe stata difficilmente ripetibile. Resta l’inseguimento a squadre (oro nel 2006), ma così anemico e abulico Fabris non se l’aspettava nessuno: la sua caduta fa ancora più rumore. Per dire: il bronzo di Zoeggeler, che pure si porta un’ombra di delusione, è di un’altra pasta. Quella pista accorciata dopo la morte dello slittinista georgiano può spiegare in parte un risultato che resta storico, ma non fornire recriminazioni. A meno di non perdere di vista le priorità della vita (e della morte) su una gara.

E allora che cosa resta dell’Italia? Quella sentenza di «Sports Illustrated» (4 medaglie, la previsione) potrebbe già saltare oggi, il fondo femminile apre le danze degli ultimi sette giorni con la team sprint e cerca un riscatto con la donna di punta, Arianna Follis, cui le è stata affiancata la più veloce, Magda Genuin, fin qui la migliore della spedizione rosa. Il fondo per esempio: l’argento di Piller è finora una coperta né troppo lunga né troppo corta che però un po’ riscalda. Sono le donne ad aver tradito, Follis e Longa si sono portate una valigia piena di risultati e buone intenzioni tanto da invogliare a scommettere su di loro. Ha sempre vinto il banco finora, difficile che staffetta e 30 km ribaltino la situazione, ma oggi la gara è veloce, tutta sui nervi e sulle code delle avversarie, fra le quali mancherà la dominatrice dei Giochi, la norvegese Bjoergen. «Sono migliorata almeno del 20% rispetto ai primi giorni, questa distanza favorisce le nostre caratteristiche»: dall’autocritica all’autoricarica, la Follis sa che oggi passa il treno per il podio. Probabilmente l’ultimo.

Sfiniti dai quarti posti, è lo sci alpino che può fare la differenza. Stare a guardare la premiazione per un battito di ciglia (Heel e Schnarf, quarti in SuperG per 2 e 11 centesimi) è un attentato al sistema nervoso ma anche un’apertura di credito sul futuro. A differenza del fondo, dove se Di Centa e Piller si voltano non vedono nessuno, qui qualcosa si è mosso e anche bene. Ora manca di centrare il bersaglio grosso: ci si attacca alla beata incoscienza della Brignone, ma soprattutto alla carica di Razzoli, uno capace di battere tutti ma anche di perdere da sé stesso. Se piedi e testa restano collegati per due manche, il ragazzo dell’Appennino può combinarla davvero grossa in speciale. Il tutto al netto di Paperino Blardone, che a furia di gridare al lupo non viene più ascoltato, ma che ha i numeri per infilare una giornata da gigante.

Sono Giochi di notte (per l’Italia) ma mancano le stelle. Per questo è arrivata Carolina Kostner, per questo si cerca nei rivoli del programma dove stanare le pietre preziose. Pittin il suo l’ha già fatto, ma di sicuro l’unico pericolo che non corre è la pancia piena e allora occhio al secondo giro di combinata nordica, quello del trampolino grande. E già che ci siamo, un nodo sarebbe giusto farselo per Roland Fischnaller. Roland chi? Sì, Fischnaller. E il fidanzato della Karbon (e questi sono affari suoi), ma potremmo ritrovarlo sul podio dello snowboard. E allora sarebbero anche affari nostri.
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Messaggio Da Maurizio Mar Feb 23, 2010 2:17 pm

la StampaTocca alle gigantiste azzurre. Giornata di vigilia per Denise Karbon, Manuela Moelgg, Federica Brignone e Nicole Gius, concentrate e fiduciose in vista dell’appuntamento di domani. A caricarle ci pensa il direttore tecnico, Michael Mair: «Non dobbiamo nasconderci, tutte e quattro le nostre ragazze sono in grado di entrare nelle dieci, la neve è bella così come la pista - spiega -. Sono molto tranquillo e fiducioso perchè abbiamo fatto tutto quello che serviva per prepararci al meglio».

