Intervista a Buzz Aldrin
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Intervista a Buzz Aldrin
Fonte: TUTTOSCIENZE, La Stampa
Quando torneremo sulla Luna? Non molto presto... e lo si dovrà fare in modo diverso rispetto alle nostre missioni Apollo».
Buzz Aldrin ha compiuto 80 anni il 20 gennaio, ma ha mantenuto tutto l’entusiasmo e la grinta dei tempi eroici di Apollo 11: l’ex pilota del modulo lunare, con cui scese sul nostro satellite assieme a Neil Armstrong il 20 luglio 1969, ha le idee chiare in un’epoca che sembra averle confuse sul futuro dell’esplorazione spaziale. L’ultimo «show» l’ha fatto l’altro giorno ad Avezzano, in provincia dell'Aquila (la città che ha lo stesso nome del modulo lunare «Eagle»), invitato in Italia dalle associazioni «Il cielo di Argoli» e «Terre di confine».
Un modellino del celebre «Lem» cade dal tavolino e lui con uno scatto lo riprende, lo alza e lo fa discendere lentamente, simulando la fantastica e drammatica discesa di quella notte di 41 anni fa che paralizzò il mondo davanti a radio e tv. «Nel 2004 fu avviato un programma per riportarci sulla Luna entro il 2020 - spiega - ma non era poi molto diverso dall'Apollo, sebbene più complesso: la differenza era che per lanciare la navicella principale, e poi il modulo lunare, erano necessari 2 lanci di 2 razzi diversi. Apollo, invece, lo poteva fare con il solo Saturno V. Ecco perché ora si è deciso di rivedere tutto: l’amministrazione Obama vuole nuove risposte già entro la fine dell’anno».
Intanto, però, gli Usa rischiano di essere presi in contropiede da Cina e India: che cosa pensa di questo ritardo?
«Credo sia giusto che Cina e India tentino una strada che per loro è nuova. Ma non per noi, che l'esplorazione lunare iniziale l'abbiamo già portata a termine. Se dobbiamo tornarci, dobbiamo farlo con l'obiettivo di creare una base stabile, anche per sfruttare le risorse minerarie».
E poi c'è Marte, la «nuova frontiera» che Obamaha caldeggiato nell’ultimo discorso sul futuro dell'esplorazione spaziale. Sarà possibile raggiungerlo con un equipaggio umano?
«Credo di sì, nel 2040. Ma quella per Marte è una missione complessa che va sviluppata a tappe e con il lancio di diversi tipi di veicoli, sia cargo automatici per il trasporto di materiali e habitat sia navicelle, più piccole, per l'invio degli equipaggi».
In pratica come avverrebbe la spedizione?
«Arrivare direttamente su Marte può essere troppo complesso e quindi credo sia importante sfruttare Phobos, una delle sue lune, come base d'appoggio prima dell'arrivo sul Pianeta Rosso. Dopo un anno di permanenza lì, gli astronauti potrebbero sbarcare finalmente su Marte, con maggiori garanzie di sicurezza. Phobos, inoltre, potrà essere sfruttata come un “magazzino” per i materiali e i rifornimenti».
Saranno necessari nuovimetodi di propulsione?
«Questo è un problema secondario, quello principale riguarda le risorse finanziarie. Poi un metodo per arrivarci si troverà di sicuro».
Intanto, Nasa a parte, Obama crede molto nel contributo dei privati. E lei?
«Sì, ma solo per ciò che concerne la spola tra la Terra e le orbite intorno a noi. Sarà sempre la Nasa, invece, a occuparsi dell'esplorazione vera e propria e quindi dei progetti Luna e Marte e delle sonde. Nel frattempo abbiamo completato la Stazione spaziale ed è giusto sfruttare le sue grandi potenzialità fino al 2020 e oltre». Ma dal prossimo anno non potrà più essere raggiunta da uno shuttle americano: che cosa succederà? «In effetti per un po' dovremo affidarci alla Sojuz russa».
L’anno scorso il mondo ha celebrato i 40 anni del primo allunaggio: è vero che, nonostante l’adrenalina, dormì mentre era sulla Luna? «Sì,mapoco poco [in italiano]».
Poi celebrò un rito, è vero?
«Sì, da appartenente alla chiesa presbiteriana celebrai un breve rito religioso. Ma fu fatto al di fuori delle comunicazioni radio per rispetto agli appartenenti delle altre religioni. Noi eravamo arrivati lassù in pace per tutta l'umanità, come recitava la targhetta sul Lem e come rappresentato dallo stemma della missione: il ramoscello d’ulivo tenuto dall’aquila che si posa sulla Luna».
Un ricordo che non l’abbandona?
«Il rientro verso la Terra: dopo l'attraversamento dell’atmosfera, il black-out nelle comunicazioni e la decelerazione che fece aumentare di 5-6 volte il peso del nostro corpo, finalmente vedemmo il blu del cielo e a 7 chilometri d’altezza confermammo l'apertura dei paracadute. La sensazione più bella, dopo l'ammaraggio, fu sentire l'odore del mare, perché dopo 8 giorni tra aria artificiale di Apollo, Lem e scafandri, e dopo aver sentito persino l'odore della polvere lunare attaccata alle nostre tute, simile a quello della cenere o del carbone, il profumo dell'acqua era la conferma che da qualche parte eravamo arrivati. Ed eravamo arrivati nel posto giusto...».
Buzz Aldrin Astronauta
RUOLO: IN ORBITACONLA GEMINI 12, NEL 1966, E’ PARTE DELL'EQUIPAGGIO DI RISERVA DELL'APOLLO 8. VIENE ASSEGNATOADAPOLLO 11 COMEPILOTA DEL LEME SBARCA SULLALUNA IL 20 LUGLIO 1969
Quando torneremo sulla Luna? Non molto presto... e lo si dovrà fare in modo diverso rispetto alle nostre missioni Apollo».
