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Alitalia: "Meno inefficienze"

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Messaggio Da Maurizio Mar Ott 13, 2009 12:39 pm

Fonte: La Stampa
Dopo l’estate di fuoco degli aeroporti italiani - ritardi e cancellazioni a raffica di voli pieni di turisti infuriati, perdite di bagagli a gogò - il presidente di Alitalia Roberto Colaninno e l’amministratore delegato Rocco Sabelli sono arrivati ieri a Torino per verificare come è cambiata la situazione di Caselle, uno degli aeroporti più tormentati fra luglio e agosto, e per lanciare 4 rotte internazionali destinate a fare di Torino la prima città, al di fuori dell’asse Roma-Milano, ad avere collegamenti esteri diretti tramite aerei della nuova Alitalia. Ma anche per annunciare una nuova «mission» per Malpensa, destinato a diventare la base per voli a basso costo per Italia e estero e il progetto di un terminal unico a Fiumicino per Alitalia e i suoi alleati per cercare di sanare il caos dell’aeroporto romano. Confermando una perdita 2009 in linea con le previsioni e un terzo trimestre che potrebbe portare un piccolo utile operativo. In un forum con La Stampa, i due top manager fanno il punto della situazione della compagnia a dieci mesi dal quasi-crac e dal cambio di pelle da società prevalentemente pubblica a tutta privata.
Per mesi Torino è stato il simbolo del caos Alitalia. Ora farà da modello per la vostra presenza in altri aeroporti?
Sabelli: «Il nostro modello è già cambiato rispetto alla vecchia Alitalia. Prima era tutto a Roma e a Milano, adesso abbiamo 4 basi al Nord, più Roma e due basi al Sud. Per come è fatta l’Italia è l’unico schema che funzioni. Anche perché la gente vuole, se possibile, i voli diretti da punto a punto, senza passare dagli hub. Comunque sottolineo che Torino era classificata come base già prima, dalla presentazione del piano industriale. La novità di oggi sono i collegamenti internazionali diretti».
Ma a parte Roma e Milano, aeroporti come quello di Torino riescono a sostenere un flusso di passeggeri adeguato alla redditività di voli diretti per l’estero?
S.: «Qui a Torino i coefficienti di riempimento sono inferiori alla media, ma va bene così perché il profilo del cliente e i conseguenti ricavi sono più alti».
Parliamo della Roma-Milano. Lufthansa lamenta che Alitalia ha il 95% degli slot.
S.: «Ma è stata l’Europa a decidere, dieci anni fa, che nelle tratte dove c’è l’Alta velocità ferroviaria il sistema competitivo non riguarda solo l’aereo: la competizione c’è anche se una compagnia controlla il 95% degli slot. Poi questi diritti di decollo e atterraggio sono nostri, e non vedo perché un malinteso senso della concorrenza dovrebbe portarci a cederli. Tanto più vedendo quello che fa Lufthansa, a casa sua...». Colaninno: «E poi noi facciamo quello che dice l’Antitrust. È vero che il Garante non si è potuto pronunciare sulla struttura del mercato ma ha fissato le sue regole sulla tutela del consumatore e sui prezzi». S.: «A proposito di treni: l’Alta velocità ci ha sottratto passeggeri nei mesi di aprile-maggio-giugno, quando avevamo problemi, ma poi abbiamo recuperato fra i clienti business e a settembre l’aereo fra Roma e Milano ha totalizzato l’81% contro il 19% dell’alta velocità. È vero che perdiamo clienti nella fascia più bassa, attratta dalla possibilità di viaggiare fra Roma e Milano a 33 euro, ma noi non puntiamo in modo primario a questa fascia di pubblico. Con la struttura della rete su più basi puntiamo a intercettare un flusso di 6 o 7 milioni di persone che non vivono a Milano e a Roma e per viaggiare non vogliono prendere il treno, ma non vogliono neanche dover passare con l’aereo a Milano o a Roma. È una clientela che Alitalia aveva trascurato. Vogliamo riprendercela».
Ma siete in grado di sostenere economicamente i vostri programmi?
