Lele Comabbio da Comabbio e ... Travedona Monate
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Lele Comabbio da Comabbio e ... Travedona Monate
Ciao!
Vi posto, dal sito dei relativi comuni, la descrizione storica e fisico-naturale dei comuni di Comabbio e Travedona Monate (VA) nei quali vivo (sono proprio a cavallo tra i due confini)
Travedona-Monate (VA)
Cenni Storici
Vi posto, dal sito dei relativi comuni, la descrizione storica e fisico-naturale dei comuni di Comabbio e Travedona Monate (VA) nei quali vivo (sono proprio a cavallo tra i due confini)
Travedona-Monate (VA)
Cenni Storici
Cenni storici
Per inquadrare la storia di Travedona Monate riteniamo utile pubblicare la Nota Storica, semplice, esauriente ed impostata su criteri scientifici, della Dott. Ada Annoni, pubblicata nel 1970 a cura del Comitato Monatese.
LE COMUNITA' DI TRAVEDONA E DI MONATE
Notizie di tempi passati
Gli avanzi di lontani insediamenti umani che, relativamente numerosi, affiorano nella zona di Travedona Monate, le scarne, frammentarie notizie che è possibile rintracciare in antichi testi o superstiti documenti conservati nelle Biblioteche e negli Archivi milanesi, testimoniano l’esistenza di comunità organizzate che in questi luoghi vissero sin da tempi remoti e attestano una loro vivace partecipazione alle civiltà coeve.
Nelle terre vicine al lago sono stati rinvenuti bronzi, cocci e selci dell’età neolitica. Nel lago sono stati rintracciati avanzi di sue stazioni palafitticole, ed è stata rinvenuta una piroga, scavata in un tronco d'albero (m3 x m 0,63), ora conservata al Museo Archeologico di Como. L’esplorazione del fondo lacustre, ripresa in questi anni con nuove tecniche e con sistematiche, appassionate ricerche, sta portando in luce altre numerose, importanti testimonianze.
Un balzo di secoli : le iscrizioni che ancora è possibile leggere o intuire in alcune lapidi di epoca romana rintracciate nel paese, parlano dell’esistenza di luoghi di culto e di una necropoli: in un edificio presso la Chiesa di Travedona, una lastra rettangolare, alta un metro e larga mezzo metro, reca incorniciata luna epigrafe sepolcrale: OPTATO / BLANDI F. / SATULLAE MATRI INGENUUS / POLLIO / BLANDUS / MARCELLINUS / FILII ( ad Optato, figlio di Bando, a alla madre Satulla, i figli Ingenuo Pollione e Blando Marcellino); nel muro di cinta di casa Binda a Monate, era inserito un altro frammento di lapide, proveniente probabilmente da un’ara votiva dedicata a Minerva: un altro frammento di lapide votiva è stato rintracciato in un pavimento della casa “al Castello” di Monate. Altri avanzi parlano di un’attiva comunità; in zona “Cascina Faraona” sono affiorati i resti di un’antica fornace di calce: tegoloni, pietre bruciate, tracce di calce in loco, e la grande fossa circolare per la cottura delle pietre, ora colmata e che è stata parzialmente distrutta per la costruzione della nuova strada che conduce alle attuali cave di pietra calcarea. Molti elementi che fanno pensare che la fornace risalisse essa pure all’epoca romana.
Il Cristianesimo, che si diffuse in tutta la zona sin dai primi secoli dell’era volgare, ebbe qui, ben presto, un attivo centro di culto.
Ne conservano testimonianza anche le dedicazioni delle antiche Chiese: a San Vito a Travedona, a San Martino in Monate. Nella Chiesa di San Martino (il nome richiama dedicazione dell’età carolingia) la presenza di più antiche pietre scolpite e l’esistenza di due altari dedicati a San Babila e a San Materno, sembrano testimoniare, con la venerazione di Santi più antichi, l’esistenza di chiese o sacelli precedenti. Nulla rimane ora di questi edifici alto medioevali, ma dai secoli dell’età di mezzo sopravvivono numerose vecchie case dai larghi ed irregolari muri, costruiti in ciottoli e pietrame non lavorato, amalgamati a calce: sono ad esempio le case che si affacciano sulla piazza di Monate o sulle aie che fiancheggiano la salita al “Castello”.
