1° Semifinale: Uruguay-Olanda 2-3
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1° Semifinale: Uruguay-Olanda 2-3
Uruguay 2 - Olanda 3
Marcatori:
18' Van Bronckhorst (O)
41' Forlan (U)
70' Sneijder (O)
73' Robben (O)
92' M. Pereira (U)
Fonte: LA STAMPA.it
Come era nei voti, l’Olanda macina a fuoco lento l’Uruguay e si qualifica, non proprio in bellezza ma quasi, per la finale della Coppa del Mondo. È un risultato che stappa tre «bottiglie»: 1) avremo, come nell’ultima edizione, una «bella» tutta europea (Olanda contro Germania o Spagna); 2) un’europea, finalmente, conquisterà il titolo lontano da casa; 3) il vecchio continente staccherà il Sud America (dieci a nove, comunque vada). Insomma: più che le emozioni, relative, poterono le conseguenze e le ricorrenze. Sul verdetto, globalmente non iniquo, pesa l’ombra del fuorigioco che ha suggellato il gol, cruciale, di Sneijder. Da una parte, Suarez e Fucile squalificati, Lodeiro infortunato e Lugano in panchina legato con lo spago; dall’altra, De Jong e Van der Wiel sospesi.
Non è lieve, l’emergenza alla quale deve far fronte Tabarez, costretto a saccheggiare il pronto soccorso del nostro campionato: da Caceres, juventino, a Gargano del Napoli e Cavani del Palermo. E poi il modulo, dal 4-3-1-2 della vocazione al 4-4-2 buono per ogni cerimonia. L’Olanda sa di essere favorita, e si cala nel ruolo con il fastidio del pompiere stanco di finire con il cerino in mano. Per questo, fiuta l’avversario facendogli il verso. A Caceres, titolare della fascia sinistra, toccano Robben e Kuyt, a turno: non proprio il massimo, per una pecorella smarrita. In circostanze di così acclarato piattume, è l’episodio a spaccare l’equilibrio: non Cavani ammanettato da un fuorigioco fasullo, e nemmeno Sneijder, servito da Caceres e murato da Van Persie. Né l’uno né l’altro. Giovanni Van Bronckhorst, 35 anni, capitano di lungo corso e lunghissimo tiro. Siamo fuori area, il sinistro del guerriero batavo aggira, confonde e folgora un Muslera dormiente.
Caceres affetta De Zeeuw (portato in ospedale per una presunta frattura alla mascella), Sneijder smanaccia Caceres, Van Bronckhorst sbraccia Cavani: la partita si è svegliata. Sono cavoli della Celeste, adesso. Gargano e Arevalo cercano di scuoterne la flemma, Forlan e Cavani fanno coppia ma non reparto. Solo che Forlan è Forlan; e il suo mancino, non meno letale di quello di Van Bronckhorst. Da capitano a capitano, olandesi a passeggio, posizione centrale, Stekelenburg un po’ fuori e parabola infìda. Due frittate, due gol: non il calcio di ieri o di domani, il calcio di sempre. L’Uruguay gioca come gli garba, a non far giocare, è l’Olanda che non riesce ad accendere i suoi satanassi: Robben, Van Persie, Sneijder. In una sfida di mediocre livello tecnico, l’improvviso vantaggio l’ha come saziata: un classico.
Van Marwijk, scocciato, licenzia il periferico De Zeeuw e, con il piede caldo di Van der Vaart, sbilancia l’assetto: o la va o la spacca. Andrà. I Victorino e i Godin mulinano la scimitarra, i due Pereira e Perez blindano gli spazi: l’invito, all’Olanda, è di provarci comunque. E l’Olanda ci prova: con presunzione, però. Tanto che una stravagante telefonatina di Boulahrouz per poco non spalanca la porta a Cavani. Aver battuto il Brasile non significa essere sbarcati sulla luna. Tabarez tiene l’Uruguay sempre in partita, attaccato al risultato, incollato ai Mathijsen e ai Kuyt. Gli orange sono lenti, nel recapitare il pallone al fronte, ma in questo Mondiale a Sneijder riesce proprio tutto, anche quando chiude gli occhi e preme il grilletto.
E così, dopo una punizione di Forlan deviata da Stekelenburg, e una paratona di Muslera su Van der Vaart, ecco il dio delle carambole baciare il destro di Wesley: prima Maxi Pereira, poi (forse) Victorino, con Van Persie, sulla traiettoria, in fuorigioco sinceramente attivo. La solita storia: questione di centimetri e di natiche. L’uzbeko Irmatov si conferma un signor arbitro, anche se questi sono episodi, di competenza degli assistenti, che spostano montagne. La partita finisce lì, su quel tiro «tamponato» di Sneijder. L’Olanda capisce che l’Uruguay non ne ha più e insiste. Cross di Kuyt, testa di Robben dal cuore dell’area, lui che centravanti non è: Muslera non si tuffa nemmeno. Due colpi di pistola nel giro di tre minuti, un’esecuzione in piena regola. Ha vinto la squadra più forte (16º successo consecutivo), anche se stavolta sono stati gli episodi, e non il gioco, a trascinarla oltre l’avversario.
La sventola di Maxi Pereira, agli sgoccioli degli sgoccioli, rende onore all’orgoglio uruguagio. Due gol di scarto sarebbero stati troppi, giusto così. Per l’Olanda, è la terza finale. Con la differenza che, questa volta, non affronterà i padroni di casa come in Germania e in Argentina.
