News Torino e Piemonte
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notizie di www.lastampa.it
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Ultima modifica di Maurizio il Lun Ago 09, 2010 6:26 pm - modificato 2 volte.
Avvio del digitale terrestre nel caos
Fonte: La Stampa
Qualcuno ieri mattina s’è trovato due «Rai Uno» o due «Rai Tre». Niente paura, si chiama “cerotto”, ideato per cautelarsi in caso di problemi. Durerà qualche giorno, poi uno dei due canali sparirà. E comunque, se vi siete trovati il “cerotto” siete fortunati. Vuol dire che vedete la tv. Voi due «Rai Tre», qualcuno nessuno. Buio totale, schermo grigio e niente tivù. O, peggio ancora, finestra sul mondo ristretta a un paio di canali di quart’ordine: «Vedo solo Rete Capri e Tele Varese», tuonava ieri sera alle otto la signora Marisa da piazza Bernini. «E lo stesso succede ai miei vicini di casa. Eppure abbiamo tutti effettuato la risintonizzazione».
Imboscate della tecnologia, nel giorno del passaggio finale al digitale terrestre per le province di Torino e Cuneo. Tre milioni di persone. Tecnicamente tutto è filato liscio. Bastava pigiare un pulsante. Alle sette tutti i vecchi ripetitori erano spenti e quelli nuovi - o riadattati - già attivi. Il segnale era pulito. Dal punto di vista pratico, invece, è stata una mezza catastrofe. Una Torino a macchia di leopardo, alloggi e interi condomini senza segnale; vallate e comuni di montagna senza televisione; centinaia di chiamate al numero verde del ministero, alla redazione de La Stampa e a quelle di tante tv private locali; una moltitudine in fila allo sportello della Rai di Torino per chiedere informazioni.
Si sono presentati in cento e più, in via Verdi, sede della tv di Stato. Decoder in mano e un bel po’ di frustrazione. «Quante complicazioni per gli anziani come me», raccontava una pensionata in coda. Per tutta la giornata i tecnici hanno insegnato come montare un decoder e come effettuare la ricerca dei canali. A tanti non è bastato. A La Stampa sono arrivate chiamate da corso Francia, dalla collina, dal lungo Po. I disguidi, assicura chi sta monitorando la situazione, dovrebbero risolversi nel giro di un giorno. «Fino a oggi il digitale funzionava sulle frequenze lasciate libere dall’analogico», spiega Giampiero Godio, consigliere del Corecom. «Ieri tutte le frequenze si sono liberate e quelle digitali, prima piazzate in maniera provvisoria, si sono dovute riposizionare. E’ possibile che ci sia stato qualche disguido». Grattacapi anche per gli inquilini di stabili vecchi, a volte dotati di antenne obsolete. Per loro l’unica è cambiare l’antenna. Un bel problema. «Soprattutto una bella spesa - spiega Francesco Uccelli presidente provinciale dell’Anammi, associazione di amministratori di condominio -. Un intervento di adeguamento può costare 2-300 euro, ma si arriva anche a mille se l’antenna è da sostituire».
Fin qui Torino, dove - a parte le difficoltà di molti a risintonizzare e qualche condominio al buio - il passaggio è avvenuto senza grossi traumi. Tutta un’altra storia in provincia: una débâcle. La Valsusa è rimasta quasi tutta senza televisione. «Ci sono parecchi disguidi, soprattutto in alta quota e nei comuni più isolati e lontani dai ripetitori», conferma il presidente della Comunità montana Alta Valle Susa Mauro Carena. Stesso discorso per il Canavese: nelle valli Orco e Soana la Rai è sparita. E così in val Germanasca, a Prali, dove ieri si vedeva solo Mediaset. A ridosso di Pinerolo, invece, si prendeva solo la Rai.
La colpa è di una trentina di tralicci “abusivi” disseminati tra le montagne piemontesi che la Rai non riconosce. Vecchi ripetitori installati da Comuni e Comunità montane nel corso degli anni per permettere a tutti di vedere il piccolo schermo. Oggi quegli apparecchi non ricevono più il segnale. Regione e ministero dello Sviluppo economico hanno siglato un’intesa con la Rai: entro un mese dovrebbero essere fornite le strutture per far funzionare gli impianti restituendo il segnale tv a tutte le vallate. Nel frattempo bisogna rassegnarsi: altro che progresso, si torna indietro di sessant’anni.
Aggiornamento sull'anziano ucciso sull'autobus - per maggiori dettagli vedi thread apposito
Fonte: La Stampa
Luca De Simone, 18 anni, apprendista svogliato in una pasticceria, è in una cella d’isolamento dall’altra notte. Sorvegliato 24 ore dalla polizia penitenziaria. Temono che si faccia del male.
È lui, secondo gli inquirenti, l’assassino di Ercole Ferrero, 76 anni, il pensionato ucciso a pugni su un bus sabato scorso. Lo hanno preso, mentre era con i suoi amici ai giardinetti di Barriera di Milano, quartiere di frontiera a Nord di Torino. Si era tagliato i capelli a zero, dopo aver letto sui giornali che c’era un identikit dell’aggressore.
Alle spalle, una famiglia umile, onesta e molto unita. La mamma lavora in una mensa scolastica, il marito di lei - che l’ha cresciuto come un figlio - è un elettricista. Due sorelle, una di 20 l’altra di 12 anni, una cameretta con il computer e i poster di Vasco Rossi. Con loro non s’è confidato. Apparso solo «un po’ strano» alla madre, come ha raccontato - sconvolta - ai poliziotti della Sezione omicidi della Questura di Torino, quando a tarda notte sono andati a perquisire l’appartamento, in edilizia popolare, non molto distante dal luogo dell’omicidio. Si era, invece, confidato - sia pure in terza persona, come se il picchiatore assassino fosse un altro - con un amico. È stato proprio quest’ultimo, forse sotto la spinta della coscienza, a dare agli inquirenti gli elementi determinanti per chiudere l’indagine. Spiega il capo della Omicidi, Alberto Somma: «Un ragazzo all’apparenza normale, ma con un carattere poco equilibrato. Quando gli abbiamo contestato l’omicidio ha perso completamente il controllo. Poi s’è chiuso nel silenzio». Il procuratore capo Giancarlo Caselli, accanto al questore Aldo Faraoni e al capo della mobile Sergio Molino, dice: «Per ora è in stato di fermo con l’accusa di omicidio preterintenzionale».
Luca è formalmente incensurato, ma alcuni mesi fa fu sorpreso da una guardia giurata di un centro commerciale mentre cercava di rubare una play station. Anche lì una reazione violenta: spintonò il vigilante e venne denunciato alla procura dei minori. Quindi affidato a una onlus che gli trovò un lavoro: apprendista in una pasticceria. Ma anche qui rivelò un attitudine a frequenti esplosioni di rabbia, tenute sotto controllo dai titolari che s’erano prese a cuore di questo ragazzo «dalla faccia d’angelo». Fino al tragico epilogo di sabato scorso che è costato la vita a un tranviere in pensione. Morto per difendere l’autista - una donna di 51 anni - insultata e minacciata dal ragazzo che non accettava di dover scendere dal pullman perché aveva un’ingombrante bicicletta.
Riconosciuto dai passeggeri del bus, sue le impronte digitali trovate sulla bici abbandonata sul bus, finora, con il pm, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere.
Re: News Torino e Piemonte
RABBIA PER IL PASSAGGIO AL DIGITALE
Emergenza rientrata? Non proprio. Il giorno dopo la «rivoluzione digitale» la provincia di Torino continua a essere divisa tra chi vede la tv e chi ne vede solo una parte. Il passaggio tecnicamente è stato perfetto, 349 impianti si sono spenti e riaccesi senza grandi intoppi. «Quasi tre milioni di persone, in un giorno solo, è un’operazione inedita in Europa», dice Andrea Ambrogetti, presidente di Dgtvi, il consorzio che gestisce il passaggio. Il buco nero è in montagna, dove migliaia di persone continuano a vedere poco o nulla.
La montagna al buio
«Ci sono 65 comuni senza tv» attacca Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte, l’unione delle comunità montane. «Se contiamo che tra Torino e Cuneo i comuni di montagna sono 250, significa che in uno su quattro ci sono problemi». Il Corecom aveva messo in guardia sul rischio oscuramento: «C’era da aspettarselo - dice il vicepresidente Roberto Rosso - Noi l’avevamo segnalato sei mesi fa». «Ci hanno sempre detto che non ci sarebbero stati problemi», aggiunge Riba.
I problemi ci sono. Cento ripetitori. Li hanno installati, nel tempo e a loro spese, comuni e comunità montane. «Servivano per far vedere la Rai perché l’azienda non aveva mai provveduto a potenziare il segnale», spiega Rosso. Venti giorni fa si è raggiunta un’intesa su 65 impianti: la Rai, entro un mese, li attrezzerà a spese del ministero delle Comunicazioni. «Il problema - aggiunge Riba - è che abbiamo scoperto che ce ne sono altri 30». Piccoli ripetitori, alcuni servono poche decine di persone, in tutto 12-15 mila. «Ora sarà la Regione a sistemare quelli che servono» precisa il capo di Gabinetto della Regione Roberto Moisio, componente della task force piemontese sul digitale. «Stiamo cercando 200-300 mila euro».
Tutti contro tutti.
L’Uncem attacca la Rai: «Il canone lo paghiamo anche in montagna - dice Riba - e ricevere la tv pubblica è un diritto. Questa è interruzione di pubblico servizio. Chiederemo come minimo la restituzione o l’esenzione del canone». La Rai si difende: «Quei ripetitori non sono gestiti da noi. Stiamo collaborando anche oltre le nostre competenze». «Quegli impianti, con il passaggio di tecnologia non sono più autorizzati a trasmettere», spiega Eva Spina, dirigente del ministero. «Alcuni servono poche decine di persone. Per loro, e per le comunità montane, sarebbe da valutare l’ipotesi di usufruire della piattaforma Tv Sat anziché di nuovi ripetitori».
La rabbia dei piccoli .
Non è finita. Ieri è stato il giorno delle tv private. Mauro Lazzarino, fiduciario piemontese della Federazione radio televisioni accusa la Regione di «aver investito appena 500 mila euro a fronte dei 4-9 milioni sborsati da Lazio e Campania. Ci hanno lasciati soli ad affrontare una rivoluzione, con spese vicine ai due milioni. Tutte le nostre richieste non hanno ricevuto risposta». Replica di Moisio: «Hanno avuto quasi 4 milioni dal governo, ci sono state decine di riunioni. Lazio e Campania hanno speso di più? Noi abbiamo investito sulla Sanità tutto quel che avevamo. Ci sembrava la vera priorità per i piemontesi».
Il monitoraggio
Lunedì partirà la campagna di monitoraggio del Corecom, in collaborazione con l’Arpa, su 40 impianti, per valutare tutti i parametri, a cominciare dai campi elettromagnetici (pericolosi per la salute) che il digitale dovrebbe ridurre.
Re: News Torino e Piemonte
Fonte: La Stampa
«Noi la crisi l’affrontiamo pensando a come costruire il domani. E in questa prospettiva abbiamo colto l’opportunità di Chrysler». Lo ha affermato John Elkann, presidente dell’Exor - la finanziaria del gruppo Agnelli - (e editore de La Stampa), che ha portato la testimonianza della Fiat al convegno dell’Aidaf, l’associazione delle imprese familiari.
