Primarie PD, dibattito acceso
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Primarie PD, dibattito acceso
Fonte: La Stampa
È scontro nella sfida televisiva su Youdem tra i candidati alla guida del Pd sul valore del voto alle primarie. Da una parte Franceschini e Bersani pronti al lodo Marini-Scalfari, dall’altra Marino che chiede il rispetto alla lettera delle regole e, quindi, la conferma del ballottaggio in caso nessuno raggiunga il 50%.
Per Pierluigi Bersani saranno i icittadini a scegliere già domenica. «Le primarie - ha detto - sono un’esperienza preziosa che si collega al lavoro degli iscritti. I cittadini decideranno perchè ci sia l’affermazione di uno di noi in prima battuta. Altrimenti c’è il ballottaggio, quelle sono le regole, che vanno rispettate. Poi però c’è la politica. Ma vedrete che i cittadini risolveranno da loro». Dario Franceschini ha assicurato che se sarà eletto segretario non toglierà «mai ai cittadini il diritto di scegliere il segretario. Chi il 25 ottobre prenderà un voto in più degli altri diventerà segretario e avrà il sostego leale di tutti gli altri. Ce lo aveva chiesto Marino con una lettera il 5 ottobre, spero non abbia cambiato idea e accetti questo principio trasparente».
Ma Marino non accetta e conferma la sua richiesta di ballottaggio. «Ho un’idea diversa, le regole non si cambiano in corsa. Se si volevano cambiare le regole, non si fa davanti a un caffè, si poteva proporre domenica al congresso degli iscritti. L’idea quindi, dopo un consulto con la mia base, è di rispettare le regole fino in fondo. Non voglio essere l’ago della bilancia, come mi accusate di pensare, lo dite perchè siete intrisi di un antico modo di far politica mentre io voglio correre per portare le mie idee e fare un confronto veramente politico». Franceschini getta acqua sul fuoco: «Chiunque avrà vinto avrà il sostegno leale di tutti gli altri. Questa è la garanzia che dobbiamo dare.
Diversi anche gli accenti sull’attualità politica. «Se sarò rieletto segretario mi impegno a fare una opposizione più ferma e intransigente e mi metterò di traverso con tutte le mie forze per evitare una nuova nuova stagione di inciuci, sorrisi e pacche sulle spalle», ha detto Franceschini: non si può fare accordi con chi «calpesta le regole, il Parlamento, gli organi di garanzia». Per Bersani: «Il più grande anti-berlusconiano è chi lo manda a casa» e per farlo serve «una grande alleanza». Marino insiste sulla laicità: «Se non credi nell’uguaglianza delle persone non puoi stare nel Pd e perchè quelli che non si sentono laici dentro il cuore a questo giro non li lasciamo a casa? La Binetti doveva essere lasciata a casa due anni fa» quando creò problemi con il suo voto sulla sopravvivenza del governo Prodi.
Re: Primarie PD, dibattito acceso
Fonte La Stampa
Se Dario Franceschini domenica sera verrà confermato dal popolo delle primarie segretario del Pd avrà come suo vice il deputato, originario del Congo, Leonard Touadi. Sarebbe la prima volta di un dirigente politico di colore.
Una scelta che Franceschini spiega così: «Il Pd è nato per cambiare il Paese non per affrontare le elezioni successive. Per questo deve essere un partito che guarda al futuro anche sfidando il consenso, attraverso scelte difficili. Una di queste sfide alla destra si gioca sui valori e tra le battaglie più importanti per il Pd c’è quella di prepararsi ad essere una società multietnica in cui finalmente si rompe questo legame tra criminalità e migrazione. È una battaglia culturale e il Pd deve raccoglierla», argomenta Franceschini.
L’attuale segretario dice di aver scelto come suo vice Touadi «perchè è un intellettuale ma anche perchè è nero e lo dico senza ipocrisie. È un modo questo per sfidare la destra». Touadi ha 50 anni, è nato in Congo e dal 1986 è cittadino italiano. È stato giornalista alla Rai dove ha condotto il programma "Un mondo a colori" ed è professore universitario: attualmente insegna geografia dello sviluppo a Roma, all’università di Tor Vergata. Prima di essere eletto parlamentare del Partito democratico è stato assessore con Walter Veltroni alle politiche giovanili e alla sicurezza al Comune di Roma. «Accetto volentieri la proposta di Franceschini -dice Touadi- io ho sempre evitato come la peste di entrare in quel gioco per cui chi è nero diventa folcloristico. Certo, non sfugge a nessuno che non sono nato a Trastevere, ma sento l’Italia come il mio Paese».
Se Dario Franceschini domenica sera verrà confermato dal popolo delle primarie segretario del Pd avrà come suo vice il deputato, originario del Congo, Leonard Touadi. Sarebbe la prima volta di un dirigente politico di colore.
Una scelta che Franceschini spiega così: «Il Pd è nato per cambiare il Paese non per affrontare le elezioni successive. Per questo deve essere un partito che guarda al futuro anche sfidando il consenso, attraverso scelte difficili. Una di queste sfide alla destra si gioca sui valori e tra le battaglie più importanti per il Pd c’è quella di prepararsi ad essere una società multietnica in cui finalmente si rompe questo legame tra criminalità e migrazione. È una battaglia culturale e il Pd deve raccoglierla», argomenta Franceschini.
