Genoa-Juventus
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Re: Genoa-Juventus
Fonte: LASTAMPA
Davanti a John Elkann e a Lippi, la Juve perde i primi punti del campionato e non scavalca l’Inter in classifica ma lo fa in una partita così veemente e briosa da lasciare comunque una bella impressione. Non c’è stato mai da annoiarsi nel 2-2 rocambolesco sul quale i bianconeri possono recriminare per il gol di Iaquinta, annullato per fuorigioco da Saccani, e su una incertezza clamorosa dell’ex friulano davanti ad Amelia ma anche gioire per il pareggio agguantato nel finale da Trezeguet sulla dormita collettiva della difesa del Genoa, il cui tallone d’Achille è l’incapacità di assestarsi in area sui calci da fermo. Tolto il gol iniziale di Iaquinta, tutti i pericoli per i rossoblu sono venuti allo stesso modo. Del resto qualche crepa devono averla, altrimenti sarebbero una squadra in lotta per lo scudetto e non per l’accesso in Champions League, che è già un obiettivo ambizioso.
In partite del genere si capisce perché il Genoa infiammi il proprio pubblico anche più dei risultati che raccoglie. Non c’è, a memoria, una formazione che abbia interpretato più di questa il calcio come lo esigono i suoi tifosi, calata nella pelle di curve che non hanno mai preteso la raffinatezza: massima velocità, ritmo forsennato, una veemenza garibaldina che pregiudica la precisione però rafforza un’idea di impegno e di lavoro. Sarebbe bello vedere le strategie di Gasperini applicate da gente di maggiore qualità. Ammesso che gente di maggiore qualità di Rossi, di Modesto, di Milanetto, del rigeneratissimo Sculli (Lippi non cerca un esterno offensivo?) avessero la voglia di battersi a questo modo.
Ferrara ha ragionato sul modo per disinnescare i rossoblu e sfruttarne i limiti, soprattutto la tendenza a concedere discrete praterie una volta persa la palla a centrocampo. Ne ha tratto una squadra molto fisica, senza rifinitori e frillini, e ha chiesto a Camoranesi di badare alla copertura e meno alla regia come contro il Livorno. Ne è nato un primo tempo di grande intensità nonostante le poche occasioni da rete. Finalmente si vedeva Poulsen all’altezza dei milioni con cui lo acquistarono. Con Melo, Marchisio e Camoranesi, il danese completava la batteria dei doberman che braccavano i genoani con un 4-4-2 compatto almeno per un’ora. La Juve aveva un bell’inizio. Marchisio saltava Rossi sulla sinistra e metteva al centro un rasoterra su cui Camoranesi faceva velo per Iaquinta. Tiro precisissimo nell’angolo basso, rete. Il Genoa subiva il colpo. Legrottaglie e soprattutto Amauri su una punizione di Grosso avevano, di testa, le occasioni per raddoppiare e non le sfruttavano.
Non sarebbero state le ultime. Nel momento peggiore, comunque, i rossoblù trovavano il pareggio alla prima occasione in cui Sculli aveva lo spazio per un cross preciso: lo colpiva di testa Mesto, in anticipo su Grosso che, a parte le punizioni, non ha convinto. C’era equilibrio anche nella ripresa, benché la Juve sembrasse più pericolosa. Il Genoa calava il ritmo. Marchisio produceva strappi impressionanti: il suo assist per Iaquinta al 9’ era una delizia che l’attaccante non gustava. Pasticciava di fronte ad Amelia. Iaquinta era comunque il riferimento sicuro in attacco, più di Amauri che scavallava a vuoto. Era ancora l’ex udinese a segnare al 30’, di testa, la rete che veniva annullata per un fuorigioco inesistente. Un minuto dopo, il Genoa passava in vantaggio: cross di Mesto, ancora decisivo, e splendida deviazione di testa di Crespo che rispetto a Floccari è un’altra cosa. Ferrara doveva osare il tutto per tutto con l’ingresso di Trezeguet e persino di Giovinco. Lo premiava l’inzuccata del francese quasi sulla linea di porta, sul tocco di testa di Chiellini. Il primo posto era salvo, anche se in comproprietà.