«Per noi la data chiave - afferma - è il 2003 quando morì mio nonno, Gianni Agnelli. È stato un momento importante per la famiglia. La dimostrazione di affetto e stima di migliaia di persone alla camera ardente fu per noi il riconoscimento di ciò che mio nonno aveva fatto e del senso di responsabilità con cui l’aveva fatto. Questo creò un contesto in cui ci sentimmo molto uniti. E, sotto mio zio Umberto, decidemmo di investire nel futuro».
Elkann ricorda che, «con la guida di Gabetti, si procedette al rinnovo del management, a partire dalla Fiat con l’arrivo di Sergio Marchionne, ma anche in tutte le altre società. Abbiamo affrontato questo cambiamento - sottolinea - guardando al futuro e anche questa crisi mondiale, che tutti stiamo ancora attraversando, l’affrontiamo pensando a come costruire il domani. E siamo incoraggiati dall’accordo con Chrysler, una grande opportunità, c’è molto lavoro da fare e lo stiamo facendo con entusiasmo».
Re: News Torino e Piemonte
Fonte: La Stampa
Citano Marx. Chiamano i dipendenti «collaboratori». Finché hanno potuto resistere, non hanno licenziato. E quando si sono dovuti arrendere ai conti in rosso, hanno aiutato i loro lavoratori a trovare una nuova collocazione.
La crisi economica plasma le coscienze e cambia le carte in tavola. Addio lotta di classe, qui è guerra totale. Strani davvero questi quattro imprenditori rinchiusi nell’ufficio di un capannone alle porte di Piobesi Torinese, da ieri in sciopero della fame. «Un tempo si chiamava rischio d’impresa. Oggi è suicidio d’impresa» dice Patrizia Guglielmotto, unica donna del gruppo, al momento. Gli altri sono Aldo Molaro e Fausto Grosso. Ma l’ideatore dell’iniziativa è un vulcanico industriale metalmeccanico: Ezio Raselli. «Nei prossimi giorni - dice - saremo in tanti, perché qui bisogna fare qualcosa. La maggior parte delle aziende è in ginocchio. E cosa fanno le istituzioni? Solo parole. Dicono: faremo, daremo, vedremo. Ma non cambia nulla».
Si apprestano a passare la prima notte. I telefoni squillano, il tam tam si diffonde: giornali, tv, agenzie. Arrivano i delegati di associazioni, i sostenitori di categoria. La lotta è iniziata e non si torna indietro. «Avanti ad oltranza».
Ma questa protesta è l’ultima spiaggia di una rivolta spontanea nata la scorsa primavera a Moretta, in provincia di Cuneo. Quaranta imprenditori hanno dato vita ad un blog che poi si è trasformato in movimento, contando un migliaio di industriali. Si chiamano: «impresecheresistono». Negli ultimi mesi hanno fatto vari pellegrinaggi istituzionali, a denunciare i problemi del settore: mancanza di liquidità, commesse a vuoto, leggi inadeguate. «Quando siamo andati in Regione a proporre le nostre soluzioni - dice Cinzia Merlo, delegata del movimento - ci hanno ascoltato ma hanno detto che non ci sono soldi. Siamo andati al Ministero delle Finanze e la risposta è stata la stessa. A Palazzo Chigi ci siamo sentiti dire che le nostre istanze non erano originali e che la crisi è cosa nota. Ma di soldi nemmeno l’ombra».
Ciò che chiedono qui, a Piobesi, non è molto. Un sistema economico più flessibile, dilazione dei pagamenti, un meccanismo Iva differente, una disciplina dei pagamenti più rigido, sul modello francese. Il movimento ha partorito un decalogo della sopravvivenza, da proporre ai politici. «Oggi, non domani. Altrimenti sarà tardi». Alla protesta della fame aderisce anche l’Arca, l’associazione consulenti aziendali. «Se muoiono loro, moriamo pure noi» dice il presidente Luca Matteja. L’Arca ha presentato in Regione un disegno di legge in collaborazione col movimento degli imprenditori. Un documento anticrisi in 7 punti. Obiettivo: sostenere la liquidità delle aziende con interventi semplici e immediati.
«Ecco - dice Matteja - cosa proponiamo: con 220 milioni di fondi pubblici si potrebbe generare un volano di 2 miliardi e mezzo di euro». Ad esempio: recuperare le risorse spese per gli investimenti, finanziare il pagamento delle tasse nei prossimi tre mesi, sostegno per i dipendenti in cassa integrazione reintegrati in azienda. Basterà uno sciopero della fame per scuotere le istituzioni? «Ormai non abbiamo via d’uscita - afferma Raselli -. Siamo qui per ottenere impegni concreti e rapidi. Altrimenti non ci sarà futuro. Per nessuno».
Re: News Torino e Piemonte
Tutti i network nazionali hanno convertito senza problemi il segnale analogico in digitale. Le trasmissioni digitali si vedono o non si vedono: non c’è via di mezzo».
Andrea Ambrogetti è presidente del Consorzio Dgtvi che ha gestito la trasformazione analogico-digitale.
Che cosa significa «non c’è via di mezzo»? Se continuano ad arrivare così tante segnalazioni di problemi, evidentemente non tutto è andato liscio. Che cosa risponde?
«Il segnale digitale arriva o non arriva. Se ci sono problemi di ricezione dipendono dagli utenti. Mi spiego: non voglio dire che è colpa dei cittadini che non sanno sintonizzare i decoder, dico che probabilmente ci sono antenne che per vetustà o per filtri troppo vecchi non ricevono o ricevono i canali a singhiozzo».
Sessantasei Comuni piemontesi sono senza tivù. Il 25 per cento di quelli montani è oscurato; cento ripetitori dovranno essere installati a spese delle Comunità. Non si poteva programmare meglio il passaggio?
«Quello dei ripetitori è un problema reale. Il guaio è che, in Piemonte, ci siamo trovati di fronte a decine di impianti non conosciuti: antenne messe proprio da Comuni o Comunità montane per potenziare i segnali per i residenti. Ma la Rai non sapeva che esistessero, e il ministero neppure».
Ancor grazie che hanno provveduto le realtà locali...
«Certo, è stato un servizio lodevole. Ma voglio dire che, non conoscendo l’esistenza di questi impianti, non è stato possibile predisporre un piano di conversione completo. Ora è stato fatto anche questo».
Molte zone montane non ricevono più il segnale, anche quando prima del passaggio qualcosa in tivù si vedeva. Bella evoluzione. Che speranze hanno?
«Nelle zone quasi irraggiungibili dove esisteva comunque un impianto venivano trasmessi al massimo uno o due canali locali. Per avere l’intera offerta televisiva quei residenti avranno dovuto attrezzarsi in questi anni di satellite. Bene, possono comprare un decoder satellitare e collegarsi alla stessa parabola».
Ammettiamolo, presidente. Finora, più che le grandi potenzialità del digitale terrestre, abbiamo sperimentato le difficoltà a sintonizzare, risintonizzare, ordinare canali. Sempre ammesso che si trovino...
«Questo è un problema che si potrebbe affrontare con una rete di assistenza in loco. So che la Regione Piemonte ha avviato iniziative. In Trentino, ad esempio, c’è un servizio di assistenza a domicilio. Mi rendo conto, però, che a Torino è più complicato, viste le dimensioni della città».
Resta il fatto che, per il cittadino, le grandi potenzialità non sono ancora tangibili. Concorda?
«No, sono almeno tre le potenzialità immediatamente verificabili: la tivù si vede e si sente meglio, perché il segnale è più “pulito”. C’è stata una moltiplicazione dell’offerta: dai tre canali Rai di prima siamo oggi a 12 canali, e da 12 canali nazionali gratuiti siamo passati a 35».
Terzo vantaggio?
«La televisione si potrà utilizzare in modo diverso, interattivo».
Le proteste dei lettori, sul nostro sito, continuano...
«Le richieste al numero verde, invece, stanno diminuendo. Segno che i problemi prevedibili dei primi giorni si sono ridotti».
L’Europa ci aveva dato fino al 2012 di tempo per metterci in regola. Non conveniva aspettare e organizzare tutto con più attenzione? Che fretta c’era?
«Non sarebbero cambiate le cose, mi creda. E proprio per rispettare la scadenza ultima abbiamo creato un calendario per il passaggio analogico-digitale».
Forse con più calma il Piemonte avrebbe avuto meno problemi. Non crede?
«La situazione del Piemonte è molto particolare: ci sono oltre 1500 impianti, avete una marea di emittenti locali. Anche questo dev’essere considerato».
Come dovrebbe essere considerato che ogni decoder costa, e molti, soprattutto anziani, protestano per la spesa forzata. Senza considerare la moltiplicazione dei telecomandi e il fatto che i videoregistratori e i registratori dvd hanno anch’essi bisogno di decoder. Che cosa risponde?
«Poco più del 15 per cento degli aventi diritto ha usufruito del bonus statale; non credo che la questione costi sia così reale».
31000 lavoratori in cassa integrazione
Fonte: La Stampa
«Siamo molto preoccupati per la gravità della situazione». La voce di allarme è dell'assessore al lavoro Angela Migliasso: in Piemonte la cassa integrazione ha registrato un'impennata a partire da luglio e nel solo terzo trimestre del 2009 si contano circa 17 milioni di ore autorizzate.
Secondo la stima regionale, a fine settembre i cassintegrati piemontesi erano 31 mila. «Il Piemonte - aggiunge l'assessore - è la regione italiana dove l’incidenza del ricorso alla Cig è stata nell’insieme più rilevante». Da qui nasce dunque l'esigenza di sollecitare il Governo a stanziare con urgenza ulteriori risorse per affrontare l’emergenza occupazionale.
«Fino a luglio il Governo ha assegnato i primi 60 milioni alla nostra regione, con i quali abbiamo coperto parzialmente le richieste pervenute, che peraltro continuano ad aumentare. Abbiamo già chiesto al ministro Sacconi - una prima volta il 23 giugno e successivamente il 7 ottobre - di provvedere all’assegnazione di ulteriori risorse per rispondere alla esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori piemontesi e delle loro famiglie».
«La Regione Piemonte ha fatto la sua parte - ha sottolineato ancora Migliasso - impegnando 100 milioni del Fondo Sociale Europeo e 15 milioni sul bilancio regionale per concretizzare l’erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga; ha stanziato ulteriori 22,5 milioni per sostenere i lavoratori in particolare situazioni di difficoltà; ha approvato una delibera per l’anticipazione della cassa integrazione straordinaria ai lavoratori coinvolti da fallimento o chiusura di azienda. Ora tocca al Governo provvedere ad emanare le disposizioni per l’erogazione a tutte le regioni degli ulteriori finanziamenti per la Cig in deroga».
«Il Ministero del Lavoro, invece - ha proseguito Migliasso - con un apposito decreto dello scorso 15 settembre, ha destinato 250 milioni di euro per la Regione Lombardia (portando così a 330 milioni di euro le risorse stanziate per quella regione), mentre alla Regione Piemonte non è ancora pervenuta alcuna risposta, nè tanto meno sono state attribuite ulteriori risorse. Ci chiediamo perchè. Forse la Regione Piemonte viene considerata regione ’non amicà? Ma il tanto richiamato principio di leale collaborazione tra istituzioni deve prescindere dagli schieramenti di appartenenza ed essere applicato con la stessa attenzione a tutti gli attori coinvolti nel perseguimento del bene comune, in special modo - conclude - quando si tratta di sistemi di protezione sociale che coinvolgono lavoratori ed imprese colpiti da una grave crisi economica come quella attuale».