Incrocia le dita e sogna una grande gara Denise Karbon, ormai recuperata dall’infortunio al ginocchio. «Abbiamo visto la pista solo dalla cabinovia, mi sembra molto bella. È piena di dossi, senza molti piani che ci potrebbero svantaggiare - spiega l’azzurra -. Speriamo di trovare subito delle buone sensazioni che aiuterebbero per il giorno successivo. Non ho pura di sbagliare, i due quarti posti di Val d’Isère sono amari ma ormai alle spalle. Bisogna andare più forte delle avversarie per vincere, ogni tanto accade che non si vince ma ciò che conta è soprattutto essere contenti di se stessi. L’infortunio al ginocchio è dimenticato, in allenamento riesco a dare il 100% sotto il profilo tecnico e anche mentale. La fiducia e la condizione sono vicine al top. Sarà una bella prova per me dare il massimo anche perchè potrebbe essere la mia ultima Olimpiade. A Soelden sembrava di cominciare una bella stagione, lo stop per il ginocchio ha un pò modificato i programmi ma sono ancora qui a competere per il podio». Un obiettivo non facile da raggiungere visto l’alto livello delle avversarie. «Le americane stanno andando molto forte, hanno già vinto medaglie e quindi spingeranno perchè non hanno più nulla da perdere», spiega la Karbon.

Manuela Moelgg non è particolarmente soddisfatta delle sensazioni vissute prima della gara, ma sa che quel che conta è essere pronta al momento giusto. «Ho fatto due giorni di allenamento, non ho trovato sensazioni molto buone. In gara riesco a dare qualcosa in più - spiega -. Finora abbiamo fatto tanti quarti posti in queste Olimpiadi, in linea generale è un bel piazzamento ma purtroppo in questo genere di prove non conta. La pressione mi ha sempre dato qualcosa in più, l’anno scorso l’uscita ai Mondiali non è stato un errore di testa ma soltanto tecnico, adesso si riparte da zero. Questo è un evento importante, riesco a motivarmi maggiormente».

Ha già vinto la sua gara Federica Brignone, ma sognare non costa nulla. «Sono già molto contenta di essere qui, partirò per ottenere qualcosa di interessante - spiega l’azzurra -. Spero in un buon risultato, se non dovesse arrivare ci saranno altre occasioni. Quest’anno ho già collezionato due quarti posti, spero di non ripetermi. Nelle altre discipline non sono arrivate medaglie, ma è una cosa che non ci riguarda. Penso di vivere l’esperienza più bella della mia vita, ho avuto la possibilità di andare a vedere le altre discipline e tifare per le nostre squadre. Così facendo mi rimarrà un bel ricordo, la gara sarà soltanto un corollario. Non credo che mi farò condizionare dall’emozione semplicemente perchè non ho mai partecipato ad un’Olimpiade».

In chiusura Nicole Gius. «Dovrà rimanere un gioco, dal mio punto di vista - spiega - spero di trovare il giusto feeling per sciare come sono capace».
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Messaggio Da Maurizio Mer Feb 24, 2010 7:43 pm

La Stampa.it
Due giri di corsa ai margini della pista di ghiaccio con le gambe pesanti e lo stomaco sottosopra, l’Olimpiade di Enrico Fabris finisce così, almeno quella da solista.

«Il messaggero degli dei», come lo aveva soprannominato Rigoni Stern dopo i trionfi di Torino 2006, abbandona i 10 mila metri, ultima gara individuale in programma e non certo la sua, ma l’unica distanza rimasta per trovare la vecchia confidenza prima di giocare le ultime cartucce nell’inseguimento a squadre. Quel che resta all’Italia della pista lunga per non perdersi. Enrico lascia l’Oval per evitare il peggio, per recuperare energie dopo una notte in bianco e un mattino passato a cercare di fermare la testa che gira e la nausea. Un malore o il disastro olimpico che gli torna su, difficile capire, di certo il morale è basso e i musi lunghissimi. Il più avvilito è Maurizio Marchetto, ct da sempre, papà di una nazionale che ha spinto oltre ogni limite. Da ottanta praticanti ha spremuto tre medaglie olimpiche, due ori, ha costruito una favola e ora si è perso il lieto fine. Ha 53 anni, è milanese, e prima di vedere le tute azzurre sfrecciare sui podi nel 2006 è già stato mentore dell’unico altro campione azzurro, Roberto Sighel, capace di vincere i Mondiali All Around a Calgary nel 1992.

