Laguna Seca, Rossi terzo
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Laguna Seca, Rossi terzo
Fonte: La Stampa
Per più di metà gara è sembrato umano anche lui, comprensibilmente convalescente e in difficoltà. Poi, complice una dormitina in tutta tranquillità del quieto Dovizioso, eterno bravino della MotoGp, Valentino Rossi ha deciso che un altro quarto posto non gli bastava. Al Sachsenring aveva avuto il sapore dell’impresa, a Laguna Seca sarebbe sembrato il frutto di una sofferenza. Così ha limato il gap dalla seconda guida Honda e al 27° giro è salito virtualmente sul podio. Ha difeso la posizione fino alla fine, nei cinque giri conclusivi che sono stati la parte migliore di un gran premio non esaltante (anche se era cominciato bene). Al termine delle 32 tornate, Rossi era distrutto: «Ho fatto veramente fatica, il podio era l’obiettivo massimo. Credevo fosse dura, non così tanto però. Laguna Seca è una delle piste più difficili, dovrei festeggiare ma non ne ho la forza. Mi fa male tutto, sono sfinito». Quando si era spezzato tibia e perone al Mugello, lo scorso 5 giugno, immaginarlo sul podio neanche due mesi dopo sarebbe sembrato pieno azzardo. E invece.
Se Rossi torna tra i grandi, chi ci sta bello largo e a suo agio è Lorenzo. Dopo Alonso e Contador nel pomeriggio, Jorge nella notte: la Spagna continua a dominare. Gli unici problemi del pilota Yamaha sono scenografici. Di per sé non sa esultare, scimmiotta un po’ tristemente gli sketch (vecchi di dieci anni) di Rossi e ieri ha sfoderato un’altra volta il completino argentato da astronauta. Oltretutto, sul podio californiano, ha dovuto pure subire una beffa surreale. Durante la premiazione, invece dell’inno spagnolo è partito quello di Mameli per dieci secondi: Rossi si è messo a ridere, Lorenzo aveva la faccia di uno pronto a strozzare il mondo. O anche solo chi aveva osato rovinargli la celebrazione.
Dettagli. Il Mondiale 2010 era già chiuso da un pezzo (dopo il crac alla gamba di Valentino, per l’esattezza), ma se qualcuno nutriva ancora dubbi sull’esito finale della lotta per il titolo, a Laguna Seca ha dovuto accettare che d’ora in avanti la suspense sarà sotto i livelli minimi di decenza. Lorenzo ha 72 punti di vantaggio - un’enormità - sul secondo in classifica. Ovvero Dani Pedrosa, quello che poteva realizzare il secondo capolavoro consecutivo (dopo l’apoteosi al Sachsenring), ma ha preferito rovinare tutto con una caduta. «Camomillo» era partito nuovamente meglio di tutti, portandosi davanti a Stoner, Spies e Dovizioso (solo quinto Lorenzo). Ha tenuto un ritmo d’inferno per 10 giri, come in Germania. L’unico che sembrava restargli in scia era Stoner. Poi, a conferma che Lorenzo è il più forte della stagione ma anche gli altri ci mettono del loro per rendergli le cose facili, il doppio patatrac: Stoner è arrivato larghissimo alla curva 2 al sesto giro, perdendo terreno mai più recuperabile. Quindi la caduta di Pedrosa, evidentemente costretto a girare come un satanasso per mantenere la leadership.
A quel punto, a neanche metà gara, Lorenzo ha potuto fare la cosa che gli viene meglio: controllare (e controllarsi). La cosa sconcertante è la sua gestione: di assoluta tranquillità. Mai un errore, mai una sbavatura. Gli altri si dannavano per sfiorare il muro dell’1’22”, lui lo abbatteva con agio. È in stato di grazia, gli va tutto bene e rende facili le cose difficili: le caratteristiche del campione.
Se infine Stoner ha conseguito un buon secondo posto, miglior piazzamento del suo 2010, merita un accenno conclusivo Andrea Dovizioso. Il ragazzo era terzo con un margine considerevole su Rossi. Con il compagno-rivale era caduto, bastava non addormentarsi per salire sul podio. Non si sa bene come, Dovizioso ha invece perso tutto il margine sul Dottore, si è fatto bastonare e all’ultimo giro per poco non si faceva superare anche da Hayden: difficile, nonostante i limiti di Pedrosa, che la Honda punti su di lui l’anno prossimo. La MotoGp si ferma ora tre settimane, per riprendere a Brno a Ferragosto. Rossi, che in Repubblica Ceca dovrebbe ufficializzare il passaggio in Ducati, ha promesso di presentarsi al meglio, ma anche così è un bel vedere.