Torino, la ZTL raddoppia ma dura solo tre ore
Fonte: La Stampa
La delibera verrà approvata forse già martedì prossimo: attorno al 15 gennaio la Zona a Traffico Limitato raddoppierà. O meglio, i suoi confini si estenderanno a quelli della Ztl Ambientale (l’area tra corso Vittorio e corso Regina Margherita, per capirci) si veda cartina pubblicata a lato), ma si manterrà l’orario di quella storica già in vigore da decenni: 7,30-10,30.
La decisione - anche se la giunta mette le mani avanti dicendo «che si devono ancora sentire le associazioni coinvolte - è stata presa ieri in una riunione negli uffici dell’assessore alla Viabilità Maria Grazia Sestero. Ormai era davvero arrivato il tempo di decidere anche perché, per rispettare i diktat della Regione, Torino deve allargare l'attuale Ztl Storica per un arco di tempo non inferiore, alle 3 ore. Al vertice di piazza San Giovanni hanno preso parte i colleghi Roberto Tricarico (Ambiente) e Alessandro Altamura (Commercio) e il presidente della circoscrizione centro Massimo Guerrini i direttori Burdizzo e Bianciardi. E, dopo anni di discussioni, l’accordo di massima è stato trovato: i confini dell’attuale Ztl storica si spostano su quelli molto più ampi della Ztl ambientale.
L’orario però - e qui sta la vittoria dei commercianti cui il provvedimento verrà presto illustrato - resterà quello, abbastanza striminzito, in vigore già oggi e da decenni in quella storica: dalle 7,30 alle 10,30. Ma c’è un alleggerimento in più, proposto dal presidente Guerrini in cambio del via libera all’operazione «Ztl allargata»: bloccare il divieto (oggi fatto slittare al 1° novembre) della circolazione dei veicoli Euro 2 in tutta la città: «Visto il particolare momento economico, mi pare una misura quanto meno doverosa. Per il resto noi siamo perfettamente d’accordo a veder inaugurata la nuova Ztl anche perché eliminerebbe un bel po’ di confusione». Un allargamento che, invece, per il momento, proprio non va giù all’Aci come fa sapere il suo presidente Piergiorgio Re: «Mi pare si tratti di una mossa vessatoria e inopportuna e poi la giunta ci deve spiegare come si farebbe poi a raggiungere i parcheggi sotterranei».
Più volte il tema «Allarghiamo la Ztl storica» ha infiammato il dibattito cittadino. Ora sembra la volta buona perché il calo del 25% di incassi nella zona del centro dominata dalle strisce blu sta portando all’esasperazione i commercianti che vedono con terrore la sempre più prossima accensione delle 42 telecamere agli ingressi della Ztl Ambientale. A proposito: con l’allargamento della Ztl gli occhi elettronici dovrebbero riconoscere solo chi è dotato di permesso. Quindi non ci sarebbe più bisogno (come invece accade nel caso delle diverse motorizzazioni) del via libera del Garante della privacy.
L'Onda torna in piazza, volano uova e gavettoni
Fonte: La Stampa
Si è concluso, dopo un ennesimo lancio di uova contro la sede del rettorato, il corteo dell’Onda, che ha riportato questa mattina per le strade di Torino la protesta per gli studenti medi ed universitari contro la rifoma Gelmini.
Una protesta che si è spostata ora all’interno di Palazzo Nuovo, sede delle Facoltà umanistiche torinesi, dove alcune decine di studenti hanno occupato la presidenza e la sala lauree di Lettere per dire il loro no alla soppressione delle sessioni straordinarie di appello di novembre e aprile.
Un’ipotesi che, secondo gli studenti favorisce uno studio di tipo esclusivamente nozionistico che non è quello che dovrebbe offrire l’Università. Queste sessioni -sottolineano ancora gli studenti- servono inoltre per gli studenti lavoratori che si trovano così con minori posssibilità di poter sostenere gli esami».
Gli studenti hanno chiesto al preside di lettere Lorenzo Massobrio di prendere una posizione chiara contro la cancellazione delle due sessioni.
Durante la manifestazione ha partecipato anche Zulu, il cantante dei 99 Posse, per ribadire che «Il movimento avvicina la gente alla politica e la politica alla gente, è la base della cultura è l’unica possibile per uno sviluppo democratico. Non facciamoci intimidire dalla repressione -ha concluso il cantante- abbiamo cose più improtanti da fare, dobbiamo fare la storia».
Re: News Torino e Piemonte
Le ipnotizzava, poi le violentava: fermato uomo di 47 anni a Torino
Fonte: La Stampa
Fonte: La Stampa
Con l’accusa di violenza sessuale la polizia di Torino ha fermato un italiano di 47 anni, socio di una scuola guida, che è finito in manette insieme al fratello, accusato di resistenza dal momento che si è scagliato con l’auto contro gli agenti per aiutare il fratello e impedirne l’arresto.
Le indagini sono partite dopo la denuncia, presentata al commissariato San Donato, di una donna che ha raccontato di aver subito delle molestie all’interno di un ufficio dove si era recata per delle pratiche automobilistiche. La vittima ha denunciato che uno dei titolari dell’ufficio le avrebbe detto che la vedeva strana e che, secondo lui, era posseduta dal demonio e solo lui avrebbe potuto aiutarla.
L’uomo avrebbe quindi utilizzato un pendolino con il quale sarebbe riuscito a neutralizzarè le capacità di reazione della donna che non sarebbe quindi riuscita a sottrarsi alle sue attenzioni particolari. Analoga storia raccontata da altre 6 vittime, fra cui due ragazze di 17 anni e una di 14.
Re: News Torino e Piemonte
Va in carcere anche lo chef che ha inventato l’Italian culinary institute for foreigners, più noto negli uffici della Regione Piemonte con l’acronimo di Icif: là, bussando a più direzioni, Bruno Libralon ha ottenuto sostanziosi contributi pubblici per «celebrare» nel mondo l’ars gastronomica piemontese. Il suo referente principale era Angelo Soria che l’ha finanziato (dal 2004 al 2008) per 1.157.841 euro e di cui, per un micro-importo, si dà conto nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del cuoco come «prova» del reato di peculato commesso dall’arrestato in concorso con l’ex dirigente regionale. Di Soria II il gip Silvia Salvadori si ricorda bene e scrive di lui nel provvedimento di ieri: «Era già emerso in precedenza con il fratello Giuliano. Angelo Soria dispone del denaro pubblico come fosse proprio, promettendo al di fuori di ogni regola e forma a parenti e amici denaro pubblico, e sanando successivamente situazioni obiettivamente insanabili e gravemente irregolari».
In questo caso il giudice si riferisce a un contributo di «soli» 13.800 euro (uno dei tanti) finalizzato a coprire parte delle spese per l’organizzazione di un cocktail in occasione della proiezione, a Los Angeles, del film «Dopo mezzanotte». L’unica fattura allegata all’«agile» rendicontazione è di 978 euro per il servizio di catering. Altro finanziamento più che sospetto riguarda l’iniziativa Art in Life a Pechino, «anch’esso accordato mesi dopo la realizzazione dell’evento». Insomma, quest’ultimo sviluppo delle indagini nate dalle malversazioni di Giuliano Soria per il fu Premio Grinzane, sembra esserne la coda giudiziaria. O dall’apparente coda si vuole ripartire?
Queste sono le sole accuse che riallacciano Libralon all’inchiesta madre (il cuoco è socio di Angelo Soria in Everything, ufficialmente inattiva). La maggior parte delle contestazioni mosse a Libralon per truffa aggravata, malversazione e fatture false dai pm Gabriella Viglione, Stefano Demontis e Valerio Longi riguardano i contributi Ue ottenuti da Icif per il tramite della Regione Piemonte (Direzione Turismo, Commercio, Sport e Parchi) e finalizzati alla realizzazione dell’Orangerie, una costruzione in vetrocemento, nel parco del Castello Rorà di Costigliole, là dove sorgeva il campo da tennis. L’accusa è di aver ingannato la Regione con fatture false per 1,5 milioni di euro. Lo scopo: «Giustificare costi decisamente superiori a quelli reali e integrare l’intera spesa per l’opera». I contributi Ue non dovevano superare il 30 per cento dell’importo sostenuto.
Le «fiamme gialle» hanno ricostruito l’operazione partendo da un dato di fatto: i primi fondi pubblici vengono chiesti e ottenuti tre mesi prima della costituzione della Giulio srl, società dell’architetto Massimo Perucca, creata appositamente per fungere da stazione appaltante dei lavori. Per avere questi contributi dell’Unione europea si deve aver avviato l’opera. Dal primo falso documentale gli investigatori risalgono a tutti gli altri e, ciò che più conta, al giro delle fatture false della Giulio a Icif e viceversa e dei bonifici bancari dei relativi pagamenti che devono far tornare i conti. Insomma, i fornitori emettono fatture vere per mezzo milione, il resto è carta straccia, ma Icif ha incassato 900 mila euro fra il 2007 e il 2008. L’ultima tranche di 450 mila gli è stata bloccata a scandalo Soria scoppiato.
L’architetto «esecutore» se la cava con il divieto di «dimora» in provincia di Torino (ha la residenza nel Principato di Monaco) mentre Libralon oggi affronterà in cellulare la trasferta dal carcere per l’interrogatorio di garanzia. Il gip lo definisce spregiudicato e in grado di reiterare il «sistema Libralon» per distrarre fondi pubblici: «I soci di Icif hanno costituito la Co.Ge.Ta per incaricarla, con bonifici di 2 milioni, della gestione della scuola di cucina. Stesse modalità dell’operazione Orangerie». Lo bacchetta pure: «Ha chiesto reiteratamente di essere interrogato e poi non si è presentato». L’avvocato Claudio Strata: «Ma ci siamo messi a disposizione. Il cliente è stato arrestato al rientro dalla Corea perché non ha collaborato».
In questo caso il giudice si riferisce a un contributo di «soli» 13.800 euro (uno dei tanti) finalizzato a coprire parte delle spese per l’organizzazione di un cocktail in occasione della proiezione, a Los Angeles, del film «Dopo mezzanotte». L’unica fattura allegata all’«agile» rendicontazione è di 978 euro per il servizio di catering. Altro finanziamento più che sospetto riguarda l’iniziativa Art in Life a Pechino, «anch’esso accordato mesi dopo la realizzazione dell’evento». Insomma, quest’ultimo sviluppo delle indagini nate dalle malversazioni di Giuliano Soria per il fu Premio Grinzane, sembra esserne la coda giudiziaria. O dall’apparente coda si vuole ripartire?
Queste sono le sole accuse che riallacciano Libralon all’inchiesta madre (il cuoco è socio di Angelo Soria in Everything, ufficialmente inattiva). La maggior parte delle contestazioni mosse a Libralon per truffa aggravata, malversazione e fatture false dai pm Gabriella Viglione, Stefano Demontis e Valerio Longi riguardano i contributi Ue ottenuti da Icif per il tramite della Regione Piemonte (Direzione Turismo, Commercio, Sport e Parchi) e finalizzati alla realizzazione dell’Orangerie, una costruzione in vetrocemento, nel parco del Castello Rorà di Costigliole, là dove sorgeva il campo da tennis. L’accusa è di aver ingannato la Regione con fatture false per 1,5 milioni di euro. Lo scopo: «Giustificare costi decisamente superiori a quelli reali e integrare l’intera spesa per l’opera». I contributi Ue non dovevano superare il 30 per cento dell’importo sostenuto.