L’attuale segretario dice di aver scelto come suo vice Touadi «perchè è un intellettuale ma anche perchè è nero e lo dico senza ipocrisie. È un modo questo per sfidare la destra». Touadi ha 50 anni, è nato in Congo e dal 1986 è cittadino italiano. È stato giornalista alla Rai dove ha condotto il programma "Un mondo a colori" ed è professore universitario: attualmente insegna geografia dello sviluppo a Roma, all’università di Tor Vergata. Prima di essere eletto parlamentare del Partito democratico è stato assessore con Walter Veltroni alle politiche giovanili e alla sicurezza al Comune di Roma. «Accetto volentieri la proposta di Franceschini -dice Touadi- io ho sempre evitato come la peste di entrare in quel gioco per cui chi è nero diventa folcloristico. Certo, non sfugge a nessuno che non sono nato a Trastevere, ma sento l’Italia come il mio Paese».
Re: Primarie PD, dibattito acceso
Fonte: La Stampa
Vai a capire quanta gente voterà domani alle primarie del Pd. Nessuno - né i politici né i sondaggisti - riesce a prevederlo e il primo effetto di questo spaesamento è curioso: gli istituti di ricerca non vogliono esporsi, chiedono ai committenti che le loro previsioni restino riservate. Ma i sondaggi ci sono, eccome se ci sono. Per diverse settimane sono rimasti nascosti nei cassetti, ma a 24 ore dal voto, trapela qualcosa di più preciso.
Dallo staff di Pierluigi Bersani si fa sapere che i sondaggi in loro possesso indicano l’ex ministro dello Sviluppo Economico costantemente in testa, «da agosto fino ad oggi, con una percentuale che resta superiore al 50%». Dallo staff di Dario Franceschini si controbatte che le rilevazioni di un «autorevole istituto» segnalano una rimonta del segretario uscente, al ritmo di due punti a settimana negli ultimi 20 giorni e che l’ultimo report dà in equilibrio i due principali sfidanti.
Entrambi sotto il 50%, ma tra loro distaccati di percentuali irrisorie. Sondaggio sorprendente quello nelle mani dello staff di Franceschini, ma che immagina una platea di elettori superiore al milione e mezzo, traguardo al momento imponderabile. E non è certo casuale l’auspicio di Pierluigi Bersani: «Sarà un grande risultato se voteranno un milione e mezzo o due milioni di persone». Quattro anni fa, nell’ottobre del 2005, in occasione delle prime primarie, quelle che incoronarono Prodi come anti-Berlusconi, i votanti dichiarati furono 4 milioni e 300 mila. Due anni dopo, nelle Primarie di Veltroni, gli elettori dichiarati furono 3 milioni e 500 mila.
Ma in entrambe le occasioni è sempre restato il sospetto (mai dimostrato, mai fugato) di un effetto-doping sul numero complessivo dei votanti, ferme restando le percentuali per i diversi concorrenti. Domani mattina i diecimila seggi distribuiti in tutta Italia apriranno i battenti alle 7 del mattino e chiuderanno la sera alle 20, ed è prevedibile che attorno alle 23 si abbia a disposizione un campione tale da far capire se si andrà a un testa a testa, oppure se uno dei candidati sia così nettamente in vantaggio da far capire in anticipo l’esito finale.
E a conclusione di una campagna elettorale specialmente corretta, soprattutto tra i tre sfidanti, affiorano cadute di stile, slogan radenti. Nel fronte-Franceschini, è Piero Fassino che si è assunto l’onere di mettere in chiaro quel che è stato il vero messaggio subliminale della mozione: «Franceschini è l’unico candidato che possa garantire davvero la sopravvivenza del Pd». E quanto all’ex premier Massimo D’Alema, il principale sponsor di Bersani, se ne è uscito con una battuta sorprendente: «Ignazio Marino? E’ tra i miei più bravi collaboratori», «si è preso la libertà di candidarsi», ma «quando finirà questa avventura, tornerà a lavorare con la mia Fondazione».
Una battuta che ha indotto Sergio Cofferati a ribattere: «Sono molto curioso di sapere come risponderà Marino a questa chiamata alle armi del suo presunto datore di lavoro». Marino, curiosamente, non ha replicato ma uno dei capofila della sua mozione, Sandro Gozi, al telefonino dice: «Una battuta che si qualifica da sola, ma forse D’Alema si è dimenticato di un dettaglio: da nove anni lui non è più presidente del Consiglio».
E proprio nel rush finale, dopo tanti giudizi critici, ha deciso di schierarsi Arturo Parisi, uno dei padri del Pd: «Due anni fa mi capitò di dire che Veltroni, all’inizio il più vicino alla mia idea di Pd, era diventato presto il candidato più lontano, mentre questa volta per Franceschini è capitato l’opposto: partito come il più lontano, è diventato col tempo il più vicino per la sua capacità di schierarsi su posizioni innovatrici». Gli ha risposto Franceschini su Twitter: «Quella di Parisi è la scelta di un uomo libero con cui mi sono spesso scontrato e oggi è un orgoglio il sostegno di un padre dell’Ulivo e del Pd».