Buzz Aldrin ha compiuto 80 anni il 20 gennaio, ma ha mantenuto tutto l’entusiasmo e la grinta dei tempi eroici di Apollo 11: l’ex pilota del modulo lunare, con cui scese sul nostro satellite assieme a Neil Armstrong il 20 luglio 1969, ha le idee chiare in un’epoca che sembra averle confuse sul futuro dell’esplorazione spaziale. L’ultimo «show» l’ha fatto l’altro giorno ad Avezzano, in provincia dell'Aquila (la città che ha lo stesso nome del modulo lunare «Eagle»), invitato in Italia dalle associazioni «Il cielo di Argoli» e «Terre di confine».
Un modellino del celebre «Lem» cade dal tavolino e lui con uno scatto lo riprende, lo alza e lo fa discendere lentamente, simulando la fantastica e drammatica discesa di quella notte di 41 anni fa che paralizzò il mondo davanti a radio e tv. «Nel 2004 fu avviato un programma per riportarci sulla Luna entro il 2020 - spiega - ma non era poi molto diverso dall'Apollo, sebbene più complesso: la differenza era che per lanciare la navicella principale, e poi il modulo lunare, erano necessari 2 lanci di 2 razzi diversi. Apollo, invece, lo poteva fare con il solo Saturno V. Ecco perché ora si è deciso di rivedere tutto: l’amministrazione Obama vuole nuove risposte già entro la fine dell’anno».
Intanto, però, gli Usa rischiano di essere presi in contropiede da Cina e India: che cosa pensa di questo ritardo?
«Credo sia giusto che Cina e India tentino una strada che per loro è nuova. Ma non per noi, che l'esplorazione lunare iniziale l'abbiamo già portata a termine. Se dobbiamo tornarci, dobbiamo farlo con l'obiettivo di creare una base stabile, anche per sfruttare le risorse minerarie».
E poi c'è Marte, la «nuova frontiera» che Obamaha caldeggiato nell’ultimo discorso sul futuro dell'esplorazione spaziale. Sarà possibile raggiungerlo con un equipaggio umano?
«Credo di sì, nel 2040. Ma quella per Marte è una missione complessa che va sviluppata a tappe e con il lancio di diversi tipi di veicoli, sia cargo automatici per il trasporto di materiali e habitat sia navicelle, più piccole, per l'invio degli equipaggi».
In pratica come avverrebbe la spedizione?
«Arrivare direttamente su Marte può essere troppo complesso e quindi credo sia importante sfruttare Phobos, una delle sue lune, come base d'appoggio prima dell'arrivo sul Pianeta Rosso. Dopo un anno di permanenza lì, gli astronauti potrebbero sbarcare finalmente su Marte, con maggiori garanzie di sicurezza. Phobos, inoltre, potrà essere sfruttata come un “magazzino” per i materiali e i rifornimenti».
Saranno necessari nuovimetodi di propulsione?
«Questo è un problema secondario, quello principale riguarda le risorse finanziarie. Poi un metodo per arrivarci si troverà di sicuro».
Intanto, Nasa a parte, Obama crede molto nel contributo dei privati. E lei?
«Sì, ma solo per ciò che concerne la spola tra la Terra e le orbite intorno a noi. Sarà sempre la Nasa, invece, a occuparsi dell'esplorazione vera e propria e quindi dei progetti Luna e Marte e delle sonde. Nel frattempo abbiamo completato la Stazione spaziale ed è giusto sfruttare le sue grandi potenzialità fino al 2020 e oltre». Ma dal prossimo anno non potrà più essere raggiunta da uno shuttle americano: che cosa succederà? «In effetti per un po' dovremo affidarci alla Sojuz russa».
L’anno scorso il mondo ha celebrato i 40 anni del primo allunaggio: è vero che, nonostante l’adrenalina, dormì mentre era sulla Luna? «Sì,mapoco poco [in italiano]».
Poi celebrò un rito, è vero?
«Sì, da appartenente alla chiesa presbiteriana celebrai un breve rito religioso. Ma fu fatto al di fuori delle comunicazioni radio per rispetto agli appartenenti delle altre religioni. Noi eravamo arrivati lassù in pace per tutta l'umanità, come recitava la targhetta sul Lem e come rappresentato dallo stemma della missione: il ramoscello d’ulivo tenuto dall’aquila che si posa sulla Luna».
Un ricordo che non l’abbandona?
«Il rientro verso la Terra: dopo l'attraversamento dell’atmosfera, il black-out nelle comunicazioni e la decelerazione che fece aumentare di 5-6 volte il peso del nostro corpo, finalmente vedemmo il blu del cielo e a 7 chilometri d’altezza confermammo l'apertura dei paracadute. La sensazione più bella, dopo l'ammaraggio, fu sentire l'odore del mare, perché dopo 8 giorni tra aria artificiale di Apollo, Lem e scafandri, e dopo aver sentito persino l'odore della polvere lunare attaccata alle nostre tute, simile a quello della cenere o del carbone, il profumo dell'acqua era la conferma che da qualche parte eravamo arrivati. Ed eravamo arrivati nel posto giusto...».
Buzz Aldrin Astronauta
RUOLO: IN ORBITACONLA GEMINI 12, NEL 1966, E’ PARTE DELL'EQUIPAGGIO DI RISERVA DELL'APOLLO 8. VIENE ASSEGNATOADAPOLLO 11 COMEPILOTA DEL LEME SBARCA SULLALUNA IL 20 LUGLIO 1969
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