Le «fiamme gialle» hanno ricostruito l’operazione partendo da un dato di fatto: i primi fondi pubblici vengono chiesti e ottenuti tre mesi prima della costituzione della Giulio srl, società dell’architetto Massimo Perucca, creata appositamente per fungere da stazione appaltante dei lavori. Per avere questi contributi dell’Unione europea si deve aver avviato l’opera. Dal primo falso documentale gli investigatori risalgono a tutti gli altri e, ciò che più conta, al giro delle fatture false della Giulio a Icif e viceversa e dei bonifici bancari dei relativi pagamenti che devono far tornare i conti. Insomma, i fornitori emettono fatture vere per mezzo milione, il resto è carta straccia, ma Icif ha incassato 900 mila euro fra il 2007 e il 2008. L’ultima tranche di 450 mila gli è stata bloccata a scandalo Soria scoppiato.
L’architetto «esecutore» se la cava con il divieto di «dimora» in provincia di Torino (ha la residenza nel Principato di Monaco) mentre Libralon oggi affronterà in cellulare la trasferta dal carcere per l’interrogatorio di garanzia. Il gip lo definisce spregiudicato e in grado di reiterare il «sistema Libralon» per distrarre fondi pubblici: «I soci di Icif hanno costituito la Co.Ge.Ta per incaricarla, con bonifici di 2 milioni, della gestione della scuola di cucina. Stesse modalità dell’operazione Orangerie». Lo bacchetta pure: «Ha chiesto reiteratamente di essere interrogato e poi non si è presentato». L’avvocato Claudio Strata: «Ma ci siamo messi a disposizione. Il cliente è stato arrestato al rientro dalla Corea perché non ha collaborato».
Re: News Torino e Piemonte
«Per colpa del governo, l’Europa non ha concesso all’Italia la deroga nei limiti delle polveri sottili e a farne le spese sono soprattutto le regioni della Pianura Padana». Lo afferma Nicola de Ruggiero, assessore all’Ambiente del Piemonte.
«Corriamo il rischio - sottolinea de Ruggiero - che quattro anni di sforzi, di impegno e lavoro comune, siano vanificati. E oltre alle conseguenze per la salute, il mancato ottenimento della deroga porta al pagamento di pesanti sanzioni economiche, dovute per il mancato rispetto dei limiti di legge negli anni 2005-2008».
L’assessore del Piemonte sottolinea il calo del 25% delle Pm10 nell’ultimo quadriennio e la flessione dei giorni di superamento del 45,1%. «Il governo deve capire - dice de Ruggiero - che la qualità dell’aria nel bacino padano è, come è avvenuto a Napoli e in Campania per i rifiuti, una vera e propria emergenza nazionale. È la vera emergenza del nord - prosegue de Ruggiero - che riguarda la salute dei cittadini e che non ammette più mancanza di responsabilità da parte di qualcuno».
La deroga all’obbligo di attuare i valori limite di Pm10 era stata chiesta per 67 zone in alcune regioni del centro-nord, tra cui Lombardia, Piemonte, Veneto, ma anche Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Solo in pochi casi la deroga al 2011, sul valore giornaliero e annuale, è stata accettata.
«Corriamo il rischio - sottolinea de Ruggiero - che quattro anni di sforzi, di impegno e lavoro comune, siano vanificati. E oltre alle conseguenze per la salute, il mancato ottenimento della deroga porta al pagamento di pesanti sanzioni economiche, dovute per il mancato rispetto dei limiti di legge negli anni 2005-2008».
L’assessore del Piemonte sottolinea il calo del 25% delle Pm10 nell’ultimo quadriennio e la flessione dei giorni di superamento del 45,1%. «Il governo deve capire - dice de Ruggiero - che la qualità dell’aria nel bacino padano è, come è avvenuto a Napoli e in Campania per i rifiuti, una vera e propria emergenza nazionale. È la vera emergenza del nord - prosegue de Ruggiero - che riguarda la salute dei cittadini e che non ammette più mancanza di responsabilità da parte di qualcuno».
La deroga all’obbligo di attuare i valori limite di Pm10 era stata chiesta per 67 zone in alcune regioni del centro-nord, tra cui Lombardia, Piemonte, Veneto, ma anche Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Solo in pochi casi la deroga al 2011, sul valore giornaliero e annuale, è stata accettata.
Re: News Torino e Piemonte
«Finalmente ci siamo». Nel sezione Pd di via Taggia angolo via Montevideo trasformata in seggio elettorale Daniela Botta, Stefania Palchetti e Claudia Musso, stanno finendo di montare le scatole/urne per le schede e a vidimare quei fogli azzurri e rosa che alla fine decideranno il leader nazionale e quello piemontese dei democratici. In questo fine settimane, però, sono loro, con altri 1400 volontari, le protagoniste di queste primarie.
Senza di loro, infatti, non sarebbe stato possibile allestire i 479 seggi disseminati in tutto il Piemonte. Daniela, 51 anni, è la presidente del seggio e spiega sorridendo «sono qui perché voglio essere ottimista e fiduciosa nella possibilità di cambiare. Sono qui perché credo che dobbiamo dare una speranza alle moltissime famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese». Già, in quanti verranno a votare oggi? «Tanti, tantissimi. Ma credo che tutti quelli che verranno si attendano, al di là di chi vincerà, di avere un partito compatto e unito».
La signora Claudia, 59 anni, è meno ottimista sulla partecipazione popolare. Il motivo? Sensazioni, niente di scientifico certo ma è preoccupata per la disillusione, «anche se mi piacerebbe vedere tanta gente entrare in questa sede. Io credo nella possibilità di cambiare qualcosa. Le primarie sono un’occasione, una speranza». Anche Stefania, che di anni ne ha 34 e vanta una lunga militanza «da questa parte, cioè la sinistra» ha raccolto gli stessi «segnali di disaffezione» ma anche «una forte esigenza di alternativa e di unità. Insomma, sensazioni positive che mi fanno dire che c’è tanta, tanta voglia di partecipare e una richiesta pressante di unità».
Nella sede provinciale del Pd di via Palazzo di città, Cristina Bulgarelli consuma il suo primo giorno di ferie riordinando documenti e rispondendo alle domande di due persone che sono entrate per chiedere «se è qui che si vota, io abito in via Milano». «Si, venga qui siamo aperti dalle 7». E al signore che mostra la tessera elettorale invece, dopo un rapido controllo al computer spiega che «deve andare in lungo Dora Agrigento, ha presente dove si trova il Sermig...». Cristina, 35 anni, figlia di un partigiano ex vicesindaco di Robassomero, confessa di aver «mangiato fin da piccola pane e politica» ed è «per questo che non mi pesa fare la volontaria». Sensazioni per domani? «Sono sicura che alle primarie andrà a votare tantissima gente. Telefonano in centinaia per avere notizie e poi ha visto anche lei i due signori che sono appena entrati».
Sicuramente Daniela, Claudia, Cristina e Stefania voteranno candidati diversi ma alla fine da chiunque vincerà si aspettano passi concreti perché vogliono stare in un «partito unito, compatto, una vera alternativa per questo paese».
Saranno accontentate? Se si ascoltano le parole dei tre candidati alla segreteria regionale, Gianfranco Morgando (Bersani), Roberto Tricarico (Marino) e Cesare Damiamo (Franceschini) la risposta dovrebbe essere affermativa. E ieri Piero Fassino coordinatore nazionale della mozione è arrivato ad escludere «non solo ipotesi di scissioni ma anche di separazione se qualcuno lo pensa e vorrà farlo non lo seguirebbe nessuno perché la nostra gente ci chiede unità». E Pierluigi Bersani e Ignazio Marino nel loro tour elettorale sotto la Mole hanno ribadito con forza che gli avversari sono i politici del centrodestra e non i competitori democratici. E comune è anche l’appello: più persone parteciperanno alle primarie più forza avrà il Pd.
Stasera alle 20 si saprà quanti torinesi e piemontesi avranno raccolto questo invito. Per conoscere le loro scelte ci vorranno un paio di ore per il leader nazionale mentre per il numero 1 piemontese si potrebbe aspettare l’alba di lunedì.
Re: News Torino e Piemonte
Fonte: La Stampa
Alla fine l’influenza A/H1N1 è arrivata. E il primo ambiente in cui si è manifestata in modo aggressivo è stata la scuola. Anche se le scuole in modo ufficiale non lo sanno: nessun dirigente, tra quelli interpellati da La Stampa, ha avuto conferma di casi da famiglie o asl. Eppure che si tratti proprio di A, in anticipo sulle previsioni (confuse dall’inizio), alla fine l’ha detto la Regione. Il virus è arrivato in anticipo anche sulle auspicate vaccinazioni del personale docente e non docente, per le quali i dirigenti avevano ricevuto una lettera dal ministero con la richiesta di inviare, entro il 24 ottobre, il numero dei volontari.
Molte scuole hanno indicato la metà della settimana scorsa come inizio delle assenze in massa. Il fenomeno, però, si presenta a macchia di leopardo, con grandi differenze tra scuola e scuola e addirittura tra zona e zona del medesimo piano. «Ieri avevamo classi con 2-5 bambini presenti su 25 e altre, girato l’angolo del corridoio, al completo», dice Lorenza Patriarca, dirigente dell’istituto comprensivo Tommaseo. L’IC Tommaseo ha più sedi oltre a quella storica di via dei Mille. «La media di via Sant’Ottavio - prosegue - per ora è indenne, mentre per l’elementare D’Assisi di via Giulia di Barolo ieri abbiamo ordinato 140 pasti su 260 alunni iscritti. È evidente che il contagio è piuttosto aggressivo. Ma abbiamo telefonato alla Asl e il servizio di pediatria ha detto che non si tratta dell’influenza A. Le scuole cosa devono fare?».
Gli stessi dubbi si ritrovano altrove. Ugo Mander, dirigente dell’Istituto Comprensivo Cairoli, nei pressi di piazza Bengasi, spiega che «alle elementari gli assenti sono una decina per classe, mentre alle medie sono 5-6. Anche alcune insegnanti sono a casa, in permesso, per curare i figli malati. I sintomi? Febbre alta, tosse». A Mirafiori, direzione didattica Duca degli Abruzzi, anche la dirigente Maria Grazia Mammana racconta di avere un certo numero di classi decimate: «Si sono create delle concentrazioni di assenti. Comunque, i rientri sono veloci, in cinque giorni i bambini tornano. Noi, però, non abbiamo modo di sapere di che cosa si siano ammalati».
In Barriera di Milano, alla Gabelli, la dirigente Nunzia Del Vento spiega che «tra i bambini ci sono influenze con febbre e tosse, ma anche altre forme con mal di pancia e mal di stomaco. In una classe ieri erano presenti 12 su 24. Ci sono insegnanti che si preoccupano, da noi ha accettato la vaccinazione il 70% del personale. La realtà è che non abbiamo nessuna direttiva attraverso il servizio di pediatria, nessuno ci ha detto che ci sia un’influenza A accertata».
