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Il diritto al suicidio divide la Gran Bretagna

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Messaggio Da Maurizio Sab Ott 03, 2009 12:13 pm

La Stampa
Suicida dopo 9 tentativi: i medici non l'hanno soccorsa, perché aveva scritto che voleva morire. E ora i genitori li denunciano
Il diritto al suicidio divide  la Gran Bretagna Pixel
Il diritto al suicidio divide  la Gran Bretagna Pixel
Ricorda il caso di Terry Schiavo, ricorda quello italiano di Eluana Englaro, ed è ancora una storia diversa. Ma fa discutere, divide, spacca il Paese, tira in ballo temi come il diritto alla vita, e alla morte e il contestatissimo testamento biologico.
E' la storia di Kerrie Wooltorton, ragazza inglese depressa, sfortunata e determinata. Determinata almeno nel rifiutare il dono della vita: quando si avvelenò, nel settembre 2007, a 26 anni di età, aveva già tentato il suicidio nove volte nel giro di un anno. Tante per far pensare a un malessere passeggero. Tutte le volte era stata salvata, tanto che al decimo tentativo Kerrie si era per così dire tutelata. Prima di ingerire del liqido antigelo, stesso metodo dei precedenti tentativi, aveva lasciato un testamento biologico, in Gran Bretagna è possibile, nel quale chiedeva espressamente di essere lasciata morire.
I medici del Norwich and Norfolk hospital avevano preso atto di questa volontà,ribadita dalla paziente, che al momento del ricovero era perfettamente cosciente, avevano obbedito, non erano intervenuti e Kerrie il giorno dopo era morta. Forse hanno agito per convinzione, forse per ossequio alla legge, temendo cioè di essere incriminati, se la ragazza si fosse salvata, perché non avevano rispettato un suo desiderio espresso formalmente.
Hanno sbagliato comunque, pare. Perché Kerrie è morta - come desiderava, si suppone - ma ha lasciato una scia di polemiche. Soprattutto i genitori non hanno gradito e hanno fatto causa all'ospedale.
L'inchiesta fin qui ha dato un parere interpretabile in diversi modi, Kerrie era consapevole delle sue scelte, si è detto, quindi qualsiasi cura sarebbe stata illegale. Ma proprio questo, secondo i suoi genitori era la spia di un malessere: la ragazza aveva già manifestato tendenze suicide e soffriva di depressione, quindi non poteva essere ritenuta totalmente padrona di sè. Doveva insomma essere salvata da se stessa.
Duri, durissimi i genitori: «Questo non ci ridarà nostra figlia - ha detto il padre di Kerrie - ma almeno può evitare che qualcuno viva la stessa sorte. Mi vergogno di essere britannico e di vivere in un paese dove vige una tale legge».
Chissà cosa ne direbbe Kerrie. Forse si chiederebbe che cosa bisogna fare per essere davvero liberi di morire. O forse voler morire è di per sè segno di follia e il folle deve scontare questa pazzia con l'obbligo a una vita che non vuole? Ovvero, la vita è sacra ma il vivente no?

Maurizio
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