Marchetto ha inventato, ha resistito, credeva che Torino fosse la svolta invece resta una pagina di storia, indimenticabile e forse irripetibile. Così ora il ct barcolla: il ghiaccio inizia a sciogliersi. Da molte altre federazioni lo tentano, da anni l’ambiente lo considera un mago, non a caso prima dei Giochi gli sono stati affidati un francese e un russo. Li ha preparati al meglio. Ivan Skobrev, 26 anni, mai stato su un podio prima e qui subito bronzo nei 5000 e addirittura argento nei 10000 metri, e Alexis Contin, 23 anni, passato dalle rotelle alle lame e già competitivo. L’assurdo è che i russi passano e gli dicono «Good luck Marchetto», buona fortuna, come se il suo atleta fosse quello che va a caccia di medaglie e non quello che si contorce dentro gli spogliatoi. «Non si può neanche dire che io sia diviso a metà, semplicemente sono stordito. È come se vivessi un incubo. Dovrei essere fiero almeno del mio lavoro, invece no: sono ancora italiano». E gli scappa un «ancora» che tradisce il possibile futuro. Lo vogliono i russi, per allenare la squadra da esibire a Sochi 2014, in quella che per i prossimi organizzatori è già diventata l’Olimpiade del riscatto. Marchetto abbassa la testa: «Se non resto non è colpa mia», e la frase sa già di nostalgia. «Non so che succederà, il mio contratto è in scadenza e forse non solo quello, ma non ho mai pensato a smettere di allenare Enrico. Sono valutazioni che non ho affrontato e non ho intenzione di farlo ora perché questi Giochi non sono finiti. Non ci crede nessuno e tanto non ci ha mai creduto nessuno, però io punto ancora sull’inseguimento. Tornare a casa a mani vuote sarebbe devastante».

Il miracolo 2006 rischia di trasformarsi in beffa: i russi non solo vogliono il mago, puntano anche all’Oval di Torino, simbolo delle occasioni perdute. La nazionale lo considerava fondamentale per una crescita ma la pista si è trasformata in fiera e ha riaperto solo per 40 giorni, tra ottobre e novembre 2009. Ci ha girato anche Skobrev e gli è piaciuta tanto da chiedere ai suoi di affittarla per un po’. Quello che doveva essere il nostro nido può diventare Casa Russia.
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Messaggio Da Maurizio Gio Feb 25, 2010 2:01 pm

Appena il progetto "Own the Podium" è stato ufficilamente archiviato, il Canada ha iniziato a vincere. Bastava smetterla di ostinarsi a essere i migliori, buttare il pomposo slogan "Conquista il podio ". Gli organizzatori hanno firmato la resa e due giorni fa hanno dichiarato: "L'America ci arriverà davanti" e da quell'istante la squadra ha iniziato a divertirsi e a strafare. Inseguire il primo posto nel medagliere significava perdere ogni succeso per strada, se il confronto restano gli Usa, i vicini ingombranti, non c'è modo di sentirsi soddisfatti.

Bastava urlare stop al televoto come direbbero ad Amici, smettiamo di contare e andiamo avanti ed è iniziata la raccolta dell'oro. Freestyle, bob e soprattutto Canada-Russia 7-3 sul campo di hockey, l'unico che conta qui. Gli ori al momento sono sette, tanti quanti ne sfoggia l'America. E se qui smettessero di scimmiottare gli Stati Uniti e considerassero la classifica generale all'europea (contando il numero degli ori non il totale delle medaglie) magari porebbero anche finire in testa. Se non ci pensano, se non imitano.