Nulla di diverso dal solito, invece, all’Istituto comprensivo Cena di strada San Mauro come al Pacinotti di San Donato e al Vivaldi di via Casteldelfino. La mappa dell’assenza per malattia si intensifica nuovamente a Trofarello. Il dirigente dell’Istituto comprensivo, Antonio Palmas, elenca le assenze di ieri: «Alla materna mancavano 52 bambini su 320, alle elementari 3-4 per classe, alle medie 32 su 250». Situazione anche più seria alla media Alighieri di Pozzo Strada: «Su 937 alunni ieri mancavano in 180, il 20%. Il fenomeno è scoppiato venerdì. Sto monitorando, in particolare quando sento voci allarmistiche: telefono ai genitori. Però di influenza A nessuno parla».
Anche alle superiori, in particolare nei primi anni, l’epidemia si fa sentire. Se al Primo Artistico di corso Cadore proprio ieri si è cominciato a notare un incremento di assenti e al D’Azeglio ci sono state classi assottigliate nei giorni scorsi, al liceo classico Alfieri il preside Riccardo Gallarà spiega che «in ogni classe registriamo alcune assenze legate all’influenza, in totale circa il 10%: da una settimana aumentano di giorno in giorno. Arrivano gli insegnanti a dire “Volevo fare il compito in classe ma gli assenti sono troppi...!”. In Facebook, poi, sono tanti i ragazzi che si lamentano della febbre».
Re: News Torino e Piemonte
Digitale terrestre, antennisti nel caos
Disastro digitale. A un mese dallo «swicth-off» che ha traghettato torinesi e cuneesi dal segnale analogico della televisione le proteste non si fermano. Come i disagi, i canali che spariscono, ritornano, scompaiono di nuovo. Ora, accanto ai cittadini, scendono sul piede di guerra anche gli installatori: «Un disastro - dice Umberto Pellegrini, titolare di una ditta individuale a Vinovo - di fronte ai primi problemi sorti a maggio dopo lo switch-over pensavamo che il passaggio definitivo di ottobre avrebbe risolto i guai. Invece, paradossalmente, la seconda fase del passaggio al digitale è stata e continua a essere più problematica della prima». Risultato? «I clienti se la prendono con noi, cominciano a pensare che siamo noi antennisti gli incapaci. E come dar loro torto, se un impianto installato ieri oggi non funziona più? Inutile spiegare che la causa sono i continui cambiamenti del segnale».
Disarmati. Cittadini e installatori, adesso, condividono la stessa protesta. E di motivi ce ne sono ogni giorno di più: «Martedì - racconta ad esempio Pellegrini - La7, canale 48, trasmetteva dalla Maddalena. Il segnale è stato spostato all’Eremo, che già in passato tagliava fuori molte zone di Moncalieri, Nichelino e La Loggia. Così queste zone da quasi una settimana non vedono più La7». Altro esempio: «In corso Moncalieri, dal numero 100 al 400, Mediaset era trasmesso da un forte ripetitore a Montoso, che è stato spento. Così chi abita da 100 al 400 di corso Moncalieri d’improvviso ha smesso di vedere i canali Mediaset».
Le lettere di protesta a La Stampa si moltiplicano. I messaggi sul forum www.lastampa.it/forum non si sono mai fermati. Così le lamentele sui vari blog dedicati alla tecnologia. Il digitale terrestre e' stato praticamente imposto a tutti i cittadini senza interpellare nessuno. Non va meglio con la televisione a pagamento. Anche la Pay tv è, in molti casi, senza segnale.
Umberto Pellegrini: «Nei giorni scorsi ho installato impianti che ho dovuto modificare dopo pochi giorni, perché il segnale è passato da Uhf a Vhf». Peggio: «Mercoledì scorso ho fatto un impianto il via Pastrengo a Moncalieri: il giorno dopo non vedevano più La7. Secondo lei, con chi se la prende chi mi ha pagato quel nuovo impianto?». Ancora: «A Piossasco il pacchetto Mediaset sul canale 36 subisce l’interferenza del segnale di Rai 3 da Monte Pellice».
Chi subisce maggiormente i disagi sono soprattutto le persone anziane, che dopo aver moltiplicato apparecchiature, prese e telecomandi devono lottare ogni giorno con la risintonizzazione. «Se il cittadino è abbandonato a se stesso, non lo siamo meno - sbotta Pellegrini -: non abbiamo un numero verde di riferimento, e se chiamiamo lo stesso call center che risponde ai cittadini ovviamente non c’è nessuno in grado di fornirci le indicazioni tecniche di cui abbiamo bisogno. Se anziché ignorarci utilizzassero la nostra rete, potremmo aiutarli: ogni giorno potremmo misurare la potenza del segnale, segnalando subito le zone d’ombra, i Comuni e le vie dove il segnale sparisce, interferisce, o non arriva proprio».
Re: News Torino e Piemonte
Alta velocità Torino-Milano
Sai, tra affitto bollette e taxi quasi quasi meglio fare il pendolare. In fondo, se si tratta di un’ora su un treno comodo e pulito...». Torino, stazione Porta Nuova, ieri mattina. In attesa del famigerato regionale 2007 che li scaricherà alla stazione centrale di Milano più stressati e maleodoranti, dopo quasi due ore di soprassalti e spintoni, un dirigente d’azienda e una giovane designer ragionano sul loro futuro ad alta velocità.
Dal 13 dicembre Torino e Milano saranno collegate in un’ora quattordici volte al giorno (sette in ogni senso). Una rivoluzione che riaccende il sogno di Mi-To, che aleggia da un trentennio finora più nei convegni degli urbanisti che nella realtà. Oggi il tempo minimo di percorrenza è di un’ora e 22 minuti, ma riservato a pochi treni, dunque nella maggior parte dei casi si finisce sui regionali da un’ora e 55 minuti.
Complessivamente, ci saranno 9.400 posti disponibili ogni giorno per spostarsi tra le due capitali del Nord Ovest come se fossero gli estremi di una linea metropolitana. Orari e prezzi non sono ancora ufficiali (a metà novembre comincerà la vendita), ma con ragionevole approssimazione possiamo anticiparli: prima corsa da Torino alle 6,40, altre due entro le 9; tre nel pomeriggio tra le 14,40 e le 18; ultima alle 20,30. Da Milano prima corsa alle 8, altre due fino alle 12; tre nel pomeriggio tra le 13 e le 19; l’ultima alle 21. Biglietto di prima classe bloccato a 32 euro, quello di seconda subirà un ritocco dagli attuali 25 a 27-28. Ma grazie alle offerte e agli abbonamenti (vedi grafico) i costi diminuiscono. Tanto da sollecitare, nel manager e nella designer, pensieri stupendi.
Lui potrebbe ricongiungersi alla famiglia milanese non solo nel week end, mollando il bilocale in piazza Vittorio e ritornando ogni sera per cena nell’attico in zona San Siro. Lei potrebbe finalmente smetterla di accamparsi dalla zia di Cernusco sul Naviglio tre giorni a settimana e godersi un’ora di musica serale in cuffia prima della birra con gli amici dietro piazza Castello.
Racconta Carlo Giordano, amministratore delegato del «Gruppo immobiliare.it», network di portali immobiliari leader in Italia (ogni giorno 150 mila richieste, di cui 15 mila a Milano e 6 mila a Torino): «Noi abbiamo gli uffici a Milano in corso Genova, alcuni impiegati arrivano da zone periferiche o dall’hinterland e quindi impiegano in media 45 minuti, con picchi di un’ora e mezza. Dunque questa mobilità è ormai già accettata in una grande città. Un nuovo asse di viabilità può cambiare le scelte. Noi siamo milanocentrici, è più probabile che le opportunità di lavoro si creino qui, Torino potrebbe diventare un hinterland milanese».
Un sondaggio a campione tra alcune agenzie immobiliari milanesi rivela che «per chi decide di vivere in periferia, i costi non variano molto: Vallette o Paullo costano uguale. Il differenziale alto è al centro: Milano costa il doppio di Torino, il semicentro il 50-60 per cento in più». Dunque chi pretende una qualità della vita alta, con il sopportabile sacrificio dell’alta velocità eviterà di trasferirsi a Milano, dove ciò comporta costi proibitivi, e resterà sotto la Mole. Magari trasferendosi vicino alla stazione per ridurre tempi, spostamenti e disagi. Non a caso l’ufficio studi della Gabetti ha rilevato negli ultimi sei anni un aumento del 27% del valore degli immobili nella zona di Porta Susa.
Restano i disagi dei pendolari, sia pure ad alta velocità. Stefania, architetto torinese che lavora a Milano e fa la spola ogni giorno, si fa portavoce di due problemi: «Primo, alcuni treni del mattino sono molto affollati, gli abbonati non hanno il posto garantito se non pagano un supplemento, dunque capita di viaggiare in piedi. Secondo, il bar non è attivo per tutto il viaggio, perché affidato a una ditta esterna».
Re: News Torino e Piemonte
Le multe a rischio erano circa 160 mila. Voce a bilancio: dai 6 ai 7 milioni di euro. Gli automobilisti speravano fossero illegittime e sfogliavano nervosamente siti come «www.giustizia-amministrativa.it» in attesa della grande notizia. L’assessore alle Finanze del Comune Gianguido Passoni, va da sè, sperava nel contrario, così come il comandante dei Vigili Mauro Famigli che fin da subito ci aveva messo la faccia: «Quei verbali vanno pagati: meglio subito che con la mora».
È andata meglio a questi ultimi. A stabilire che gli automobilisti multati dagli ausiliari del traffico previsti dal «comma 133» dovranno pagare la sanzione è niente meno che una sentenza (la n° 22.676) della Cassazione.
Un iter giudiziario lungo e complesso, cominciato con un ricorso di un automobilista al giudice di pace nell’ormai lontano gennaio 2005. Ora gli automobilisti multati dai famosi «ausiliari 133» devono mettersi il cuore in pace: questi signori, che a Torino sono 67, ma evidentemente attivissimi, possono staccare verbali anche al di fuori delle strisce blu. E punire l’auto in divieto di sosta anche dove non c’è l’ombra di un parcometro. Insomma questi verbali s’hanno da pagare, senza se e senza ma.
Ma vediamo in che cosa si differenzia questa piccola categoria di addetti dagli altri ausiliari del traffico istituiti dalla legge Bassanini. Quelli previsti dal comma 132 possono fare contravvenzioni nelle strisce blu (chi non paga o ha superato l’orario) o per divieti di sosta laddove l’auto impedisca l’accesso alla zona a pagamento. Da questi controllori ogni anno vengono emessi circa 140 mila verbali. Poi ci sono loro, gli ausiliari previsti dal comma 133: «Questo personale può emettere contravvenzioni per le strisce blu e per qualunque altro divieto di sosta», ha più volte spiegato il comandante dei vigili Mauro Famigli. L’anno scorso sono stati 160 mila i verbali firmati dai dipendenti Gtt. E, dal momento in cui fioccarono fior di interpellanze (dal Pdl) sull’operato degli addetti «133», il sindaco Chiamparino arrivò a chiedere, attraverso l’Anci, una risposta definitiva dal Parlamento. Adesso la risposta definitiva c’è. Oltre la Cassazione non c’è nulla.