Non sono emerse sinora tracce o notizie sicure che consentano d’individuare l’origine di questo antico e caratterizzante toponimo: “il Castello”. Nella località, quasi in vetta alla piccola collina che si alza tra il lago di Monate e la vallata digradante verso il Lago Maggiore, sorge una larga, solida, antica casa, di impianto lombardo a “U”; dal cortile a terrapieno, dal bel porticato in pietra, l’occhio spazia su tutto il lago di Monate. Nella casa ancora rimane un grande locale a terreno, esso pure lastricato in pietra e dominato da un monumentale camino.
Nella seconda metà del secolo XIV, a Monate, accanto alla Chiesa parorcchiale di San Martino, fu eretta una nuova Chiesa, dedicata a Santa Maria della Neve. Branchino Besozzi, vescovo di Bergamo, che ne era stato il promotore, il 13 gennaio 1396 vi istituì un Capitolo, composto da un Arciprete e da quattro Canonici, dotandolo dei beni necessari al loro sostentamento, beni numerosi ed importanti, edifici e terre, siti nella zona e a Milano. Il Capitolo, sorto sotto il giuspatronato del Vescovo Branchino, dopo la morte di questi continuò autonomo, eleggendo i propri membri per cooptazione: numerosi sacerdoti, fra quanti successivamente ne fecero parte, provenivano dalla famiglia del fondatore.
La Chiesa di Santa Maria della Neve, monumentale e sobria, ad una navata a capanna, l’abside quadrangolare, volta ad oriente, le pareti esterne ritmate dalle lesene in beola che inquadrano le porte e le alte e strette finestre ad arco, unisce ad elementi strutturali romanici, un gotico slancio ascensionale.All’interno l’abside e le pareti furono affrescate: una teoria di Santi si susseguiva nella fascia inferiore; vivaci scene del Nuovo Testamento, di epoca posteriore, occupavano la fascia superiore.
Ora le une e le altre, già rovinate alla fine del secolo XVI, sono andate quasi interamente perdute. Interesante rimane un frammento di Crocefissione ed una Madonna col Bimbo sulla parete meridionale della Chiesa e, sulla parete nord dell’abside, l’antico patrono del paese, San Martino, che appare in vesti pontificali tra la Madonna in trono e San Bernardo di Chiaravalle.Una catena è ancora stretta nelle mani di San Bernardo, ma si perde nel vuoto: il diavolo incatenato ai piedi del Santo (= l’eresia combattuta e vinta) è stato cancellato.
La decorazione scultorea della Chiesa conserva numerose testimonianze della Colleggiata che in essa ebbe sede. Sulla facciata principale si apre la porta ad arco a tutto centro e sui capitelli di destra degli archivolti del portale, si snoda l’antica sottile fascia di sculture, corrose dal tempo: un tralcio di vite e colombe che beccano l’uva (= la Grazia e le anime che ad essa si dissetano e si santificano); alcune teste (sembra affacciarsi anche quella obliqua e maligna di un diavoletto); il guanto, il pastore e la mitria, non solo ad indicare la dignità del fondatore, ma anche a significare che il Capitolo era autonomo dalla giurisdizione vescovile territoriale. Chiavi, pastorale e mitria si ripetono sul frontale scolpito di una grande pietra, rinvenuta duranti recenti opere d restauro e murata nell’abside, verso la strada provinciale. Analoghe, ma di più sicuro e levigato disegno, le sculture delle due pile per l’acqua santa, scolpite in pietra d’Angera, l’una a forma di piccola conca semicircolare, l’altra rettangolare, nelle misure di un’antica urna cineraria. Anche sulle loro pareti, al motivo della croce greca iscritta nel cerchio, agli intrecci di foglie di vite e di stilizzati rami d’oilivo, si affianca la mitria vescovile.
Sulla facciata, sopra la porta l’oculo a strombo, il tetto a capanna era spezzato al centro dallo slancio della quinta del campanile che accoglieva le due campane. La dove esso si innestava nel muro, rimane un inspessimento della parete, al centro della facciata verso l’interno della Chiesa, ma il campanile è stato abbattuto perchè attorno ad esso, lungo le corde delle campane,scivolavano pericolose infiltrazioni d’acqua; nel 1777 fu sostituito da una breve cella campanaria, in un sobrio barocco a pianta triangolare, eretta sopra la sacrestia.