Per più di metà gara è sembrato umano anche lui, comprensibilmente convalescente e in difficoltà. Poi, complice una dormitina in tutta tranquillità del quieto Dovizioso, eterno bravino della MotoGp, Valentino Rossi ha deciso che un altro quarto posto non gli bastava. Al Sachsenring aveva avuto il sapore dell’impresa, a Laguna Seca sarebbe sembrato il frutto di una sofferenza. Così ha limato il gap dalla seconda guida Honda e al 27° giro è salito virtualmente sul podio. Ha difeso la posizione fino alla fine, nei cinque giri conclusivi che sono stati la parte migliore di un gran premio non esaltante (anche se era cominciato bene). Al termine delle 32 tornate, Rossi era distrutto: «Ho fatto veramente fatica, il podio era l’obiettivo massimo. Credevo fosse dura, non così tanto però. Laguna Seca è una delle piste più difficili, dovrei festeggiare ma non ne ho la forza. Mi fa male tutto, sono sfinito». Quando si era spezzato tibia e perone al Mugello, lo scorso 5 giugno, immaginarlo sul podio neanche due mesi dopo sarebbe sembrato pieno azzardo. E invece.
Se Rossi torna tra i grandi, chi ci sta bello largo e a suo agio è Lorenzo. Dopo Alonso e Contador nel pomeriggio, Jorge nella notte: la Spagna continua a dominare. Gli unici problemi del pilota Yamaha sono scenografici. Di per sé non sa esultare, scimmiotta un po’ tristemente gli sketch (vecchi di dieci anni) di Rossi e ieri ha sfoderato un’altra volta il completino argentato da astronauta. Oltretutto, sul podio californiano, ha dovuto pure subire una beffa surreale. Durante la premiazione, invece dell’inno spagnolo è partito quello di Mameli per dieci secondi: Rossi si è messo a ridere, Lorenzo aveva la faccia di uno pronto a strozzare il mondo. O anche solo chi aveva osato rovinargli la celebrazione.
Dettagli. Il Mondiale 2010 era già chiuso da un pezzo (dopo il crac alla gamba di Valentino, per l’esattezza), ma se qualcuno nutriva ancora dubbi sull’esito finale della lotta per il titolo, a Laguna Seca ha dovuto accettare che d’ora in avanti la suspense sarà sotto i livelli minimi di decenza. Lorenzo ha 72 punti di vantaggio - un’enormità - sul secondo in classifica. Ovvero Dani Pedrosa, quello che poteva realizzare il secondo capolavoro consecutivo (dopo l’apoteosi al Sachsenring), ma ha preferito rovinare tutto con una caduta. «Camomillo» era partito nuovamente meglio di tutti, portandosi davanti a Stoner, Spies e Dovizioso (solo quinto Lorenzo). Ha tenuto un ritmo d’inferno per 10 giri, come in Germania. L’unico che sembrava restargli in scia era Stoner. Poi, a conferma che Lorenzo è il più forte della stagione ma anche gli altri ci mettono del loro per rendergli le cose facili, il doppio patatrac: Stoner è arrivato larghissimo alla curva 2 al sesto giro, perdendo terreno mai più recuperabile. Quindi la caduta di Pedrosa, evidentemente costretto a girare come un satanasso per mantenere la leadership.
A quel punto, a neanche metà gara, Lorenzo ha potuto fare la cosa che gli viene meglio: controllare (e controllarsi). La cosa sconcertante è la sua gestione: di assoluta tranquillità. Mai un errore, mai una sbavatura. Gli altri si dannavano per sfiorare il muro dell’1’22”, lui lo abbatteva con agio. È in stato di grazia, gli va tutto bene e rende facili le cose difficili: le caratteristiche del campione.
Se infine Stoner ha conseguito un buon secondo posto, miglior piazzamento del suo 2010, merita un accenno conclusivo Andrea Dovizioso. Il ragazzo era terzo con un margine considerevole su Rossi. Con il compagno-rivale era caduto, bastava non addormentarsi per salire sul podio. Non si sa bene come, Dovizioso ha invece perso tutto il margine sul Dottore, si è fatto bastonare e all’ultimo giro per poco non si faceva superare anche da Hayden: difficile, nonostante i limiti di Pedrosa, che la Honda punti su di lui l’anno prossimo. La MotoGp si ferma ora tre settimane, per riprendere a Brno a Ferragosto. Rossi, che in Repubblica Ceca dovrebbe ufficializzare il passaggio in Ducati, ha promesso di presentarsi al meglio, ma anche così è un bel vedere.
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