(La Stampa)
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Messaggio Da Maurizio Ven Feb 26, 2010 2:09 pm

Fonte: La Stampa
Kwame Nkrumah-Acheampong, 36 anni, africano del Ghana nato a Glasgow e residente a Milton Keynes, nel Buckinghamshire, in Inghilterra, la sua medaglia olimpica l’ha già vinta: a Vancouver, dopo aver sfilato per la prima volta nella storia con la bandiera ghanese ad un’Olimpiade invernale, è diventato l’idolo di Whistler e tutto il paesino candadese sarà con lui quando, domani, diventerà ufficialmente il primo ghanese a scendere in uno slalom speciale a cinque cerchi.

Nkrumah-Acheampong, giunto a Whistler il giorno successivo alla cerimonia inaugurale dei Giochi, ha conquistato il villaggio che ospita le prove di sci alpino. Il paesino lo ha praticamente adottato. Anche perchè dal punto di vista finanziario l’atleta ghanese ne aveva bisogno: pochi giorni dopo essere arrivato in Canada il suo unico sponsor lo ha mollato e se ne è andato a Vancouver, in città, con la famiglia. Lui è rimasto in montagna ad allenarsi, senza sapere bene come avrebbe fatto a coprire il resto delle spese. «Ma molta gente di qui mi ha dato spontaneamente una mano - ha detto Nkrumah-Acheampong -. Qui in Canada ho incontrato un surplus d’amore che non mi aspettavo. Ci comprano da mangiare, ce lo portano a casa, ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa. Il Canada è fantastico».

A Whistler gli hanno prestato lo chalet in cui vive e durante i giorni di avvicinamento allo slalom sono stati sempre più numerosi i tifosi che hanno seguito le sue discese di allenamento. «Sono cose che fanno bene al cuore. Avere questa attenzione mi ha tolto un pò di pressione, perchè non avrei saputo come fare a pagare le spese. La nostra federazione non ha il budget di quella austriaca».

Datosi allo sci solo sei anni fa, quando aveva 30 anni, Kwame nella vita faceva il portiere d’albergo a Milton Keynes. Ma si è dimostrato così bravo nello slalom da riuscire a conquistare un posto alle Olimpiadi. E un soprannome: the "snow leopard", "il leopardo delle nevi".

Cosa significa lo sci per una persona come lei? «È una sfida. Voglio provare me stesso contro le forze della natura», ha risposto Kwame, il cui obiettivo olimpico è uno solo: «Arrivare davanti ad altri Paesi che non hanno la neve». «Quando sei lassù , in cima alla pista e guardi a valle - ha spiegato -, ogni volta senti che quella discesa è una sfida a te stesso. È una sensazione unica e fantastica». Quanto a Whistler e ai suoi abitanti, Nkrumah-Acheampong ha un solo commento: «Qui è come essere in paradiso». Domani, quando si presenterà al cancelletto di partenza, saranno tutti con lui.
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Messaggio Da Maurizio Dom Feb 28, 2010 9:41 am

Fonte: La Stampa
Il dolce di una Olimpiade amarissima l’hanno servito in fondo: Giuliano Razzoli, un ragazzo dell’Appennino, ha vinto lo slalom e ha messo in extremis una fodera a fiori sopra il divano sdrucito che è stata la partecipazione italiana a Vancouver. Una gara grandissima e se è vero che, quando si affacciò nello sci, Giuliano lo chiamavano poco elegantemente «Tombino» per le affinità di origine, stazza e sciata con Alberto Tomba la prova di ieri lo affranca dall’ingombrante paragone: d’ora in poi Razzoli è Razzoli, al massimo è «il Razzo» come l’altro fu «la Bomba», un campione che vive di luce propria e che dopo 16 anni dall’argento di Lillehammer ha riportato una medaglia olimpica allo sci maschile, perdipiù l’oro. L’ultimo nello slalom fu 22 anni fa e indovinate di chi fu. Nel parterre Tomba piange come un vitello. Forse si è liberato di un peso. «Gli avevo mandato un sms: occhi aperti, feroce e veloce - rivela - E lui mi ha risposto: oggi sono cavoli per gli altri». La staffetta tra emiliani si è concretizzata. E, per Razzoli ieri sono arrivati anche i complimenti del premier Berlusconi.