Ora, non ci sono più consigli da dare agli automobilisti circa l’identikit di questi addetti Gtt. Perché sino a quando non tirano fuori il blocchetto delle multe (sul verbale c’è scritto la parola «ausiliari Gtt progettazione esercizio») non c’è modo di distinguerli da quelli - meno «pericolosi» per gli automobilisti - che sono autorizzati a multare soltanto all’interno delle strisce blu o comunque vetture che ne impediscano la fruizione. «Più spesso degli altri si muovono in automobile - spiega il vicecomandante Cagnani - ma per il resto hanno una divisa identica ai colleghi del comma 132». Ma aggiunge subito: «La prima regola del buon automobilista, comunque, dovrebbe essere quella di non lasciare l’auto in divieto di sosta, piuttosto che mettersi a studiare le divise di chi può o meno multarlo». Come dire che è più pratico non fare infrazioni che non interrogarsi «se quel signore con la giacca blu mi punirà per l’auto lasciata davanti al passo carrabile».
Soddisfatto anche l’assessore ai Vigili urbani Domenico Mangone: «Finalmente una sentenza che fa chiarezza e conferma l’interpretazione che il Comune ha sempre dato della questione. Questo migliorerà la qualità del lavoro di tutti perché mette fine ad una querelle che creava incertezza anche nei lavoratori».
È andata meglio a questi ultimi. A stabilire che gli automobilisti multati dagli ausiliari del traffico previsti dal «comma 133» dovranno pagare la sanzione è niente meno che una sentenza (la n° 22.676) della Cassazione.
Un iter giudiziario lungo e complesso, cominciato con un ricorso di un automobilista al giudice di pace nell’ormai lontano gennaio 2005. Ora gli automobilisti multati dai famosi «ausiliari 133» devono mettersi il cuore in pace: questi signori, che a Torino sono 67, ma evidentemente attivissimi, possono staccare verbali anche al di fuori delle strisce blu. E punire l’auto in divieto di sosta anche dove non c’è l’ombra di un parcometro. Insomma questi verbali s’hanno da pagare, senza se e senza ma.
Ma vediamo in che cosa si differenzia questa piccola categoria di addetti dagli altri ausiliari del traffico istituiti dalla legge Bassanini. Quelli previsti dal comma 132 possono fare contravvenzioni nelle strisce blu (chi non paga o ha superato l’orario) o per divieti di sosta laddove l’auto impedisca l’accesso alla zona a pagamento. Da questi controllori ogni anno vengono emessi circa 140 mila verbali. Poi ci sono loro, gli ausiliari previsti dal comma 133: «Questo personale può emettere contravvenzioni per le strisce blu e per qualunque altro divieto di sosta», ha più volte spiegato il comandante dei vigili Mauro Famigli. L’anno scorso sono stati 160 mila i verbali firmati dai dipendenti Gtt. E, dal momento in cui fioccarono fior di interpellanze (dal Pdl) sull’operato degli addetti «133», il sindaco Chiamparino arrivò a chiedere, attraverso l’Anci, una risposta definitiva dal Parlamento. Adesso la risposta definitiva c’è. Oltre la Cassazione non c’è nulla.
Ora, non ci sono più consigli da dare agli automobilisti circa l’identikit di questi addetti Gtt. Perché sino a quando non tirano fuori il blocchetto delle multe (sul verbale c’è scritto la parola «ausiliari Gtt progettazione esercizio») non c’è modo di distinguerli da quelli - meno «pericolosi» per gli automobilisti - che sono autorizzati a multare soltanto all’interno delle strisce blu o comunque vetture che ne impediscano la fruizione. «Più spesso degli altri si muovono in automobile - spiega il vicecomandante Cagnani - ma per il resto hanno una divisa identica ai colleghi del comma 132». Ma aggiunge subito: «La prima regola del buon automobilista, comunque, dovrebbe essere quella di non lasciare l’auto in divieto di sosta, piuttosto che mettersi a studiare le divise di chi può o meno multarlo». Come dire che è più pratico non fare infrazioni che non interrogarsi «se quel signore con la giacca blu mi punirà per l’auto lasciata davanti al passo carrabile».
Soddisfatto anche l’assessore ai Vigili urbani Domenico Mangone: «Finalmente una sentenza che fa chiarezza e conferma l’interpretazione che il Comune ha sempre dato della questione. Questo migliorerà la qualità del lavoro di tutti perché mette fine ad una querelle che creava incertezza anche nei lavoratori».
Re: News Torino e Piemonte
La dura scuola del successo digitale
Lo scorso settembre, in uno dei tanti e celebrati discorsi con cui ha preso il gusto di lasciarci a bocca aperta da un po' di tempo a questa parte, Barack Obama si è rivolto agli studenti delle scuole americane con un concetto semplice semplice: ragazzi, volete avere successo? Bene, dovete studiare. Con l'ennesima edizione del Grande Fratello che inizia a rombare in televisione, forse questo non è proprio il momento adatto per rispolverare quella citazione. E' probabile che per una buona parte del pubblico in età scolare che dedica le sue serate e i suoi sogni alla “Casa” e ai suoi allegri abitanti, l'equazione “successo=studio” non sia proprio la più immediata. Di certo, non attraente come “successo=subito”.
Eppure, per fortuna, ci sono anche altre direzioni verso cui puntare lo sguardo. E a volte basta una piccola platea di una cinquantina di ventenni che seguono le parole, le slide e i consigli di un ragazzo un po' più invecchiato per far tornare alla mente quell'antico adagio dello studio che porta al successo, terribilmente anacronistico oggi, nonostante la rispolveratura di Obama. Nella fattispecie, la platea è quella ricavata negli spazi squadrati del Virtual Reality & Multimedia Park di Torino, dove in un tranquillo martedì di pioggia novembrina Paul Debevec ha tenuto un seminario sulle tecniche della computer graphics applicata al cinema e ai videogiochi. Pochi urletti e neanche troppi perizoma, almeno a prima vista. Ma comunque una bella atmosfera.
Debevec ha 38 anni, il giusto gradiente di elevata (nel senso che sarà alto uno e novanta) nerditudine, lavora alla University of Southern California, è considerato un guru in materie complesse come l'"high dynamic range imaging" o l'"image-based modeling and rendering" ed è arrivato in Italia ospite di View Conference. Se volete, qui potete trovare una breve video-intervista, che vi permetterà di dargli un volto e di scoprire quali sono – a suo parere – le migliori compagnie negli Stati Uniti e in Europa dove coltivare la propria passione per la computer graphics. Il suo intervento è stato un antipasto della View Conference, che inizia ufficialmente mercoledì mattina e prosegue fino a sabato pomeriggio, con la consueta e ricca successione di interventi di super-alchimisti del linguaggio digitale.
Gente in arrivo dai maggiori studios cinematografici e laboratori di effetti speciali (Pixar, Sony Pictures, Blue Sky Studios, Industrial Light & Magic), dalle case di produzione di videogiochi (Electronic Arts), dai big dell'informatica (Google), dalle università di mezzo mondo. Forse qualcuno in meno degli anni scorsi (da registrare alla voce: crisi), di certo qualcuno addirittura dall'Italia. Professionisti che non vengono semplicemente a mostrare frammenti di ere glaciali, polpette in caduta libera dal cielo o evocative schermate di videogame, come si potrebbe pensare leggendo i titoli hollywoodiani e commerciali sparsi sui loro curriculum, ma che si portano dietro computer carichi di grafici, tabelle, algoritmi, numeri, linguaggi astrusi. Competenze, insomma. Alimentate da una passione profonda come il mare, ma costruite soprattutto con anni di applicazione, perseveranza, disciplina. E studio.
Come accade ogni anno a View, anche quest'anno farà abbastanza impressione parlare con loro nelle pause caffè proditoriamente piazzate tra una relazione e l'altra. Si farà forse un po' di fatica ad ascoltarli, soprattutto quando entreranno nel vivo dei loro interventi, potenzialmente magici per chiunque, ma concretamente un po' più accessibili per gli iniziati: studenti e appassionati di alta tecnologia. E ci si stupirà a vederli sempre sorridere, magari sfidando in maniche di camicia e spensieratezza West Coast la frizzantina aria autunnale (a meno che quest'anno il timore di incocciare in una certa “suina” non spinga verso abbigliamenti più protettivi...) e a sentirli parlare con quel mix di entusiasmo trascinante e competenza stratosferica.
Eppure tutto ciò avrà quasi sicuramente l'effetto di un toccasana, lo stesso provato scambiando due parole con Paul Debevec al Virtual Park e con i primi ospiti di View Fest nel weekend. E' rassicurante toccare con mano la persistenza di quella vecchia equazione, non limitandosi a vederla stampata in un discorso di Obama. E scoprire che dietro al successo di un cartone animato che ci ha fatto scendere i lacrimoni o di un videogioco che ci ha rovinato i pollici, ci sono tanto merito, tanta professionalità, tanta passione, tanto talento e – diciamolo – anche tanto studio.
Appalti alle Molinette, quattro indagati
Fonte: La Stampa
Dopo il grande scandalo del 2001, che si concluse con le manette per l’allora direttore generale Luigi Odasso denunciato e poi condannato per mazzette, la Guardia di Finanza è tornata nei corridoi dell’ospedale Molinette di Torino, il più grande del Piemonte. Questa volta, come riporta La Stampa, si indaga su appalti nel settore della sterilizzazione, un settore «delicatissimo», come ha detto oggi il direttore generale Giuseppe Galanzino «sul quale è al vaglio un progetto di centralizzazione di tutti i servizi, che sarà realizzabile quando avremo finito di ristrutturare l’ex sala mense».
L’indagine delle Fiamme Gialle, che ha sequestrato nei giorni scorsi in ospedale faldoni di documenti, dura da circa un anno e mezzo e ha portato, e questa è una novità di stamani, a quattro indagati: il responsabile dell’ufficio tecnico delle Molinette, Francesco Chiaro, e tre persone legate a due aziende laziali che si occupano di sterilizzazione subentrate un anno fa dopo l’estromissione, per quanto riguarda la manutenzione degli impianti, di una prima azienda torinese, la Tedino. Quest’ultima aveva fornito all’ospedale un macchinario coinvolto in uno scoppio avvenuto l’anno scorso. Da qui, secondo la Tedino, il coinvolgimento di due nuove aziende sui cui appalti ora si indaga. «Dopo lo scoppio abbiamo dovuto acquistare con urgenza due nuovi sterilizzatori più piccoli e, se non lo avessimo fatto, invece della Guardia di Finanza sarebbe arrivato il procuratore Guariniello con la giusta accusa di malasanità - ha spiegato Galanzino -. Altro non so dire, se non che l’ufficio di Chiaro è uno degli uffici più efficienti che io abbia conosciuto».
L’indagine ora si sarebbe allargata a tutto il sistema delle manutenzioni delle Molinette, che ha un costo intorno ai 15 milioni di euro. La manutenzione del reparto di sterilizzazione (si parla di un centinaio di apparecchi che servono 20 comparti) fa parte invece di un altro appalto, per 80.000 euro.
Re: News Torino e Piemonte
Sondaggio commissionato dalla Lega Nord sulle prossime Regionali: testa a testa Bresso-Cota, Pdl avanti
Diventati ormai strumento della lotta politica, i sondaggi sono sempre da prendere con le molle, soprattutto se i risultati danno clamorosamente corda a chi li ha commissionati (leggi: pagati). Però. Però, che a pochi mesi dalle Regionali, l’alfiere del Senatùr, Roberto Cota, sia giudicato migliore di altri candidati del centrodestra, in particolare del senatore Enzo Ghigo, coordinatore regionale del Pdl ed ex-governatore, è un fatto degno di nota.