Le case dei canonici, edificate a “L” sul lato meridionale della chiesa, da loro abbandonate nella seconda metà del secolo XVI, andarono rapidamente in rovina e, trasformate in case coloniche, furono di continuo rimaneggiate. Ancora rimane - fino a quando? – uno slanciato arco in cotto, a sesto acuto ad incorniciare la porta carraia che si apriva in linea continua delle case e che dalla piazza di Monate immetteva e immette nella corte delle antiche case dei canonici; in prospettiva di fronte a questo passaggio, è la porta laterale della Chiesa. Ed è rimasto, negli edifici del lato orientale, un locale a piano terra, ora adibito a stalle, ove una colonna in granito, con capitello dorico, si erge al centro, raccogliendo le volte a vela che ad essa convergono. Nuova costruzione dei canonici o sopravvivenza di costruzioni che si ricollegavano al precedente nucleo di San Martino?
Il 12 giugno 1574, San Carlo Borromeo, passando per questi paesi in visita pastorale, decretò la fusione della Parrocchia di Monate con quella di Travedona e il trasferimento del Capitolo di Santa Maria della Neve a Milano, presso la Chiesa di San Tommaso in Terra Amara. Rimase al Capitolo l’obbligo di eleggere e mantenere a Monate un Cappellano che vi celebrasse ogni giorno una Messa, fornendogli abitazione, stipendio e arredi sacri. Ma l’impegno, pur con doloroso rammarico della popolazione, fu presto lasciato cadere in disuso.
Altre deliberazioni furono decise durante quella visita, altri mutamenti la seguirono. A Travedona la Chiesa di San Vito era ormai cadente: il Cardinal Borromeo diede ordine di abbatterla e di ricostruirla dalle fondamenta. A Monate fu abbattuta la Chiesa dedicata ai Santi Macario e Celso,e, sempre per disposizione del cardinale, il materiale di recupero da essa ricavato, fu usato per la ricostruenda Chiesa di san Vito e Modesto a Travedona. Nessuna notizia di altra fonte, nessuna più precisa indicazione in quella delibera o i successivi atti che al problema si riferiscono. Consente di individuare dove sorgesse questa Chiesa di San Macario e Celso a Monate.
Ancora esisteva in quest’epoca la vecchia Chiesa di san Martino, essa pure cadente. San Carlo ordinava: “Si faccia il muro dove è rovinato, acciò non possino passar le bestia.... Si facciano le cancelle alle porte et uscio della Chiesa....si levi l’altare”. Ma vent’anni più tardi, nel 1596, Federico Borromeo, percorrendo queste terre, in una nuova visita pastorale annotava: “ in ea nihil restat nisi parietas, et capilla emicicli ornam, tota discoperta, cum altare in medio diruto”. Ancora svettava “integra et alta” la sua torre campanaria, ma senza più voce ormai “sed in ea nullis adsunt campanae” sono le ultime notizie.
La popolazione di Travedona e di Monate non fu mai numerosa. A metà del secolo XVI ciascuna delle due comunità riuniva circa 130 abitanti; a metà del secolo XVIII essi erano aumentati a circa duecentotrenta. Essi vivevano di agricoltura, di pastorizia, -in prevalenza pecore-, di poca pesca. Sia Travedona che Monate, come gli altri paesi della Pieve di Brebbia, erano nel Medio Evo terre infeudate, e tali rimasero anche nell’era moderna, passando sotto il controllo di famiglie diverse, che si succedettero per diritto d’acquisto o per alterne vicende di successione. Tra il secolo XV e il XVIII, si avvicendarono i Sanseverino, i Visconti, i Vistarino, i Visconti Borromeo, i Visconti Borromeo Arese, i Litta Visconti Arese. Tuttavia già alla fine del secolo XV, i diritti feudali di queste terre appaiono limitati ai “dazi del minuto”, ai dazi cioè imposti su pane, vino e carne. MA anche tali diritti furono di continuo messi in discussione dal Fisco.
Le Comunità ebbero in realtà vita largamente autonoma, inserite nella Pieve di Brebbia da l cui Podestà dipendevano, con proprio Sindaco e Console, con una attenta amministrazione dei propri beni comuni.
Vivaci e continui si susseguirono i contrasti fra le Comunità e il Fisco dello Stato di Milano per la definizione delle quote di tassa imposte, per concessioni dei diritti di pesca sul Lago di Monate.
