La solitudine dei numeri primi
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La solitudine dei numeri primi
Fonte: http://www.ibs.it/
La solitudine dei numeri primi
Autore: Paolo Giordano
Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resta sola, incapace di muoversi, al fondo di un canale innevato, a domandarsi se i lupi ci sono anche in inverno. Mattia è un bambino molto intelligente, ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi coetanei e per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco, con la promessa che tornerà presto da lei. Questi due episodi iniziali, con le loro conseguenze irreversibili, saranno il marchio impresso a fuoco nelle vite di Alice e Mattia, adolescenti, giovani e infine adulti. Le loro esistenze si incroceranno, e si scopriranno strettamente uniti, eppure invincibilmente divisi. Come quei numeri speciali, che i matematici chiamano "primi gemelli": due numeri primi vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Un romanzo d'esordio che alterna momenti di durezza e spietata tensione a scene rarefatte e di trattenuta emozione, di sconsolata tenerezza e di tenace speranza.
Nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i numeri primi, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l’interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti “primi gemelli”: sono due numeri primi separati da un unico numero. L’11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l’uno all’altro nella loro solitudine.
Mattia e Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Due storie difficili, due infanzie compromesse da un pesante macigno che si trascina nel tempo affollando le loro fragili esistenze fino alla maturità. Tra gli amici, in famiglia, sul lavoro, Alice e Mattia, portano dentro e fuori di sé i segni di un passato terribile. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli a un isolamento atrocemente arreso.
Paolo Giordano descrive la parabola di queste due giovani esistenze attraverso parole commosse eppure lucidissime. Il tono del romanzo cresce non appena ci si inoltra nel racconto e nelle vite dei protagonisti. Anche la sintassi e la complessità della frase si evolvono a mano a mano che i due ragazzi crescono, guidandoci in un percorso che conduce lentamente verso significati più acuti. Le descrizioni quasi elementari dei primi capitoli, quando le vite di Mattia e Alice devono ancora incrociarsi, lasciano il posto a una profondità di pensiero imprevedibile e inaspettata. Il linguaggio si affina, le frasi si intrecciano, i pensieri si complicano.
La solitudine dei numeri primi è un romanzo che ci cresce tra le mani, che parte in sordina per esplodere nel finale, è un'opera delicata e terribile allo stesso tempo in cui, al posto degli adolescenti belli e perfetti che affollano le pagine dei romanzi contemporanei, emergono due protagonisti imperfetti e marginali.
I turbamenti e le cicatrici, i fallimenti mai confessati e l’incapacità di vivere quelli che normalmente sono considerati successi, insomma tutta l’umanità scartata dagli altri scrittori, entra nelle pagine di Paolo Giordano. Questo giovane fisico torinese, con la sua opera prima, sposta il baricentro del mondo verso l’angolo oscuro e disprezzato della società, facendo leva, come un moderno Galileo, sulla vita dei suoi ragazzi speciali.
L’ennesima dimostrazione della vivacità che caratterizza la generazione dei trentenni italiani, un esperimento ben riuscito che conferma una regola elementare: a volte basta spostare il punto di osservazione perché un altro universo ci esploda, meravigliosamente, tra le mani.
Ascolta la lettura delle prime pagine e l'intervista all'autore del libro su RadioAlt.
La solitudine dei numeri primi
Autore: Paolo Giordano
In sintesi |
La recensione di IBS |
Mattia e Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Due storie difficili, due infanzie compromesse da un pesante macigno che si trascina nel tempo affollando le loro fragili esistenze fino alla maturità. Tra gli amici, in famiglia, sul lavoro, Alice e Mattia, portano dentro e fuori di sé i segni di un passato terribile. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli a un isolamento atrocemente arreso.
Paolo Giordano descrive la parabola di queste due giovani esistenze attraverso parole commosse eppure lucidissime. Il tono del romanzo cresce non appena ci si inoltra nel racconto e nelle vite dei protagonisti. Anche la sintassi e la complessità della frase si evolvono a mano a mano che i due ragazzi crescono, guidandoci in un percorso che conduce lentamente verso significati più acuti. Le descrizioni quasi elementari dei primi capitoli, quando le vite di Mattia e Alice devono ancora incrociarsi, lasciano il posto a una profondità di pensiero imprevedibile e inaspettata. Il linguaggio si affina, le frasi si intrecciano, i pensieri si complicano.
La solitudine dei numeri primi è un romanzo che ci cresce tra le mani, che parte in sordina per esplodere nel finale, è un'opera delicata e terribile allo stesso tempo in cui, al posto degli adolescenti belli e perfetti che affollano le pagine dei romanzi contemporanei, emergono due protagonisti imperfetti e marginali.