Ghigo, che dell’understatement ha fatto uno stile di vita, non si scompone anzi, dice che «il sondaggio, della cui esistenza è stato lo stesso Cota a farmi partecipe, dimostra e riafferma che siamo candidati interscambiabili». Tranne un accenno appena un po’ critico alla società di sondaggi utilizzata («Swg? Ma non è quella alla quale si rivolge sempre la sinistra?») e alla relatività di simili dati («A decidere saranno gli incontri tra Fini e Berlusconi e Berlusconi e Bossi»), Ghigo aggiunge «che, a differenza di molti del nostro schieramento, io sostengo che Cota può vincere». Per il migliaio di piemontesi sondati una settimana fa da Swg, Mercedes Bresso e Roberto Cota pari sono negli orientamenti di voto, entrambi raccolgono lo stesso numero di consensi: il 46%. Mentre Bresso avrebbe un 3% di vantaggio se l’avversario fosse Enzo Ghigo.
Il sondaggio non tiene minimamente in conto dei mal di pancia in casa Pd dove, con manovre più o meno alla luce del sole, c’è chi continua a spingere, ma senza mai esporsi, affinché a candidarsi per le Regionali sia il sindaco Chiamparino, considerato cavallo migliore della Bresso. «Che può stare tranquilla - chiosa Aldo Corgiat, coordinatore della mozione che ha incoronato Bersani e Morgando in Piemonte - è lei la candidata del Pd e difendo il metodo e l’iter scelto al nostro interno per confermarla». «Se il centrosinistra cambiasse candidato - se la cava Enzo Risso, direttore di Swg - bisognerebbe cambiare completamente sondaggio».
Sondaggio che ruota attorno a un concetto essenziale: i consensi che raccoglie Ghigo, ampiamente conosciuto dal potenziale elettore del centrodestra, sono già quasi al massimo e più di tanto non possono crescere. Roberto Cota, al contrario, ha buoni margini di miglioramento. «Guardate la domanda sulla notorietà dei candidati - dice Risso - la Bresso ha un ottimo 82% e Ghigo il 72, ma entrambi sono già al top della loro visibilità. Cota, invece, parte da un buon 51% e ha margini molto maggiori di crescita». Nel sondaggio è stato inserito anche Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa che ha già fatto un passo indietro rispetto all’ipotesi di candidatura alle regionali, il quale raccoglie il 39% dei consensi. Anche tra gli elettori del centrodestra (Pdl più Lega) prevale, nel sondaggio Swg, Cota (43%) rispetto a Ghigo (38%): «Un ottimo dato - commenta Risso - proprio perché Cota è meno conosciuto rispetto a Ghigo che, come diciamo noi a Genova, ha già dato».
Un exploit confermato anche dall’altra domanda: «Chi è il candidato più adeguato per fare il presidente della Regione?». Nel centrodestra prevale ancora Cota (32%), mentre Ghigo si assesta al 24 e Crosetto al 12. Anche Bresso, con il 10%, raccoglie consensi a destra: «Chi governa ha capacità attrattive verso microsegmenti urbani» sentenzia Risso secondo il quale la zarina, da sola, può rappresentare una differenza di voti pari al «2-3%». Un dato utile per capire l’appeal della nascente lista Bresso e tenuto conto che le stime di Swg sull’orientamento di voto per le Regionali vede il centrosinistra compreso nella forchetta 39,5-42,5 e il centrodestra tra il 47-50%. Percentuali che vedrebbero l’apporto Udc determinante solo per il centrosinistra.
Diventati ormai strumento della lotta politica, i sondaggi sono sempre da prendere con le molle, soprattutto se i risultati danno clamorosamente corda a chi li ha commissionati (leggi: pagati). Però. Però, che a pochi mesi dalle Regionali, l’alfiere del Senatùr, Roberto Cota, sia giudicato migliore di altri candidati del centrodestra, in particolare del senatore Enzo Ghigo, coordinatore regionale del Pdl ed ex-governatore, è un fatto degno di nota.
Ghigo, che dell’understatement ha fatto uno stile di vita, non si scompone anzi, dice che «il sondaggio, della cui esistenza è stato lo stesso Cota a farmi partecipe, dimostra e riafferma che siamo candidati interscambiabili». Tranne un accenno appena un po’ critico alla società di sondaggi utilizzata («Swg? Ma non è quella alla quale si rivolge sempre la sinistra?») e alla relatività di simili dati («A decidere saranno gli incontri tra Fini e Berlusconi e Berlusconi e Bossi»), Ghigo aggiunge «che, a differenza di molti del nostro schieramento, io sostengo che Cota può vincere». Per il migliaio di piemontesi sondati una settimana fa da Swg, Mercedes Bresso e Roberto Cota pari sono negli orientamenti di voto, entrambi raccolgono lo stesso numero di consensi: il 46%. Mentre Bresso avrebbe un 3% di vantaggio se l’avversario fosse Enzo Ghigo.
Il sondaggio non tiene minimamente in conto dei mal di pancia in casa Pd dove, con manovre più o meno alla luce del sole, c’è chi continua a spingere, ma senza mai esporsi, affinché a candidarsi per le Regionali sia il sindaco Chiamparino, considerato cavallo migliore della Bresso. «Che può stare tranquilla - chiosa Aldo Corgiat, coordinatore della mozione che ha incoronato Bersani e Morgando in Piemonte - è lei la candidata del Pd e difendo il metodo e l’iter scelto al nostro interno per confermarla». «Se il centrosinistra cambiasse candidato - se la cava Enzo Risso, direttore di Swg - bisognerebbe cambiare completamente sondaggio».
Sondaggio che ruota attorno a un concetto essenziale: i consensi che raccoglie Ghigo, ampiamente conosciuto dal potenziale elettore del centrodestra, sono già quasi al massimo e più di tanto non possono crescere. Roberto Cota, al contrario, ha buoni margini di miglioramento. «Guardate la domanda sulla notorietà dei candidati - dice Risso - la Bresso ha un ottimo 82% e Ghigo il 72, ma entrambi sono già al top della loro visibilità. Cota, invece, parte da un buon 51% e ha margini molto maggiori di crescita». Nel sondaggio è stato inserito anche Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa che ha già fatto un passo indietro rispetto all’ipotesi di candidatura alle regionali, il quale raccoglie il 39% dei consensi. Anche tra gli elettori del centrodestra (Pdl più Lega) prevale, nel sondaggio Swg, Cota (43%) rispetto a Ghigo (38%): «Un ottimo dato - commenta Risso - proprio perché Cota è meno conosciuto rispetto a Ghigo che, come diciamo noi a Genova, ha già dato».
Un exploit confermato anche dall’altra domanda: «Chi è il candidato più adeguato per fare il presidente della Regione?». Nel centrodestra prevale ancora Cota (32%), mentre Ghigo si assesta al 24 e Crosetto al 12. Anche Bresso, con il 10%, raccoglie consensi a destra: «Chi governa ha capacità attrattive verso microsegmenti urbani» sentenzia Risso secondo il quale la zarina, da sola, può rappresentare una differenza di voti pari al «2-3%». Un dato utile per capire l’appeal della nascente lista Bresso e tenuto conto che le stime di Swg sull’orientamento di voto per le Regionali vede il centrosinistra compreso nella forchetta 39,5-42,5 e il centrodestra tra il 47-50%. Percentuali che vedrebbero l’apporto Udc determinante solo per il centrosinistra.
Re: News Torino e Piemonte
"Vendici tuo figlio per 50mila€"
La chiameremo Mary Joy, età intorno ai trent’anni, nata in uno stato dell’Africa Centrale. Questa donna soltanto due giorni fa, dopo molti mesi, ha avuto il coraggio di raccontare a suor Angela Pozzoli, animatrice dei Gruppi di Volontariato Vincenziano di via Saccarelli 2, una storia che non sembra torinese. Eppure è accaduta qui, intorno a una panchina, in un giardino non lontano dalla Pellerina dove la donna era andata con il suo bimbo di un paio di mesi nella carrozzina.
Un uomo l’ha avvicinata e le ha offerto del denaro - trentamila euro - per comperarle il bambino. Le ha detto: «In Italia tu non hai futuro e nessun futuro avrà tuo figlio, se resta con te. Io quel futuro posso garantirglielo. E anche tu staresti meglio con un bel po’ di soldi in tasca». Parole che Mary Joy, abbandonata incinta dal fidanzato con il quale era arrivata in Italia, non ha compreso interamente. Ma il giorno seguente, tornata in quel giardino con il bimbo nella carrozzina ricevuta dalla comunità dove era ospitata in quei giorni, come a un appuntamento aveva trovato un altro uomo e la stessa offerta. Più o meno le medesime parole, ma un’offerta più alta: cinquantamila euro in cambio di quel lattante dalla pelle color cioccolato.
La storia Mary Joy l’ha raccontata a suor Angela Pozzoli in un momento non casuale. La giovane donna sarà regolarizzata con la sanatoria in corso, lavora come colf part-time, dalla comunità alloggio dove era stata inserita è passata da poco - sulla scorta di un progetto messo a punto dalla religiosa - in «autonomia», cioè in un piccolo alloggio dove viene affiancata da volontari che la aiutano a organizzare la giornata, tra lavoro e cura del figlio, a gestire le poche entrate. Ma costruirsi una vita a Torino per questa ragazza non è facile e le persone che la seguono le hanno prospettato ultimamente l’affidamento del bambino a una famiglia italiana. Mary Joy però non vuole saperne. A suor Angela ha detto che lei non si separerà mai da suo figlio e per confermarglielo le ha parlato dell’offerta di quei due uomini. Due che, dalla descrizione fatta a suor Angela, forse non erano nuovi a proposte del genere rivolte a ragazze dall’aspetto «fragile». Dal racconto della ragazza, quei due potrebbero aver parlato con alcuni suoi connazionali che lei aveva frequentato nei primi giorni dopo l’arrivo a Torino da Roma (dove il bambino era nato).
Ma se la vicenda accaduta alla giovane africana colpisce per la possibilità che altre donne abbiano accettato lo scambio (ci sono volontari qualificati che ritengono che non sia poi così difficile iscrivere all’anagrafe come proprio un bambino altrui), in città esiste comunque una vera e propria emergenza sociale che riguarda le donne straniere. «È una situazione che coinvolge le donne con bimbi di età superiore ai 6 mesi e che deriva dalle norme contenute nel pacchetto sicurezza», spiega Laura Marzin, responsabile dell’Ufficio minori stranieri del Comune e del nuovo call center attivo 24 ore su 24 per l’inserimento residenziale in emergenza di madri con bambini, gestanti e donne maltrattate. «Così come si è dialogato con il governo su altri punti del pacchetto, si sarebbe dovuto farlo anche su questo: la legge garantisce il permesso di soggiorno alle donne dal terzo mese di gravidanza al sesto mese di vita del figlio.
In quel momento - spiega Laura Marzin - le comunità che ricevono fondi pubblici dovrebbero mettere madre e bambino sulla strada. O denunciarli all’autorità e ottenerne il rimpatrio». Ma su questo punto il governo non ha tenuto conto della realtà. «Ci sono madri sole, a cominciare dalle musulmane, per le quali è impossibile il ritorno al paese d’origine. La famiglia le rifiuta, verrebbero mandate a fare una pessima fine. E poi, chi può pensare di mettere in strada una mamma con un lattante. Il minore va tutelato comunque, ma con le norme contro è difficile costruire un progetto per il suo futuro».