Il lago, senza immissari, alimentato da sorgenti che affiorano nella conca delle acque che si adagiano limpide entro una remota escavazione glaciale, defluisce in un piccolo emissario che, attraversa Travedona, scende verso il Lago Maggiore. A valle di Travedono, sin da epoche antiche, le acque di questa piccola “Roggia” mettevano in moto le grandi ruote dei “Mulini” che macinavano cereali, o schiacciavano semi e noci per ricavarne olio. Più colte vennero avanzate da privati proposte di nuove derivazioni d’acqua dal Lago. Nel 1596, ad esempio, giunse all’esame del Magistrato Straordinario dello Stato di Milano la richiesta del dottor Desiderio Merzagora, Capitano di Giustizia, il quale chiedeva di poster aprire un nuovo canale in zona Carezzate per irrigare alcuni “campi aridi” verso Barza. Si disponevano sopralluoghi, sovente si concedevano nuovi diritti tenendo conto che per il Fisco, “da detto lago non si cava frutto alcuno” e avendo accertato che “ per circa dieci mesi all’anno i Mulini hanno più acqua del bisogno”. Ma queste concessioni erano sempre vincolate da molte e rigide limitazioni che garantivano i diritti già consolidati e tenevano attento conto delle popolazioni rivierasche. Tali derivazioni per irrigazioni oggi più non esistono, e, forse, per le ricordate limitazioni imposte, non furono mai neppur eseguite.
Nelle relazioni ufficiali del Magistrato, negli esposti delle Comunità che cercavano sottrarsi alle pesanti tassazioni, il ridente lago sembrava perdere l’intensità del so azzurro profondo, i colori luminosi dei suoi mutevoli riflessi: “dette Comunità non sentono alcun benefizio di detto laghetto, per dir meglio si può dir laguna. Dicono li Regenti che si deve aver riguardo che il ditto laghetto è sterile e che in esso non si viene pescato se non per necessità di detti poveri pescatori per carestia del terreno e per poter compire alli carichi comuni, e che molto più spendono nel menar le reti che nel pesce pigliare….”
Ma le tavole censuarie davano in diverso quadro: piccole proprietà variamente coltivate, animali nelle stalle una modesta tranquilla agiatezza, di cui, sino a pochi cenni or sono, erano testimonianza di Travedono alcune case dalle garbate affrescature barocche e dai balconi di pietra su cui il ferro battuto fioriva nelle lievi fantasie settecentesche.
ADA ANNONI
Re: Lele Comabbio da Comabbio e ... Travedona Monate
Travedona-Monate (VA)
Caratteristiche geografiche e fisico-naturali
E cenni sul Lago di Monate, il lago più pulito d'Italia:
Caratteristiche geografiche e fisico-naturali
Geografia
Il Comune di Travedona Monate si colloca nella fascia centrale della provincia di Varese, nel territorio della collina interna e, più precisamente, nella regione agraria definita “collina del Verbano Orientale”.
La superficie territoriale del comune è di 914 ha e la sua altitudine sul livello del mare è compresa tra un minimo di 207 ed un massimo di 370 m.
La zona è racchiusa da alcuni connotati naturali fondamentali:
a Nord Est il monte Campo dei Fiori ed il lago di Varese alle pendici del monte;
a Nord Ovest il monte Sasso del Ferro, sovrastante la località di Laveno Mombello;
a Est la collina di Varese;
a Ovest il lago Maggiore e il fiume Ticino, con il monte San Quirico che domina Angera e Ranco;
a Sud le colline dello Strona.
Ma l’elemento naturale di gran lunga più importante e ottimamente connesso all’ambiente è, senza dubbio, il lago di Monate: un bacino di incomparabile bellezza racchiuso tra le colline dei comuni di Travedona Monate, Comabbio, Osmate e Cadrezzate.
La conformazione fisica
Partendo da Ovest verso Sud Est troviamo:
area piuttosto pianeggiante, tagliata dal torrente Acquanegra, che scorre sul rovescio del colle di Monate dominato dalla villa Rucellai; questa piana si estende dalle quote 227 circa, 212 e 207 fino al limite dei territori comunali di Cadrezzate, Ispra, Brebbia e Malgesso;
la collina di Monate con pendio a settentrione, punta Rucellai e centro abitato, e pendio verso lago a Sud. La collina, dopo un andamento Est-Ovest volge decisamente verso Nord in direzione del territorio di Malgesso, formando una conca piuttosto pianeggiante nella quale si svolge l’abitato di Travedona;
il colle del Ronco lascia il nucleo antico di Travedona a Nord, una valletta pianeggiante attraversata dalla vecchia strada che collegava Comabbio a Travedona, con il lago a Ovest.
oltre la valletta delimitata dal Ronco e verso levante sta la collina che si diparte dal Chiossetto e dalla Località faraona e si svolge in direzione Nord-Sud fino alla quota massima di m 370 e raggiungendo il limite comunale di Ternate. Il suo pendio occidentale è volto ad anfiteatro verso il lago di Monate, mentre il pendio orientale, rivolto verso il lago di Varese, degrada in modo più ripido entro un breve spazio fortemente tormentato dalle grandi spaccature della cava Faraona e discende poi, più lievemente, fin contro la sede ferroviaria della linea Gallarate – Luino.