Giuliano è stato sensazionale nella prima manche. È rimasto solido su quelle gambe che sembrano prosciuttoni. Dove gli altri erano andati di leggerezza lui ha messo la potenza: il risultato era stupefacente, quasi mezzo secondo di distacco in una classifica in cui stavano raggrumati in cinque nel mezzo secondo successivo e tra questi un Moelgg finalmente sciolto. C’era il dubbio su come Razzoli avrebbe affrontato la seconda manche, si temeva una discesa sconsiderata, come a Kranjska Gora, in gennaio, quando buttò il successo. Il miracolo dell’Olimpiade è che Giuliano questa volta è arrivato bene fino in fondo (ieri davanti a Kostelic e Myhrer) quando uno come lui arriva bene in fondo vince o si piazza.

«Non l’ho voluto guardare - ha svelato Theolier, il tecnico degli slalomisti - Ma sapevo che oggi sarebbe andato bene: ha sciato come se fosse in allenamento, il segreto di chi vince. Non è facile riuscirci. Bravo». Ha fatto come Tomba. Le loro storie sono parallele, in mezzo c’è una storia diversa. Tomba, il figlio della Bologna ricca, investì sullo sci e invece di andare a scuola lo mandavano a Cortina per allenarsi da Sjorpaes. Giuliano è invece un ragazzo di estrazione contadina della montagna reggiana, Villa Minozzo, anzi di una frazione che si chiama Rizzolo perché lì tutte le famiglie si chiamano Rizzoli e non si è mai capito se sia nato prima il cognome o il borgo. Classe 1984, il padre Antonio (detto Giuliano) ha un’officina meccanica, la madre Tiziana ha il talento della pittrice e l’abilità della cuoca: ancora oggi, quando i ragazzi del fans club partono per seguire il figlio li riempie di cappelletti fatti in casa. «Prima di questa medaglia erano l’unica cosa di famiglia che valesse un oro olimpico», racconta Giuliano che mamma trova sempre sciupato quando rientra dalle gare, anche se pesa 90 chili e ha la faccia rubizza di chi sta in salute.

Oddio non è sempre stato così e di guai «il Razzo» ne ha avuti parecchi. Il primo fu la vista: a 10 anni gli mancavano 6 decimi da un occhio e 5 dall’altro, con le terapie e gli esercizi il problema si è attenuato ma in gara porta le lenti a contatto. Il secondo furono i piedi: ha il 47 come Ibrahimovic, non trovava scarponi della sua misura e si formavano i calli. Perciò a 17 anni dovettero operarlo. Il terzo guaio, il più grave, furono i dolori alla schiena che a scuola lo costringevano a seguire le lezioni in piedi contro il muro per non stare seduto. Figurarsi come poteva sciare. A 17 anni sembrava un talento perso. Non c’è da stupirsi che, con un simile calvario, Razzoli sia emerso tardi, quando persino suo padre aveva perso la speranza.

«Il giorno in cui mio figlio vincerà in Coppa del Mondo - disse al bar del paese - chiudo l’officina e mi ritiro. Tanto non succederà mai». La sera in cui «il Razzo» vinse lo slalom a Zagabria quei paesani dalla memoria lunga saldarono la saracinesca della bottega: il signor Antonio detto Giuliano dovette chiamare il fabbro per entrarci. Ora è qui che non sa più tenersi. Sei mesi prima delle Olimpiadi, quando non si sapeva se l’avrebbero convocato, in venticinque comprarono al buio il biglietto per Vancouver e adesso sono qui che fanno baccano. Gli altri hanno atteso sulla piazza del paese. Lo avevano salutato tre domeniche fa con una grande festa: Ligabue, il suo idolo, gli aveva mandato il messaggio che Giuliano tiene nel portafoglio. Diceva «Niente paura», come il titolo di una sua canzone. Il «Razzo» non l’ha avuta.
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Messaggio Da Maurizio Lun Mar 01, 2010 4:54 pm