Davanti a John Elkann e a Lippi, la Juve perde i primi punti del campionato e non scavalca l’Inter in classifica ma lo fa in una partita così veemente e briosa da lasciare comunque una bella impressione. Non c’è stato mai da annoiarsi nel 2-2 rocambolesco sul quale i bianconeri possono recriminare per il gol di Iaquinta, annullato per fuorigioco da Saccani, e su una incertezza clamorosa dell’ex friulano davanti ad Amelia ma anche gioire per il pareggio agguantato nel finale da Trezeguet sulla dormita collettiva della difesa del Genoa, il cui tallone d’Achille è l’incapacità di assestarsi in area sui calci da fermo. Tolto il gol iniziale di Iaquinta, tutti i pericoli per i rossoblu sono venuti allo stesso modo. Del resto qualche crepa devono averla, altrimenti sarebbero una squadra in lotta per lo scudetto e non per l’accesso in Champions League, che è già un obiettivo ambizioso.
In partite del genere si capisce perché il Genoa infiammi il proprio pubblico anche più dei risultati che raccoglie. Non c’è, a memoria, una formazione che abbia interpretato più di questa il calcio come lo esigono i suoi tifosi, calata nella pelle di curve che non hanno mai preteso la raffinatezza: massima velocità, ritmo forsennato, una veemenza garibaldina che pregiudica la precisione però rafforza un’idea di impegno e di lavoro. Sarebbe bello vedere le strategie di Gasperini applicate da gente di maggiore qualità. Ammesso che gente di maggiore qualità di Rossi, di Modesto, di Milanetto, del rigeneratissimo Sculli (Lippi non cerca un esterno offensivo?) avessero la voglia di battersi a questo modo.
Ferrara ha ragionato sul modo per disinnescare i rossoblu e sfruttarne i limiti, soprattutto la tendenza a concedere discrete praterie una volta persa la palla a centrocampo. Ne ha tratto una squadra molto fisica, senza rifinitori e frillini, e ha chiesto a Camoranesi di badare alla copertura e meno alla regia come contro il Livorno. Ne è nato un primo tempo di grande intensità nonostante le poche occasioni da rete. Finalmente si vedeva Poulsen all’altezza dei milioni con cui lo acquistarono. Con Melo, Marchisio e Camoranesi, il danese completava la batteria dei doberman che braccavano i genoani con un 4-4-2 compatto almeno per un’ora. La Juve aveva un bell’inizio. Marchisio saltava Rossi sulla sinistra e metteva al centro un rasoterra su cui Camoranesi faceva velo per Iaquinta. Tiro precisissimo nell’angolo basso, rete. Il Genoa subiva il colpo. Legrottaglie e soprattutto Amauri su una punizione di Grosso avevano, di testa, le occasioni per raddoppiare e non le sfruttavano.
Non sarebbero state le ultime. Nel momento peggiore, comunque, i rossoblù trovavano il pareggio alla prima occasione in cui Sculli aveva lo spazio per un cross preciso: lo colpiva di testa Mesto, in anticipo su Grosso che, a parte le punizioni, non ha convinto. C’era equilibrio anche nella ripresa, benché la Juve sembrasse più pericolosa. Il Genoa calava il ritmo. Marchisio produceva strappi impressionanti: il suo assist per Iaquinta al 9’ era una delizia che l’attaccante non gustava. Pasticciava di fronte ad Amelia. Iaquinta era comunque il riferimento sicuro in attacco, più di Amauri che scavallava a vuoto. Era ancora l’ex udinese a segnare al 30’, di testa, la rete che veniva annullata per un fuorigioco inesistente. Un minuto dopo, il Genoa passava in vantaggio: cross di Mesto, ancora decisivo, e splendida deviazione di testa di Crespo che rispetto a Floccari è un’altra cosa. Ferrara doveva osare il tutto per tutto con l’ingresso di Trezeguet e persino di Giovinco. Lo premiava l’inzuccata del francese quasi sulla linea di porta, sul tocco di testa di Chiellini. Il primo posto era salvo, anche se in comproprietà.
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