E cenni sul Lago di Monate, il lago più pulito d'Italia:
Il lago di Monate costituisce senz'altro uno dei gioielli più preziosi di quella collana di laghi che caratterizzano in modo inequivocabile il panorama del varesotto.
Formatosi in epoca glaciale ( quaternario artico – ghiacciaio Verbano), il lago di Monate è circondato da colline moreniche e alimentato dalle acque di polle sorgive.
La sua conca è così delimitata:
a Nord la punta di villa Rucellai a Monate (quota 298);
a Est il colle sopra il Chiossetto di Travedona (quota 349);
a Sud Est il colle verso Ternate (quota 370);
a Sud e Sud Ovest il Monte Pelada e la collina di Cascina del Monte, tra Osmate e Comabbio (quote 471 e 457);
a Ovest l’anfiteatro si conchiude con le basse colline di Cadrezzate.
La sua posizione è parte integrante del sistema di bacini lacuali composta dal lago di Comabbio a meridione, quello di Varese a levante e del lago Maggiore a ponente, nonchè della bassa pianura delle torbiere della Brabbia, di Inarzo e di Cazzago.
Ha un solo emissario, il torrente Acquanegra che esce a Travedona e dopo un lungo e tortuoso viaggio attraverso le ondulazioni intermoreniche e aver toccato i comuni di Biandronno, Bregano, Malgesso, Brebbia ed Ispra, sfocia nel lago Maggiore.
In passato questo torrente fu anche chiamato Roggia Vidona e le sue acque furono sfruttate per muovere le pale di diversi mulini a Travedona e a Biandronno, nonchè la cartiera Stefanini presso Ispra: lo dimostra anche la mappa geo-topografica allegata all’istrumento notarile con cui i laghi di Varese, Comabbio, Monate e Biandronno furono venduti nel 1652 al vescovo Biglia di Pavia.
La conformazione delle sue rive e la loro forte privatizzazione ha contribuito almeno in parte a evitare che il lago di Monate (come purtroppo è avvenuto per molti altri laghi) fosse accerchiato da insediamenti industriali e dal turismo d'assalto, con le note conseguenze sulla qualità delle acque. Grazie anche ad una previdente e saggia ordinanza, in forza alla quale è vietata la navigazione a motore, il lago è tuttora uno dei pochissimi bacini di origine glaciale balneabile.
Il lago di Monate, unitamente a quello di Comabbio, è sempre stato considerato un'importante fonte di risorse alimentari ed i suoi diritti di pesca sono sempre stati proprietà di grandi famiglie (Biglia, Litta, Arese, Besozzi, Ponti, Borghi, Crespi) che con lo scopo di incrementarne il patrimonio ittico introdussero nuove specie importate dall'estero (persico-trota,trota-arcobaleno, coregone) che si aggiunsero ai pesci nostrani.
Venne altresì avviata un'attività commerciale per la coltivazione e la vendita di piante acquatiche e palustri, molte delle quali importate dalle Americhe e che hanno trovato un perfetto habitat in queste acque e che ancora oggi, a distanza di più di mezzo secolo dalla cessazione di questa attività, continuano ad abbellire le sponde del lago..
Caratteristiche fisiche
Superficie del bacino imbrifero, misurata in proiezione orizzontale: kmq 5,75
Superficie dello specchio d'acqua: kmq 2,52
Sviluppo della costa: km 7,75
Quota media sul mare dello specchio d'acqua: m 2,66
Profondità massima: m 34
Profondità media: m 18
Gli insediamenti palafitticoli
Notevoli sono stati i ritrovamenti palafitticoli nel lago di Monate, in particolare in tre stazioni presitoriche denominate, Sabbione , Pozzolo e Occhio, dove gli scavi hanno dato la possibilità di portare alla luce utensili, oggetti vari e persino piroghe monoxile datate 2.500 a.C.