S.: «C’è un indicatore internazionale per le compagnie aeree, il “costo per sedile per chilometro”. La maggior parte dei nostri concorrenti si posiziona sui 12/13 centesimi, le compagnie low cost sono a 6, noi siamo a 7 cent: vuol dire che siamo fra i migliori, o i migliori in assoluto, escludendo le low cost». C.: «Adesso si capisce se abbiamo fatto bene o no a non vendere Alitalia ai francesi? Io mi domando: l’operazione industriale che avviamo a Torino, che sarà seguita a breve da un annuncio a Roma e poi a Catania e a Napoli, sarebbe stata fatta se oggi Alitalia fosse 100% Air France?».
Però continuate a perdere soldi...
S.: «Nel primo trimestre abbiamo perso 210 milioni ma nel terzo ci aspettiamo un pareggio a livello operativo, al netto delle tasse e degli oneri finanziari. L’evoluzione è compatibile con il nostro piano di raggiungere il pareggio in un triennio. La Iata, che federa le grandi compagnie mondiali, a febbraio prevedeva perdite per 3 miliardi di euro nel 2009 a carico di tutti i vettori, adesso le sue stime sono quadruplicate, invece noi prevediamo per fine anno una perdita simile a quella che prevedevamo in febbraio. E il nostro coefficiente di riempimento (quota delle poltrone occupate sugli aerei, ndr.) è cresciuto al 76,8%».
Ancora 5 punti sotto i concorrenti. Come pensate di aumentarlo?
S.: «Si può ottimizzare la capacità tagliando le frequenze. Ma il fatto di avere, come abbiamo detto, un costo per sedile per chilometro più basso dei concorrenti ci permette di puntare al pareggio con un coefficiente di riempimento più basso». C.: «Vorrei sottolineare la strategia nelle forniture di carburante. Nel 2009 ce lo siamo procurato a 56/57 dollari al barile, e nel 2010 ci siamo aggiudicati contratti a 68/69 dollari, che ritengo di assoluta sicurezza».
Che azionista è Air France?
C.: «Si è dimostrato un azionista intelligente perché ha manifestato interesse al mercato italiano in quanto tale e non ha cercato condizioni di maggior favore rispetto agli altri soci. Gli accordi sono tali che se non li rispettano possiamo chiedergli di uscire. Inoltre la rete di aeroporti Parigi-Amsterdam-Roma può condizionare lo sviluppo del mercato in tutta Europa e offre punti di riferimento interessanti per le grandi compagnie asiatiche e americane». S.: «Abbiamo convinto gli olandesi a far volare un nostro aereo fra Torino e Amsterdam, anziché uno di Klm, perché il nostro costa meno. Adesso abbiamo la nostra da dire, abbiamo abbassato la soglia dell’integrazione fra le compagnie».
Ma che prospettive di sviluppo ci sono, con Air France-Klm che è a sua volta in difficoltà?
S.: «Difficoltà? Hanno 6,5 miliardi di liquidità, li avessimo noi! Comunque, proprio per le compagnie aeree che hanno problemi ha senso fare rete, perché più si mettono assieme le capacità più si fanno soldi. Il prossimo sviluppo, previsto dalle intese, è che Alitalia entri nell’accordo di condivisione dei profitti che Af-Klm ha firmato con le americane Delta e Northwest». C.: «Poi ci sono altre prospettive con i vettori asiatici per creare un network verso l’Estremo Oriente. La Boeing prevede in Asia un mercato di mille miliardi di dollari per l’acquisto di aerei nei prossimi vent’anni. Air France e Alitalia si alleeranno con vettori asiatici». S.: «E pensiamo ad accordi con compagnie mediorientali come Etihad, Emirates eccetera per portare i passeggeri verso i loro hub in direzione del Far East».
Ma invece che strategia avete per portare la gente qui in Italia?
S.: «Questa di Torino, per esempio, è un’iniziativa per attrarre i flussi qui. In Italia il 70% dei passeggeri riguarda stranieri in arrivo e il 30% italiani che vanno fuori. Il volo per Mosca, tre volte alla settimana, è nato così: mesi fa siamo venuti qua, abbiamo parlato con le istituzioni locali. Chiamparino (sindaco di Torino, ndr.) ci ha raccontato dei russi che vengono a sciare in Piemonte, abbiamo fatto le nostre verifiche e ora partiamo con un collegamento, tre volte la settimana, con Mosca».
All’aeroporto di Malpensa avete proprio voltato le spalle?