La chiameremo Mary Joy, età intorno ai trent’anni, nata in uno stato dell’Africa Centrale. Questa donna soltanto due giorni fa, dopo molti mesi, ha avuto il coraggio di raccontare a suor Angela Pozzoli, animatrice dei Gruppi di Volontariato Vincenziano di via Saccarelli 2, una storia che non sembra torinese. Eppure è accaduta qui, intorno a una panchina, in un giardino non lontano dalla Pellerina dove la donna era andata con il suo bimbo di un paio di mesi nella carrozzina.
Un uomo l’ha avvicinata e le ha offerto del denaro - trentamila euro - per comperarle il bambino. Le ha detto: «In Italia tu non hai futuro e nessun futuro avrà tuo figlio, se resta con te. Io quel futuro posso garantirglielo. E anche tu staresti meglio con un bel po’ di soldi in tasca». Parole che Mary Joy, abbandonata incinta dal fidanzato con il quale era arrivata in Italia, non ha compreso interamente. Ma il giorno seguente, tornata in quel giardino con il bimbo nella carrozzina ricevuta dalla comunità dove era ospitata in quei giorni, come a un appuntamento aveva trovato un altro uomo e la stessa offerta. Più o meno le medesime parole, ma un’offerta più alta: cinquantamila euro in cambio di quel lattante dalla pelle color cioccolato.
La storia Mary Joy l’ha raccontata a suor Angela Pozzoli in un momento non casuale. La giovane donna sarà regolarizzata con la sanatoria in corso, lavora come colf part-time, dalla comunità alloggio dove era stata inserita è passata da poco - sulla scorta di un progetto messo a punto dalla religiosa - in «autonomia», cioè in un piccolo alloggio dove viene affiancata da volontari che la aiutano a organizzare la giornata, tra lavoro e cura del figlio, a gestire le poche entrate. Ma costruirsi una vita a Torino per questa ragazza non è facile e le persone che la seguono le hanno prospettato ultimamente l’affidamento del bambino a una famiglia italiana. Mary Joy però non vuole saperne. A suor Angela ha detto che lei non si separerà mai da suo figlio e per confermarglielo le ha parlato dell’offerta di quei due uomini. Due che, dalla descrizione fatta a suor Angela, forse non erano nuovi a proposte del genere rivolte a ragazze dall’aspetto «fragile». Dal racconto della ragazza, quei due potrebbero aver parlato con alcuni suoi connazionali che lei aveva frequentato nei primi giorni dopo l’arrivo a Torino da Roma (dove il bambino era nato).
Ma se la vicenda accaduta alla giovane africana colpisce per la possibilità che altre donne abbiano accettato lo scambio (ci sono volontari qualificati che ritengono che non sia poi così difficile iscrivere all’anagrafe come proprio un bambino altrui), in città esiste comunque una vera e propria emergenza sociale che riguarda le donne straniere. «È una situazione che coinvolge le donne con bimbi di età superiore ai 6 mesi e che deriva dalle norme contenute nel pacchetto sicurezza», spiega Laura Marzin, responsabile dell’Ufficio minori stranieri del Comune e del nuovo call center attivo 24 ore su 24 per l’inserimento residenziale in emergenza di madri con bambini, gestanti e donne maltrattate. «Così come si è dialogato con il governo su altri punti del pacchetto, si sarebbe dovuto farlo anche su questo: la legge garantisce il permesso di soggiorno alle donne dal terzo mese di gravidanza al sesto mese di vita del figlio.
In quel momento - spiega Laura Marzin - le comunità che ricevono fondi pubblici dovrebbero mettere madre e bambino sulla strada. O denunciarli all’autorità e ottenerne il rimpatrio». Ma su questo punto il governo non ha tenuto conto della realtà. «Ci sono madri sole, a cominciare dalle musulmane, per le quali è impossibile il ritorno al paese d’origine. La famiglia le rifiuta, verrebbero mandate a fare una pessima fine. E poi, chi può pensare di mettere in strada una mamma con un lattante. Il minore va tutelato comunque, ma con le norme contro è difficile costruire un progetto per il suo futuro».
Re: News Torino e Piemonte
Bankitalia: Piemonte, il peggio è passato
La fase peggiore della crisi sembra essere terminata ma si tratta di una ripresa lenta e con elevata incertezza e, comunque, al momento non si rileva un’inversione di tendenza con segnali preoccupanti relativi all’occupazione. Questa la fotografia del Rapporto della Banca d’Italia relativo alla economia piemontese. In particolare, al negativo andamento dell’economia, in particolar modo per quanto riguarda il manifatturiero, si aggiunge un graduale peggioramento della qualità del credito, più rilevante nel settore delle imprese.
In base ai risultati del sondaggio della Banca d’Italia, condotto tra settembre ed ottobre, presso un campione di imprese industriali con almeno 20 addetti, il quadro congiunturale negli ultimi sei mesi è stato caratterizzato da recessione per poco meno dei due terzi delle imprese e da stagnazione per la quota restante. Nel complesso dei primi nove mesi dell’anno il fatturato delle aziende rilevate è risultato in calo nei tre quarti dei casi e stabile per il 13 per cento e solo per l’11 per cento vi è stata una crescita contenuta. Restano ancora fortemente negativi i dati riguardanti l’occupazione: nel primo semestre il numero di assunzioni è calato del 27%, dimezzandosi nell’industria. Fortemente cresciuto il numero di ore autorizzate di cig (463,2%); per quanto riguarda la cassa inderoga le domande sono state circa 6.200 e sono stati interessati oltre 20mila lavoratori. Ed ancora il numero dei lavoratori licenziati nei primi sei mesi del 2009 e iscritti alle liste di mobilità è salito del 77,7%.
Il peggioramento del quadro congiunturale si è riflesso negativamente sul credito commerciale: il 65% delle imprese ha segnalato ritardi nei tempi di pagamento pattuiti e il 55% di aver dovuto concedere ulteriori dilazioni ai propri clienti. Per quanto riguarda le aspettative per i prossimi mesi, per il 62% delle aziende si tratterebbe di un periodo caratterizzato da stagnazione, si riducono le indicazioni di ulteriore recessione (20%), mentre aumentano le attese di espansione(17%). I segnali più favorevoli provengono dalle imprese alimentari e del comparto energetico e da quelle di maggiori dimensioni.
Dal rapporto della Banca d’Italia emerge poi il dato negativo relativo al credito bancario erogato alla clientela residente in Piemonte, che ha decelerato al 2,1% dal 4,7% dello scorso dicembre e, secondo dati ancora provvisori, nel bimestre successivo, la crescita si è ulteriormente ridotta calando all’1,5% a fine agosto. Ed ancora, nei primi sei mesi dell’anno i finanziamenti erogati dalle banche «piccole e minori» hanno continuato a crescere ma a ritmi nettamente inferiori rispetto al 2008, mentre quelli delle banche «maggiori e grandi» sono calati del 4,7%. «All’indebolimento della dinamica del credito - è stato spiegato - hanno contribuito sia fattori di domanda, connessi con la situazione congiunturale, sia di offerta improntate alla cautela». Tra banche e imprese, ha spiegato Marcello Callari, direttore della sede di Torino della Banca d’Italia, «vi è certamente dal punto di vista psicologico qualche difficoltà di rapporto. Bisogna dire però che le lamentele principali riguardano i ritardati pagamenti e le banche hanno difficoltà a finanziare questi ritardi perchè, spesso, i debitori non accettano di garantire i pagamenti in tempi stabiliti».
«Il quadro che emerge da questo rapporto - ha aggiunto Roberto Cullino - è che vi sia la percezione diffusa di un miglior clima di fiducia, vi sia un contesto meno peggiore ma che, comunque, specie in Piemonte, si tratti di un recupero lento e con elementi di incertezza per quanto riguarda la solidità di questa ripresa».
La fase peggiore della crisi sembra essere terminata ma si tratta di una ripresa lenta e con elevata incertezza e, comunque, al momento non si rileva un’inversione di tendenza con segnali preoccupanti relativi all’occupazione. Questa la fotografia del Rapporto della Banca d’Italia relativo alla economia piemontese. In particolare, al negativo andamento dell’economia, in particolar modo per quanto riguarda il manifatturiero, si aggiunge un graduale peggioramento della qualità del credito, più rilevante nel settore delle imprese.
In base ai risultati del sondaggio della Banca d’Italia, condotto tra settembre ed ottobre, presso un campione di imprese industriali con almeno 20 addetti, il quadro congiunturale negli ultimi sei mesi è stato caratterizzato da recessione per poco meno dei due terzi delle imprese e da stagnazione per la quota restante. Nel complesso dei primi nove mesi dell’anno il fatturato delle aziende rilevate è risultato in calo nei tre quarti dei casi e stabile per il 13 per cento e solo per l’11 per cento vi è stata una crescita contenuta. Restano ancora fortemente negativi i dati riguardanti l’occupazione: nel primo semestre il numero di assunzioni è calato del 27%, dimezzandosi nell’industria. Fortemente cresciuto il numero di ore autorizzate di cig (463,2%); per quanto riguarda la cassa inderoga le domande sono state circa 6.200 e sono stati interessati oltre 20mila lavoratori. Ed ancora il numero dei lavoratori licenziati nei primi sei mesi del 2009 e iscritti alle liste di mobilità è salito del 77,7%.
Il peggioramento del quadro congiunturale si è riflesso negativamente sul credito commerciale: il 65% delle imprese ha segnalato ritardi nei tempi di pagamento pattuiti e il 55% di aver dovuto concedere ulteriori dilazioni ai propri clienti. Per quanto riguarda le aspettative per i prossimi mesi, per il 62% delle aziende si tratterebbe di un periodo caratterizzato da stagnazione, si riducono le indicazioni di ulteriore recessione (20%), mentre aumentano le attese di espansione(17%). I segnali più favorevoli provengono dalle imprese alimentari e del comparto energetico e da quelle di maggiori dimensioni.
Dal rapporto della Banca d’Italia emerge poi il dato negativo relativo al credito bancario erogato alla clientela residente in Piemonte, che ha decelerato al 2,1% dal 4,7% dello scorso dicembre e, secondo dati ancora provvisori, nel bimestre successivo, la crescita si è ulteriormente ridotta calando all’1,5% a fine agosto. Ed ancora, nei primi sei mesi dell’anno i finanziamenti erogati dalle banche «piccole e minori» hanno continuato a crescere ma a ritmi nettamente inferiori rispetto al 2008, mentre quelli delle banche «maggiori e grandi» sono calati del 4,7%. «All’indebolimento della dinamica del credito - è stato spiegato - hanno contribuito sia fattori di domanda, connessi con la situazione congiunturale, sia di offerta improntate alla cautela». Tra banche e imprese, ha spiegato Marcello Callari, direttore della sede di Torino della Banca d’Italia, «vi è certamente dal punto di vista psicologico qualche difficoltà di rapporto. Bisogna dire però che le lamentele principali riguardano i ritardati pagamenti e le banche hanno difficoltà a finanziare questi ritardi perchè, spesso, i debitori non accettano di garantire i pagamenti in tempi stabiliti».
«Il quadro che emerge da questo rapporto - ha aggiunto Roberto Cullino - è che vi sia la percezione diffusa di un miglior clima di fiducia, vi sia un contesto meno peggiore ma che, comunque, specie in Piemonte, si tratti di un recupero lento e con elementi di incertezza per quanto riguarda la solidità di questa ripresa».
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