Stazione del Sabbione
E’ sita nel comune di Cadrezzate a circa 50 m dalla riva e si estende per una lunghezza di 140 m da nord a sud ed una larghezza media di 50m da est a ovest con una superficie complessiva di circa 7000 mq a forma di rettangolo con il lato lungo parallelo alla costa, ad una profondità media da 2 a 6 metri.
Stazione del Pozzolo
Posto anch’esso nel comune di Cadrezzate a circa 30 m dalla spiaggia-parco nella zona prospicente il cimitero, l’insediamento si stende su una superficie di 600 mq, con una larghezza di 20 m ed una lunghezza di 30 m, presentando le medesime caratteristiche morfologiche del Sabbione. La vegetazione subacquea ha invaso gran parte della superficie, ostacolando notevolmente ogni tentativo di ricerca.
Stazione dell’Occhio
E’ sita nel territorio di Travedona Monate, a sinistra dell’attuale lido di Monate, a 30 m dalla riva e ad una profondità variabile tra 2 e 5 m.. Ha una forma irregolarmente rettangolare con un lato parallelo alla costa di circa 30 m ed un’estensione verso il lago di 20 m. Il complesso è caratterizzato da un grande ammasso di cumuli sassosi, da cui emergono le estremità dei pali, ben squadrati, che si elevano fino a 30 cm dal fondo del lago.
I ritrovamenti archeologici
Numerosi sono i reperti archeologici recuperati negli insediamenti palafitticoli nel corso delle ricerche effettuate verso la fine dell’Ottocento. Il raschiamento del fondo, effettuato per lo più con una draga, per prelevare i manufatti, ha compromesso però ogni informazione sull’esatta giacitura dei reperti e quindi la loro datazione stratigrafica. I reperti sono costituiti da vasellame domestico con decorazioni plastiche ottenute con l’impressione di unghie o polpastrelli.
Tra i materiali non ceramici si trovano colatoi, rocchetti, pesi di telaio mentre numerosi sono gli strumenti in pietra. In porfido, granito o calcare vi sono mazze, ottenute da ciottoli sui quali è stata praticata una scanalatura trasversale per fissare il manico.
Numerosi sono anche le macine in pietra che venivano utilizzate per la lavorazione dei semi di corniolo e altri, mediante macinelli,
Abbondante è lo strumentario in selce, rappresentato da strumenti “foliati” come punte di freccia, raschiatoi, armature di falcetto, ma sono presenti anche strumenti su scheggia e su lama, come grattatoi e bulini.
Gli oggetti in bronzo non sono molto frequenti e poche le forme rappresentate: asce, spilloni, pugnali, armi, aghi, lesine.
L’insieme di questi reperti, pur nella mancanza di una datazione stratigrafica, fornisce indicazioni sull’economia delle popolazioni che hanno abitato il lago di Monate nell’età del Bronzo medio e recente ( dal sedicesimo al dodicesimo secolo a.C.) e consente di affermare che le attività economiche erano principalmente l’agricoltura, la caccia, la raccolta, la tessitura e l’allevamento. I resti vegetali, per lo più nocciolo, corniolo, ghiande e more, fanno pensare che accanto ad un’economia agricola fosse presente la raccolta di prodotti naturali usati per l’alimentazione.
I ritrovamenti di forme di fusione, crogioli, ugelli, testimoniano una limitata attività legata alla lavorazione del bronzo mentre una grande quantità di fusarole, rocchetti e pesi di telaio, documentato la tessitura, probabilmente legata alle esigenze della comunità.
I reperti sono depositati nei musei di Varese, Como, Gallarate e Legnano.
Le piroghe monoxili
Nel lago sono state ritrovate anche 3 piroghe, scavate da un unico tronco di legno:
La prima è stata scoperta il 10 giugno 1895 da alcuni pescatori in località Cassinella, tra il Moncucco e Travedona Monate ed è depositata al Museo Civico di Como.
Dimensioni : lunghezza m 3,22; larghezza m 0,58 a poppa e m 0,54 a prua;
all’interno è lunga m 3
La seconda venne rinvenuta nel 1900 in località imprecisata e venne depositata a Varano presso la famiglia Borghi.
Dimensioni : lunghezza m 3; larghezza m 0,63; all’interno è lunga m 2,84 e larga m 0,56.
La terza piroga fu recuperata nel 1971 ed è depositata presso i Musei Civici di Varese.
Re: Lele Comabbio da Comabbio e ... Travedona Monate
Comabbio (VA)
Il paese:
Il paese:
Circondato da una piccola catena di boscose colline di origine morenica, fra le quali culmina il caratteristico monte Pelada (m. 471 – s.m.), il paese si estende serpeggiante in una conca verde, a ridosso e quasi protetto da un piccolo colle su cui si erge la Chiesa.
