Trattato di Lisbona, in Irlanda vince il sì
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Trattato di Lisbona, in Irlanda vince il sì
DATI GIUGNO 2008
DATI SETTEMBRE 2009
La Stampa
«Grazie Irlanda». Con queste parole il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso si è presentato sorridente ai giornalisti in sala stampa per commentare il sospirato sì degli elettori irlandesi nel secondo referendum sul trattato di Lisbona. «Abbiamo dimostrato di sapere ascoltare e di essere in grado di reagire», ha osservato Barroso a proposito delle clausole di garanzia introdotte dai leader europei al trattato di Lisbona per venire incontro alla resistenze degli irlandesi, oltre all’impegno a mantenere un commissario Ue di Dublino. Quella di oggi, hanno affermato in coro i responsabili istituzionali europei, è una grande giornata per l’Ue, perchè consente di rimettere in carreggiata il processo che dovrebbe portare i ventisette ad avere nuove regole e istituzioni più efficaci. Rimosso lo scoglio irlandese, nei palazzi della politica europea ancora, però, non si può cantare vittoria perchè all’appello mancano Polonia e Repubblica ceca.
Se da Varsavia sono già giunte indicazioni che il presidente Lech Kaczynski è intenzionato a firmare l’atto di ratifica a breve, brutte notizie potrebbero arrivare da Praga dove il presidente Vaclav Klaus, noto per il suo orientamento euroscettico, potrebbe cavalcare il ricorso alla Corte costituzionale presentato da un gruppetto di senatori per rallentare il via libera definitivo al trattato, perpetuando, fra l’altro, l’incertezza su quali regole dovranno essere applicate per la definizione della nuova Commissione Ue. Quella attuale, infatti, scadrà a fine mese e in assenza di una nuova compagine sarà prorogata, ma solo per gli affari correnti. Per questo il pressing su Praga è gia cominciato. Barroso ha ha parlato oggi col premier ceco Jan Fischer che riceverà a Bruxelles mercoledì prossimo insieme al premier svedese e presidente di turno dell’Ue Frederik Reinfeld. La scorsa settimana a fare visita a Barroso sono stati i leader dei due principali partiti cechi: Mirek Topolanek, ex premier e leader dell’Ods, Civici democratici, lo stesso partito di Klaus e il leader dei socialdemocratici Jan Paroubek.
Anche la presidenza di turno svedese punta a vedere il trattato in vigore entro la fine dell’anno ed è per questo che metterà in campo contatti e incontri come quelli già previsti per giovedì prossimo quando il ministro svedese per gli affari europei Cecilia Malmstrom si recherà nella capitale ceca.
Barroso si è detto fiducioso. «Il Parlamento ceco ha detto di sì al trattato di Lisbona. E quindi ho tutte le ragioni per ritenere che alla fine il trattato verrà ratificato», ha osservato il presidente della Commissione Ue, mentre da più parti si fa notare come ormai sia davvero difficile per Klaus tenere il punto politicamente. Comunque su di lui continuano a riporre le loro ultime speranze gli euroscettici più incalliti, che, come il capofila dei no irlandesi Declan Ganley, lo sollecitano a non firmare l’atto di ratifica del trattato.
- Affluenza 51%
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DATI SETTEMBRE 2009
- Affluenza 59%
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La Stampa
«Grazie Irlanda». Con queste parole il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso si è presentato sorridente ai giornalisti in sala stampa per commentare il sospirato sì degli elettori irlandesi nel secondo referendum sul trattato di Lisbona. «Abbiamo dimostrato di sapere ascoltare e di essere in grado di reagire», ha osservato Barroso a proposito delle clausole di garanzia introdotte dai leader europei al trattato di Lisbona per venire incontro alla resistenze degli irlandesi, oltre all’impegno a mantenere un commissario Ue di Dublino. Quella di oggi, hanno affermato in coro i responsabili istituzionali europei, è una grande giornata per l’Ue, perchè consente di rimettere in carreggiata il processo che dovrebbe portare i ventisette ad avere nuove regole e istituzioni più efficaci. Rimosso lo scoglio irlandese, nei palazzi della politica europea ancora, però, non si può cantare vittoria perchè all’appello mancano Polonia e Repubblica ceca.
Se da Varsavia sono già giunte indicazioni che il presidente Lech Kaczynski è intenzionato a firmare l’atto di ratifica a breve, brutte notizie potrebbero arrivare da Praga dove il presidente Vaclav Klaus, noto per il suo orientamento euroscettico, potrebbe cavalcare il ricorso alla Corte costituzionale presentato da un gruppetto di senatori per rallentare il via libera definitivo al trattato, perpetuando, fra l’altro, l’incertezza su quali regole dovranno essere applicate per la definizione della nuova Commissione Ue. Quella attuale, infatti, scadrà a fine mese e in assenza di una nuova compagine sarà prorogata, ma solo per gli affari correnti. Per questo il pressing su Praga è gia cominciato. Barroso ha ha parlato oggi col premier ceco Jan Fischer che riceverà a Bruxelles mercoledì prossimo insieme al premier svedese e presidente di turno dell’Ue Frederik Reinfeld. La scorsa settimana a fare visita a Barroso sono stati i leader dei due principali partiti cechi: Mirek Topolanek, ex premier e leader dell’Ods, Civici democratici, lo stesso partito di Klaus e il leader dei socialdemocratici Jan Paroubek.
Anche la presidenza di turno svedese punta a vedere il trattato in vigore entro la fine dell’anno ed è per questo che metterà in campo contatti e incontri come quelli già previsti per giovedì prossimo quando il ministro svedese per gli affari europei Cecilia Malmstrom si recherà nella capitale ceca.
Barroso si è detto fiducioso. «Il Parlamento ceco ha detto di sì al trattato di Lisbona. E quindi ho tutte le ragioni per ritenere che alla fine il trattato verrà ratificato», ha osservato il presidente della Commissione Ue, mentre da più parti si fa notare come ormai sia davvero difficile per Klaus tenere il punto politicamente. Comunque su di lui continuano a riporre le loro ultime speranze gli euroscettici più incalliti, che, come il capofila dei no irlandesi Declan Ganley, lo sollecitano a non firmare l’atto di ratifica del trattato.
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