Fonte: La Stampa
L’inverno non è più il parco Giochi dell’Europa, a forza di coltivare feudi e difendere podi inespugnabili, il vecchio continente si è fatto travolgere. Il Nord America domina, l’Asia prende spazio, il numero dei paesi partecipanti è destinato ad aumentare e una superpotenza sportiva come la Russia traballa. L’Austria va peggio e non porta neanche un uomo a medaglia nello sci (mai successo dal 1936) mentre la Norvegia, ancora in cima al medagliere di tutti i tempi, arretra in quello del 2010 tallonata dalla Corea.

Spariscono le certezze: sulla pista di pattinaggio nemmeno un oro russo ed è una sconfitta dura da mandar giù perché dal 1964 occupavano la disciplina. A Torino avevano sfiorato l’en plein, fregati solo dalla giapponese Arakawa prima tra le donne al posto della favorita Slutskaya, una crepa nella perfezione che nessuno ha preso sul serio. Un passo avanti dell’Oriente che si è organizzato per vincere. Demoliti i russi della danza, detronizzato Plushenko, il settore non può promettere di tornare grande per Sochi 2014. «Ci vorrà un decennio per far crescere gente di valore. Abbiamo la miglior scuola al mondo, ma i tecnici guadagnano di più all’estero e noi abbiamo rallentato». Lo sport corre e il risultato nel pattinaggio artistico è Europa 0 resto del mondo 4, per ritrovare un ko del genere bisogna risalire al 1960.

Yu-Na Kim, una delle poche stelle di questa Olimpiade, è anche la faccia della Corea che avanza. Quinta nel medagliere, sei ori, sei argenti e due bronzi, comanda lo short track dal 1994, qui però ha allargato i confini del pattinaggio della velocità e ha insidiato gli olandesi, tre ori a tre e il pareggio non era certo il pronostico di chi si è inventato questo sport e ha trasformato Richmond, sede dell’Oval, nel campo base dell’Olanda. Biciclette arancio, fornite dagli sponsor, casa Heineken per festeggiare, gadget a forma di zoccoli sparsi ovunque. Doveva essere terreno inattaccabile e invece si sono divisi la posta.

Nei piani alti del medagliere resiste la Germania e la Norvegia si aggrappa alla sua donna bionica: Marit Bjoergen, cinque podi (quanto l’intera Italia) e tre ori. Fa media a sé e salva il bilancio. L’Europa passa dalle 178 medaglie di Torino alle 150 qui e le tocca confrontarsi con il metodo canadese. «Own the Podium» l’ambizioso programma, durato quasi 6 anni e costato 117 milioni di dollari, ha funzionato. Hanno costruito piste e palazzetti, preso il meglio degli esperti in circolazione e investito metà del budget in tecnologia. Con le tute ultrasottili fatte per sfidare la velocità, i padroni di casa hanno vinto pure l’inseguimento a squadre nel pattinaggio di velocità, specialità dove non pesavano nulla e soprattutto hanno contrastato gli americani nell’anno record. Stati Uniti primi nel totale delle medaglie, vanno meglio che nelle edizioni casalinghe. Mai così bene perché come ha ammesso il comitato olimpico: «Abbiamo allargato i confini». Anche loro che amano gonfiare i muscoli e vivono sopra numeri giganti (soldi, base, ricambi) hanno pescato altrove ciò che mancava. Molti medagliati si allenano all’estero, altrettanti con tecnici stranieri e c’è pure chi si prepara fuori dal programma delle federazioni come Lindsey Vonn, Shaun White e Shani Davis. Non tutto quel che brilla è made in Usa e solo cedendo a questa realtà l’America ha sbancato.

Forse è ora che anche l’Europa si lasci contaminare: i Giochi invernali erano costruiti su roccaforti, ora somigliano a quelli estivi: aperti e imprevedibili. Lì la Giamaica supera gli Usa nell’atletica qui la Corea va veloce sui pattini. Per stare dietro al mondo bisognerà uscire dall’isolamento
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