Appunto alla sua posizione deve il nome di Comabbio, che si fa derivare dalla radice celtica COM (seno, insenatura).
Dista quasi egualmente da due laghi di Comabbio e di Monate, graziosi bacini della superficie di circa 3 kmq, sulle cui sponde vennero scoperte molteplici stazioni lacustri, palafitte e diversi oggetti preistorici [1].
Il territorio di Comabbio è situato in una magnifica posizione tra due suggestivi laghi glaciali di escavazione, poco profondi e calmi; si estende come una grande sella fra le alture del Monte Pelada e di S. Maria di Ternate e degrada dolcemente verso i laghi di Comabbio e Monate, con tratti di caretteristica vegetazione palustre e boschi cedui misti a robinie, castagni e quercie (dal Decreto Ministeriale 26 maggio 1972 del Ministero della Pubblica Istruzione per la dichiarazione di notevole interesse pubblico del territorio comunale di Comabbio in base alla Legge 29 giugno 1939 n. 1497).
La superficie del Comune di Comabbio è di 3.71 kmq di cui la gran parte è formato da prati e boschi.
Come risorse idriche, Comabbio possiede due bacini di raccolta dell’acqua, uno di tipo superficiale posto alle pendici del monte Pelada e uno che raccoglie acqua da un pozzo artesiano nelle pianure vicino al lago di Comabbio.
Il paese dista, come detto in precedenza, in egual misura dal lago omonimo e da quello di Monate; quest'ultimo essendo balneabile, nei mesi estivi offre un piacevole refrigerio agli abitanti e ai turisti, grazie alle organizzate spiagge messe a disposizione sia da privati che da enti pubblici. Sulle sponde è aperto anche un campeggio immerso nei boschi del bacino imbrifero.
Per chi ama invece le passeggiate nei boschi sono presenti vari percorsi ecologici di 5,10,15 e 25 chilometri. Tramite questi percorsi si può ammirare la fauna e i boschi che caratterizzano questi luoghi; inoltre si possono anche degustare i piatti tipici presso le svariate osterie e agriturismi presenti.
La pesca purtroppo è riservata ai soli residenti in possesso di regolare tesserino rilasciato dalle autorità. Tale situazione è dovuta al fatto che i diritti di pesca sul lago sono di proprietà privata. La fauna ittica comunque comprende lucci, persici, pesci sole e anche alcune specie di salmonidi pregiati come il lavarello. Adiacenti ai due laghi, per gli appassionati, sono presenti due strutture di pesca sportiva.
Il paese è attraversato dalla strada statale 696 che ne permette un rapido collegamento con l’autostrada A8 da un campo (circa 7 chilometri); mentre dall’altro porta verso le località di Laveno (20 km) e Luino (40 km). Una strada provinciale collega direttamente il paese con il capoluogo di Provincia Varese che dista circa 20 chilometri.
In questa sezione verranno illustrati i palazzi più importanti di Comabbio, le quattro Chiese esistenti e alcune opere d'arte scultoree e pittoriche.
Il palazzo Municipale
Il palazzo comunale è stato costruito negli anni trenta ed ha poi subito una completa ristrutturazione negli anni ottanta. Al suo interno, oltre agli uffici comunale ed i loro sportelli; ospita la biblioteca, una sala multimediale, gli studi dei medici di famiglia, un piccolo presidio farmaceutico e la posta.
Chiesa Parrocchiale
Ha origini antiche; il Cardinale Carlo Borromeo la visita nel 1574 come si evince da verbali delle visite pastorali. Tra il 1596 e il 1610 subisce radicali trasformazioni e assume l'attuale aspetto. La pianta rettangolare è ad una sola navata; all'interno si nota l'architrave dorata e dipinta alla fine del '500 sopra l'altare maggiore, dove è posizionato il tabernacolo in legno dorato e decorosamente scolpito; sull'altare, verso il presbiterio sono posizionati paliotti in scagliola a tre scomparti eseguiti da G.B. Rapa nel 1739. Sulla sinistra della navata, la Cappella dell'Immacolata eretta nel 1606 con l'immagine della Beata Vergine [1].