S.: «No, anzi inaugureremo presto un’altra rotta intercontinentale, verso Miami. E poi lanceremo nuovi voli a prezzo contenuto con il marchio AirOne, per fare concorrenza a EasyJet e a Lufthansa Italia. Ma questo non vuol dire che diventeremo una low cost: non ne abbiamo la mentalità, non ne abbiamo la struttura. È solo che a Malpensa la gente è disposta ad andare se per un biglietto paga 50 euro, ma non se ne paga 80. È un fatto di mercato. Per questo offriamo prezzi a 49 euro».
Che cosa ci dice invece dei bagagli a Fiumicino? Sono un problema esasperante.
S.: «Dipende sia da Alitalia sia dall’aeroporto. Né noi né Adr investiamo più a Fiumicino, da anni. Da parte nostra il principale problema è che i 220 voli di Alitalia ed AirOne sono distribuiti su 5 terminal, e fra i due estremi ci sono tre chilometri. Così si va avanti e indietro, si perde roba. Fra 20 giorni faremo una prima concentrazione ma il piano è di concentrare tutto, inclusi gli altri voli delle compagnie alleate in SkyTeam, in un unico terminal».
L’aeroporto di Fiumicino collaborerà?
S.: «Noi gli diamo 150 milioni di euro all’anno. Che li investano. L’aeroporto ha anche altri problemi: 5 o 6 sistemi diversi e non connessi di smistamento del bagaglio, e 13 punti di accumulo. Troppi. C’è un problema, però, che assolutamente non abbiamo: non è vero che ci manchi il personale addetto, a dispetto di quanto dicono i sindacati». C.: «Una garanzia della nostra volontà di accelerare la soluzione di questo problema è il fatto che ora siamo un’impresa privata. Gli azionisti sanno che se non si migliora questo servizio non si va da nessuna parte». Quanto pagate al gruppo Toto per il leasing degli aerei?
S.: «Paghiamo un canone ancorato alla migliore prassi del mercato. Indicativamente 320 mila dollari al mese di affitto per un A320» (dovrebbero essere 17 entro la fine dell’anno, ndr.)
Dopo l’integrazione con AirOne sono emerse sorprese?
S.: «No. Toto, com’è prassi, ha fornito garanzie reali per 32 milioni di euro valide per 5 anni, per materie fiscali e previdenziali e per alcuni contenziosi. Al momento ne abbiamo utilizzati circa due milioni».
Avete parlato dei rapporti con Air France. Con i soci italiani come vanno le cose?
C.: «Ciascun socio ha investito sulla base dei risultati attesi e della governance. È stata decisa una governance con lock-up a 4 anni, cioè per quel periodo i soci possono vendere solo ad altri soci, o non vendono affatto. Direi che per ora hanno manifestato soddisfazione».
Abbiamo registrato anche qualche mugugno...
C.: «Quando si investono quattrini in un contesto economico così, tutti sono attenti. Ma non mi risultano defezioni in arrivo».
A parte quella di Emma Marcegaglia.
C.: «Che però non è stata concretizzata. Sono il presidente ma non ho mai ricevuto alcuna comunicazione».
Lei come commenta la sua volontà di uscire?
C.: «Non la commento. Non sono attratto dalle curiosità del perché e del percome. Chiedetelo a lei».
Una cosa non potrà negare: il personale ha vissuto le recenti vicende di Alitalia manifestando una certa demotivazione.
C.: «Noi abbiamo la sensazione opposta. Tutto quello che è successo, il contratto unico e tante altre cose, potevano far nascere la demotivazione, e invece la compagnia, una volta rotto il diaframma della preoccupazione iniziale, ha ottenuto uno straordinario risultato grazie ai dipendenti. I piloti che sono andati a cercare lavoro altrove sono tornati indietro delusi. E allo sciopero di domenica hanno partecipato solo tre persone. Tre».
Al momento opportuno venderete tutto a Air France?
C.: «Il mercato di domani sarà diverso e io non so immaginare come. Ma le dico una cosa: per me vendere è parente del piangere...». ... ma le è già capitato, con Telecom. C.: «Altri hanno voluto vendere e io non ho potuto fare altrimenti. Ma poi ho reinvestito e ho reinvestito in Italia».
La vecchia Alitalia ha una tradizione ingloriosa di stipendi d’oro per i top manager, molto più alti di quelli dei concorrenti europei, in presenza di deficit da fallimento. E in quella nuova è cambiato qualcosa?
C.:«Non ci sono più soldi per certe cose».
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Messaggio Da Maurizio Mar Ott 13, 2009 12:40 pm