Marcatori:
18' Van Bronckhorst (O)
41' Forlan (U)
70' Sneijder (O)
73' Robben (O)
92' M. Pereira (U)
Fonte: LA STAMPA.it
Come era nei voti, l’Olanda macina a fuoco lento l’Uruguay e si qualifica, non proprio in bellezza ma quasi, per la finale della Coppa del Mondo. È un risultato che stappa tre «bottiglie»: 1) avremo, come nell’ultima edizione, una «bella» tutta europea (Olanda contro Germania o Spagna); 2) un’europea, finalmente, conquisterà il titolo lontano da casa; 3) il vecchio continente staccherà il Sud America (dieci a nove, comunque vada). Insomma: più che le emozioni, relative, poterono le conseguenze e le ricorrenze. Sul verdetto, globalmente non iniquo, pesa l’ombra del fuorigioco che ha suggellato il gol, cruciale, di Sneijder. Da una parte, Suarez e Fucile squalificati, Lodeiro infortunato e Lugano in panchina legato con lo spago; dall’altra, De Jong e Van der Wiel sospesi.
Non è lieve, l’emergenza alla quale deve far fronte Tabarez, costretto a saccheggiare il pronto soccorso del nostro campionato: da Caceres, juventino, a Gargano del Napoli e Cavani del Palermo. E poi il modulo, dal 4-3-1-2 della vocazione al 4-4-2 buono per ogni cerimonia. L’Olanda sa di essere favorita, e si cala nel ruolo con il fastidio del pompiere stanco di finire con il cerino in mano. Per questo, fiuta l’avversario facendogli il verso. A Caceres, titolare della fascia sinistra, toccano Robben e Kuyt, a turno: non proprio il massimo, per una pecorella smarrita. In circostanze di così acclarato piattume, è l’episodio a spaccare l’equilibrio: non Cavani ammanettato da un fuorigioco fasullo, e nemmeno Sneijder, servito da Caceres e murato da Van Persie. Né l’uno né l’altro. Giovanni Van Bronckhorst, 35 anni, capitano di lungo corso e lunghissimo tiro. Siamo fuori area, il sinistro del guerriero batavo aggira, confonde e folgora un Muslera dormiente.
Caceres affetta De Zeeuw (portato in ospedale per una presunta frattura alla mascella), Sneijder smanaccia Caceres, Van Bronckhorst sbraccia Cavani: la partita si è svegliata. Sono cavoli della Celeste, adesso. Gargano e Arevalo cercano di scuoterne la flemma, Forlan e Cavani fanno coppia ma non reparto. Solo che Forlan è Forlan; e il suo mancino, non meno letale di quello di Van Bronckhorst. Da capitano a capitano, olandesi a passeggio, posizione centrale, Stekelenburg un po’ fuori e parabola infìda. Due frittate, due gol: non il calcio di ieri o di domani, il calcio di sempre. L’Uruguay gioca come gli garba, a non far giocare, è l’Olanda che non riesce ad accendere i suoi satanassi: Robben, Van Persie, Sneijder. In una sfida di mediocre livello tecnico, l’improvviso vantaggio l’ha come saziata: un classico.
Van Marwijk, scocciato, licenzia il periferico De Zeeuw e, con il piede caldo di Van der Vaart, sbilancia l’assetto: o la va o la spacca. Andrà. I Victorino e i Godin mulinano la scimitarra, i due Pereira e Perez blindano gli spazi: l’invito, all’Olanda, è di provarci comunque. E l’Olanda ci prova: con presunzione, però. Tanto che una stravagante telefonatina di Boulahrouz per poco non spalanca la porta a Cavani. Aver battuto il Brasile non significa essere sbarcati sulla luna. Tabarez tiene l’Uruguay sempre in partita, attaccato al risultato, incollato ai Mathijsen e ai Kuyt. Gli orange sono lenti, nel recapitare il pallone al fronte, ma in questo Mondiale a Sneijder riesce proprio tutto, anche quando chiude gli occhi e preme il grilletto.
E così, dopo una punizione di Forlan deviata da Stekelenburg, e una paratona di Muslera su Van der Vaart, ecco il dio delle carambole baciare il destro di Wesley: prima Maxi Pereira, poi (forse) Victorino, con Van Persie, sulla traiettoria, in fuorigioco sinceramente attivo. La solita storia: questione di centimetri e di natiche. L’uzbeko Irmatov si conferma un signor arbitro, anche se questi sono episodi, di competenza degli assistenti, che spostano montagne. La partita finisce lì, su quel tiro «tamponato» di Sneijder. L’Olanda capisce che l’Uruguay non ne ha più e insiste. Cross di Kuyt, testa di Robben dal cuore dell’area, lui che centravanti non è: Muslera non si tuffa nemmeno. Due colpi di pistola nel giro di tre minuti, un’esecuzione in piena regola. Ha vinto la squadra più forte (16º successo consecutivo), anche se stavolta sono stati gli episodi, e non il gioco, a trascinarla oltre l’avversario.
La sventola di Maxi Pereira, agli sgoccioli degli sgoccioli, rende onore all’orgoglio uruguagio. Due gol di scarto sarebbero stati troppi, giusto così. Per l’Olanda, è la terza finale. Con la differenza che, questa volta, non affronterà i padroni di casa come in Germania e in Argentina.
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