Santuario della Beata Vergine del Rosario
E' costituito da un edificio la cui forma è di tipo romanico, con il paramento esterno incompiuto, ad un'unica navata a pianta ottagonale con abside semicircolare, con una statua dorata allocata sopra un'elegante struttura lignea dell'altare secentesco, con una doppia serie di colonne lavorate a intaglio (foto interno). L'altare è decorato da paliotti in scagliola con l'immagine della Madonna del Rosario [1].
Chiesa di San Rocco
Edificata all'inizio del secolo XV, demolita e ricostruita con il medesimo disegno nel 1960 per il passaggio della strada statale 696, ospita all'interno gli affreschi strappati dalle pareti originali, che rappresentano San Rocco con San Carlo e San Sebastiano e una statua lignea policroma di San Rocco [1].
Cappella della Madonnina
Costruita sulla preesistente chiesetta di S. Macario della fine del XIV, la Cappella della Madonnina, innalzata agli inizi del secolo, custodisce una statua in legno dipinto della Madonna Addolorata [1].
Ulteriori informazioni sulle Chiese di Comabbio si possono trovare presso il sito: http://www.parrocchie.org/comabbio
Il pensatore di Comabbio
Statua di Ernesto Bazzarro situata nel giardino delle scuole elementari, in un angolo, è una figura guardinga e solitaria della statua del "Pensatore", lì posta fin dall'inaugurazione del nuovo complesso nel 1971, quando il proprietario, signor Zino Fontana, ne fece dono alla cittadinanza comabbiese. Da allora il "Pensatore" rivolge i suoi sguardi meditabondi ai giovani delle elementari, forse per invogliare anch'essi alla riflessione [2].
Altare ai caduti
Il monumento è formato da un'aquila dalle ali protese che posa sopra un alto tumulo di rozzo granito ed ha fra gli adunchi artigli i simboli delle armi che richiamano le memorabili battaglie: lo zaino, l'elmetto e la mitragliatrice [3].
La Ghiacciaia (Giazera)
La ghiacciaia di Comabbio ha una forma circolare, del diametro di circa 10 metri, profonda 10 metri ed emergente dal suolo per un metro e mezzo. Il tetto che la copre ha forma ottagonale, ed è circondata tutt'attorno da altissimi ed erbosi ippocastani. Vi si accede all'interno (foto interno) attraverso un'anticamera che proteggeva con ben tre porte la ghiacciaia dalla temperatura esterna. All'interno poi era stato costruito un fondo formato da un traliccio di travi attraversati da tavole di quercia e sollevato dal suolo per 60-70 cm, in modo da favorire il drenaggio del ghiaccio sciolto che defluiva per mezzo di un canale di scarico [4].
Artisti:
Lucio Fontana (artista di fama mondiale)
Maria Lanzetti
Re: Lele Comabbio da Comabbio e ... Travedona Monate
Foto di Travedona Monate:
1) Il borgo di Monate con il caratteristico campanile a vela (triangolare):
2) Il lago di Monate in zona "Ronchi"
3) Tipica radura sulla riva del lago presso il comune di Osmate
4) Peschi in fiore (vi ricordo che le pesche sciroppate di Travedona sono dotate di marchio IGP e si vendono solo presso il produttore [esistono prenotazioni fino alla provincia di Lodi e Novara])
5) Il castello di Monate
6) Villa Motta, sede di molte conferenze e musical comunali e sede di permanenza dei concorrenti di un noto reality scorso su Italia 1 qualche anno fa (2009?)
Qualche statistica:
Dati Istat 2007:
Popolazione F: 1948
Popolazione M: 1836
Pop. Totale: 3784 ab.
1) Il borgo di Monate con il caratteristico campanile a vela (triangolare):
2) Il lago di Monate in zona "Ronchi"
3) Tipica radura sulla riva del lago presso il comune di Osmate
4) Peschi in fiore (vi ricordo che le pesche sciroppate di Travedona sono dotate di marchio IGP e si vendono solo presso il produttore [esistono prenotazioni fino alla provincia di Lodi e Novara])
5) Il castello di Monate
6) Villa Motta, sede di molte conferenze e musical comunali e sede di permanenza dei concorrenti di un noto reality scorso su Italia 1 qualche anno fa (2009?)
Qualche statistica:
Dati Istat 2007:
Popolazione F: 1948
Popolazione M: 1836
Pop. Totale: 3784 ab.
Re: Lele Comabbio da Comabbio e ... Travedona Monate
Maurizio ha scritto:belle foto Lele! le hai fatte tu?
No, le hanno fatte alcune persone che conosco e che lavorano in comune
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