I turbamenti e le cicatrici, i fallimenti mai confessati e l’incapacità di vivere quelli che normalmente sono considerati successi, insomma tutta l’umanità scartata dagli altri scrittori, entra nelle pagine di Paolo Giordano. Questo giovane fisico torinese, con la sua opera prima, sposta il baricentro del mondo verso l’angolo oscuro e disprezzato della società, facendo leva, come un moderno Galileo, sulla vita dei suoi ragazzi speciali.
L’ennesima dimostrazione della vivacità che caratterizza la generazione dei trentenni italiani, un esperimento ben riuscito che conferma una regola elementare: a volte basta spostare il punto di osservazione perché un altro universo ci esploda, meravigliosamente, tra le mani.
Ascolta la lettura delle prime pagine e l'intervista all'autore del libro su RadioAlt.
La recensione de L'Indice |
Succede, una volta ogni tanto, che un libro incontri insieme il consenso della critica e quello del pubblico. Trionfa allora, specie su quotidiani e rotocalchi, la sociologia della letteratura da bar; impazzano le valutazioni pensose sul giovane ricercatore di fisica (l'autore del libro) che, dal nulla, trae fuori un potenziale romanzo generazionale. Prima difficoltà socioletteraria: che generazione racconta il Giordano di questa Solitudine dei numeri primi? Risposta da lettore comune: nessuna. Paolo Giordano, ventotto anni, mette in questo libro d'esordio il materiale tipico di ogni debutto. Tutta la sua vita finora, la sua idea del mondo e delle cose, una dose che non pare studiata d'ingenuità nella costruzione della storia. Perché qui c'è un autore dilettante – e l'accezione è sempre quella: scrittore che, per vivere, fa dell'altro – consapevole della necessità di una storia, di una fabula che attragga. I personaggi in scena all'inizio sono tre bambini: Alice, Mattia e la sorella di lui, Michela. Michela è, avverte senza problemi il risvolto di copertina, una "ritardata mentale". Mattia, al contrario, è di precoce intelligenza e, in quanto tale, un po' inviso ai suoi compagni di scuola. Il giorno che uno l'invita a una festa porta con sé la sorella minorata, ma l'abbandona nel parco. Alice, dal canto suo, è un esempio piuttosto tipico di bambina costretta dai genitori (il babbo) a far cosa che detesta: nel caso di specie, sciare. Una mattina, dietro le insistenze del genitore insensibile, si butta sulla pista con l'obbligo di "far vedere chi è"e si rompe una gamba, procurandosi una zoppia che l'accompagnerà tutta la vita. È chiaro a questo punto, perché Giordano predilige il gioco a carte scoperte, uno dei temi del libro: l'inadeguatezza. Alice è zoppa, Mattia troppo intelligente, Michela (destinata a uscire di scena e insieme a restarci sempre, sullo sfondo) inadatta al mondo e basta. Se non che, i bambini si fanno adolescenti e poi adulti e devono rispondere alle domande che il mondo rivolge loro. Sono aiutati dal caso, che in questo libro ha un rilievo non indifferente. Alice e Mattia s'incontrano e, in un modo che sfugge naturalmente a ogni convenzione, proverebbero pure ad amarsi. Tanto non è consentito da una serie di fatti ordinari (la malattia e la morte della madre di Alice, per esempio, il trasferimento all'estero di Mattia dopo la laurea) che, in questo libro, hanno però sempre un'aura di eccezione, di davvero fuori dall'ordinario. Il risultato è dovuto alla lingua, su cui Giordano esercita un controllo ferreo e invisibile, Il paragrafo tipo della Solitudine ha i verbi reggenti concordati al passato remoto o all'imperfetto, tende a rifiutare le subordinate, impiega frequente il discorso diretto, impiega un lessico di registro medio. Sono queste caratteristiche a stridere con la costruzione dei personaggi che sono tutti, chi più chi meno, persone a disagio con la vita. Tanto Mattia quanto Alice, crescendo, fanno incontri: ma, come recita la frase in quarta di copertina, "Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero. A lei non l'aveva mai detto". I numeri primi, cui l'editoria non solo italiana ha dato tanto spazio in questi anni, sono allegoria di questo particolare tipo di solitudine. Spiega il matematico Mattia che, con più crescono le cifre, con più il numero primo successivo si allontana: laddove, come naturale, i più bassi sono abbastanza vicini. Ma il punto è ancora un altro: "A lei non l'aveva mai detto". In questo libro, il non detto supera di gran lunga l'espresso, il dichiarato. Sembra un ennesimo accenno all'indicibilità di se stessi, che è uno dei sensi di questo romanzo per tanti versi inquietante (c'è un accenno all'autolesionismo di Mattia ragazzo che merita approfondimento; e anche il legame con la sorella minorata non è di facile decrittazione). La tensione del romanzo tende a scemare un po' verso il finale, ma questo sembra il primo romanzo italiano del 2008 destinato a lasciare dubbi, a creare problema. Che se poi ha anche successo, non essendo ancora rubricato in codice penale come delitto o contravvenzione, ben venga. |
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