Un endorsement, quello di Parisi, che conferma la libertà e al tempo stesso la divisione degli amici di Romano Prodi in occasione di queste primarie: con Bersani si sono infatti schierati la sua portavoce Sandra Zampa, Giulio Santagata e Silvio Sircana. E lo stesso Prodi ha fatto capire che il suo voto andrà all’amico Pierluigi.
Vai a capire quanta gente voterà domani alle primarie del Pd. Nessuno - né i politici né i sondaggisti - riesce a prevederlo e il primo effetto di questo spaesamento è curioso: gli istituti di ricerca non vogliono esporsi, chiedono ai committenti che le loro previsioni restino riservate. Ma i sondaggi ci sono, eccome se ci sono. Per diverse settimane sono rimasti nascosti nei cassetti, ma a 24 ore dal voto, trapela qualcosa di più preciso.
Dallo staff di Pierluigi Bersani si fa sapere che i sondaggi in loro possesso indicano l’ex ministro dello Sviluppo Economico costantemente in testa, «da agosto fino ad oggi, con una percentuale che resta superiore al 50%». Dallo staff di Dario Franceschini si controbatte che le rilevazioni di un «autorevole istituto» segnalano una rimonta del segretario uscente, al ritmo di due punti a settimana negli ultimi 20 giorni e che l’ultimo report dà in equilibrio i due principali sfidanti.
Entrambi sotto il 50%, ma tra loro distaccati di percentuali irrisorie. Sondaggio sorprendente quello nelle mani dello staff di Franceschini, ma che immagina una platea di elettori superiore al milione e mezzo, traguardo al momento imponderabile. E non è certo casuale l’auspicio di Pierluigi Bersani: «Sarà un grande risultato se voteranno un milione e mezzo o due milioni di persone». Quattro anni fa, nell’ottobre del 2005, in occasione delle prime primarie, quelle che incoronarono Prodi come anti-Berlusconi, i votanti dichiarati furono 4 milioni e 300 mila. Due anni dopo, nelle Primarie di Veltroni, gli elettori dichiarati furono 3 milioni e 500 mila.
Ma in entrambe le occasioni è sempre restato il sospetto (mai dimostrato, mai fugato) di un effetto-doping sul numero complessivo dei votanti, ferme restando le percentuali per i diversi concorrenti. Domani mattina i diecimila seggi distribuiti in tutta Italia apriranno i battenti alle 7 del mattino e chiuderanno la sera alle 20, ed è prevedibile che attorno alle 23 si abbia a disposizione un campione tale da far capire se si andrà a un testa a testa, oppure se uno dei candidati sia così nettamente in vantaggio da far capire in anticipo l’esito finale.
E a conclusione di una campagna elettorale specialmente corretta, soprattutto tra i tre sfidanti, affiorano cadute di stile, slogan radenti. Nel fronte-Franceschini, è Piero Fassino che si è assunto l’onere di mettere in chiaro quel che è stato il vero messaggio subliminale della mozione: «Franceschini è l’unico candidato che possa garantire davvero la sopravvivenza del Pd». E quanto all’ex premier Massimo D’Alema, il principale sponsor di Bersani, se ne è uscito con una battuta sorprendente: «Ignazio Marino? E’ tra i miei più bravi collaboratori», «si è preso la libertà di candidarsi», ma «quando finirà questa avventura, tornerà a lavorare con la mia Fondazione».
Una battuta che ha indotto Sergio Cofferati a ribattere: «Sono molto curioso di sapere come risponderà Marino a questa chiamata alle armi del suo presunto datore di lavoro». Marino, curiosamente, non ha replicato ma uno dei capofila della sua mozione, Sandro Gozi, al telefonino dice: «Una battuta che si qualifica da sola, ma forse D’Alema si è dimenticato di un dettaglio: da nove anni lui non è più presidente del Consiglio».
E proprio nel rush finale, dopo tanti giudizi critici, ha deciso di schierarsi Arturo Parisi, uno dei padri del Pd: «Due anni fa mi capitò di dire che Veltroni, all’inizio il più vicino alla mia idea di Pd, era diventato presto il candidato più lontano, mentre questa volta per Franceschini è capitato l’opposto: partito come il più lontano, è diventato col tempo il più vicino per la sua capacità di schierarsi su posizioni innovatrici». Gli ha risposto Franceschini su Twitter: «Quella di Parisi è la scelta di un uomo libero con cui mi sono spesso scontrato e oggi è un orgoglio il sostegno di un padre dell’Ulivo e del Pd».
Un endorsement, quello di Parisi, che conferma la libertà e al tempo stesso la divisione degli amici di Romano Prodi in occasione di queste primarie: con Bersani si sono infatti schierati la sua portavoce Sandra Zampa, Giulio Santagata e Silvio Sircana. E lo stesso Prodi ha fatto capire che il suo voto andrà all’amico Pierluigi.
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