Fonte: La Stampa
Si va verso la firma dell’accordo tra sindacati e acquirente (la investment company napoletana Meridie) per la cessione di Atitech, la società che cura la manutenzione pesante di Alitalia. L’incontro iniziato a Palazzo Chigi ieri sera, si è protratto tutta la notte, ed è stato aggiornato per stasera alle 20 sempre nella stessa sede, affinchè i sindacati informassero la base. La bozza del piano, secondo quanto si apprende, sembra mettere d’accordo quasi tutti, anche se ci sarebbero ancora delle resistenze da parte di Sdl e Filt-Cgil. Se non si dovesse firmare, l’alternativa è il fallimento della società.

La bozza di accordo, che recepisce la proposta di Gianni Lettieri, presidente dell’Unione industriali di Napoli, a capo della cordata formata dall’investment company Meridie che ha presentato, attraverso la società Manutenzioni Aeronautiche, un’offerta congiunta con Alitalia-Cai e Finmeccanica per rilevare Atitech, è giudicata positivamente dalla maggioranza dei sindacati presenti al tavolo. Il piano prevede l’estensione ai dipendenti di Atitech del contratto di Alitalia-Cai, con le dovute modifiche per tipologia di lavoro. In totale si parla di un impiego a regime al 2014 di 500 unità, 50 in più di quelle previste nella precedente offerta da parte di Lettieri, e per i lavoratori che saranno reinseriti nel ciclo produttivo la Cig sarà applicata a rotazione a partire dal 2011. Finmeccanica si impegna ad assorbire 60 dipendenti di Atitech presso le aziende del Gruppo, mentre altre 70 persone saranno gestite tra prepensionamento e incentivi.

L’offerta, prevede che in caso di perfezionamento dell’operazione, Manutenzioni Aeronautiche detenga il 75% del capitale sociale di Atitech, Alitalia-Cai il 15% e Finmeccanica il 10%. Le società si impegnano a conservare le proprie partecipazioni in Atitech per un periodo non inferiore a 5 anni. Anche se lasciando Palazzo Chigi, qualche rappresentante sindacale si mostrava ancora insoddisfatto delle condizioni contenute nella bozza dell’accordo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta è stato chiaro: stasera ci si aggiorna non per riaprire la trattativa, ma per firmare. Altrimenti Atitech deve portare i libri in tribunale.
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Alitalia: "Meno inefficienze" Empty Re: Alitalia: "Meno inefficienze"

Messaggio Da Maurizio Mar Ott 13, 2009 12:41 pm

Fonte: La Stampa
Eccoli i quattro voli internazionali sponsorizzati da Regione Piemonte, Sagat, Camera di Commercio, Provincia e Comune (in ordine di capitali stanziati). Metteranno Torino, dal 15 dicembre, più vicina al mondo: Amsterdam (cinque volte la settimana), Mosca (tre), Berlino (tre) e Istanbul (tre) le nuove destinazioni. Anche se, nel primo mese, si viaggerà a scartamento ridotto, con un volo a settimana in meno. Nei prossimi tre anni, previo comarketing per 6 milioni di euro, Alitalia garantirà le quattro rotte impegnandosi ad essere puntuale ed anche a sostituire (senza mai cancellare) quelle rotte che non dovessero trovare adeguato successo di passeggeri. Prezzi appetibili: da 97 euro per Amsterdam e Berlino, da 149 e 199 euro Istanbul e Mosca. Mercedes Bresso era ieri orgogliosa di presentare l’accordo «fatto pensando a creare anche un efficace flusso turistico verso Torino». Colaninno, presidente Alitalia, ha parlato di «superamento della bipolarità Milano-Roma con l’apertura di sette basi in Italia». Strategia confermata dall’ad Sabelli: «Stiamo cambiando il modello di presidio del territorio italiano. Alitalia è leader a Torino con 1 milione di passeggeri. Siamo il più importante cliente di Sagat: ogni anno gli versiamo 10 milioni di euro. Una base sta a significare 5 aerei in night stop oltre a 20 equipaggi e 100 addetti alla manutenzione trasferiti qui». Barberis per la Camera di commercio: «Caselle deve trainare la ripresa». Montagnese, presidente Sagat: «Una risposta alle richieste del territorio». Chiamparino: «Destinazioni interessanti. Ad Istanbul andrò con mia moglie».
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