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I Finiani escono dal PDL, Fini fonda "Azione nazionale"

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I Finiani escono dal PDL, Fini fonda "Azione nazionale" Empty I Finiani escono dal PDL, Fini fonda "Azione nazionale"

Messaggio Da Maurizio Ven Lug 30, 2010 12:10 pm

Fonte: La Stampa
Si separano subito in Parlamento le strade di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini dopo la rottura consumata ieri. Questa l’indicazione data dal Presidente della Camera già ieri sera ai suoi. Fini dovrebbe anche tenere una conferenza stampa per parlare agli italiani e spiegare, avrebbe sempre detto ieri ai suoi, che l’incarico di Presidente della Camera non è nelle mani del Premier Berlusconi e che non intende lasciarlo. Ieri la rottura, durissima, consumata dopo l’approvazione da parte dell’Ufficio di presidenza del Pdl di un documento in cui Berlusconi metteva alla porta il cofondatore, considerandolo incompatibile con il suo ruolo, ruolo che per Berlusconi Fini deve lasciare. Immediata la replica di Fini, che ai suoi parlamentari avrebbe chiarito di non avere intenzione di lasciare lo scranno più alto di Montecitorio. Il Pd intanto parla di crisi e chiede a Berlusconi di venire in Parlamento, difendendo Gianfranco Fini: «Il presidente della Camera è di tutti - ha detto Bersani - anche di quelli che non lo hanno votato».

Stamane, intanto, c'è stato un vertice fra il premier Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Il leader della Lega esclude l’ipotesi di elezioni anticipate e lo fa con il suo tradizionale modo diretto di esprimersi: quando i giornalisti in Transatlantico gli chiedono se la rottura tra Berlusconi e Fini possa portare al voto anticipate mostra il dito medio. Quindi sul divorzio tra i due cofondatori del Pdl Bossi dice: «Speriamo che tutti e due usino il cervello e il cuore».

«Nazione e Libertà», con l’acronimo «NL». Oppure, più probabilmente, «Azione nazionale». Sono due dei possibili nomi dei nuovi gruppi parlamentari finiani dopo il divorzio dal Pdl. Al momento Gianfranco Fini non ha ancora scelto tra una rosa di diverse possibilità. Il nome del nuovo gruppo che nascerà alla Camera sarà annunciato nel pomeriggio a Montecitorio.

Al Senato al momento non si è raggiunto il numero di 10 senatori necessario alla costituzione del gruppo a Palazzo Madama. I senatori dichiaratamente finiani sono 8, ma non hanno ancora rassegnato le dimissioni dal gruppo Pdl. Quanto ai deputati, i "finiani" che hanno inviato la lettera di dimissioni dal Pdl e hanno dato la disponibilità ad aderire al nuovo gruppo sono 35. Fini ha incontrato questa mattina alcuni dei senatori per chiarire la situazione al Senato. Ma i sottosegretari Andrea Augello e Pasquale Viespoli (che si sono molto spesi nel ruolo di mediazione con Berlusconi) e altri tre senatori che fanno loro riferimento, non hanno sciolto la riserva. Alle 15, presso l’Hotel Minerva di Roma, Fini terrà una conferenza stampa.

La crisi del Pdl è intanto arrivata in aula alla Camera, con il capogruppo Fabrizio Cicchitto che «sfiducia» il presidente Gianfranco Fini, e le opposizioni, a partire dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a chiedere che il premier Berlusconi venga a chiarire in Parlamento. All’inizio dei lavori dell’Assemblea di Montecitorio, i deputati del Pd si sono presentati al completo, in un’aula vuota visto che non erano previste votazioni. Bersani ha incalzato Berlusconi: «Non si pensi che è agosto e che si vada a finire a tarallucci e vino. Il Presidente del Consiglio venga in Parlamento», visto che la crisi dentro al Pdl «è insanabile». «E per cortesia - ha aggiunto - non ci venga propinato l’antico rito che "e successo ma non è successo", "il motore è rotto ma la macchina va". Il Paese non ha questi tempi, ha altre esigenze». Anche l’Udc, con Angelo Compagnon, e l’Idv con Carlo Monai, hanno fatto un’analoga richiesta a Berlusconi.

Immediata la controreplica di Cicchitto, spalleggiato in aula dal suo vice Osvaldo Napoli e da una manciata di altri deputati: «Certamente si è aperta una questione seria all’interno del Pdl, ma non ci sono ragioni perchè il presidente del Consiglio venga a riferire in Parlamento», perchè «la maggioranza che sostiene il governo c’è ed è salda». Il capogruppo del Pdl è quindi passato al contrattacco, mettendo sul banco degli imputati Fini: «Si è aperto tra noi un confronto politico serio e serrato in cui si mette in discussione il rapporto nel Pdl tra noi e Gianfranco Fini. È venuto meno il rapporto che si era acceso quando lo abbiamo eletto presidente della Camera e siamo davanti ad una questione politica, ad un dato su cui Fini deve riflettere».

A margine del consiglio dei ministri, infine, il premier Silvio Berlusconi - secondo quanto riferito - ha ripetuto al ministro Andrea Ronchi il concetto già espresso ieri quando, annunciando alla stampa la rottura con Fini, aveva spiegato che sulla permanenza dei finiani al governo avrebbe deciso il governo, ma per quanto lo riguardava personalmente non avrebbe avuto difficoltà a continuare la collaborazione con i «validi ministri» finiani: «Gli amici di Fini al governo lavorano bene, non ho dubbi sulla loro lealtà e non ho ragione di modificare la squadra di governo. Quindi si prosegue così».

--

Mah, il nuovo partito di Fini a me sembra un re-make della vecchia AN, ma con molti membri in meno (molti ex-AN non "finiani" infatti rimangono nel PDL), è da vedere però se la maggioranza avrà i numeri per non cadere... Si parla di 8-15 senatori e 34-35 deputati in meno
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Messaggio Da Maurizio Ven Lug 30, 2010 6:22 pm

Fonte: La Stampa
Gianfranco Fini non molla, anzi rilancia. E’ furioso per le modalità con cui, in un pomeriggio, Berlusconi l’ha buttato fuori dal partito, ma a lasciare la presidenza della Camera non ci pensa proprio. In una conferenza stampa convocata il giorno dopo la rottura con Berlusconi l’ex leader di An si dice pronto ad archiviare «una brutta pagina per il centrodestra», e conferma che- seppur con gruppi autonomi- lui e i suoi uomini sono pronti a restare «leali al programma». E’ furibondo Fini, «ieri sera in due ore- dice- senza la possibilità di esprimere le mie ragioni, sono stato espulso dal partito che ho contribuito a fondare».

Il governo rischia? Per il momento no, spiega Fini, perché quando le decisioni che prenderà « saranno in linea con il programma di governo del Pdl» lui e i gruppi di “Futuro e libertà” saranno pronti a votare con l’esecutivo, mentre invece non lo faranno quando saranno «lesive» rispetto al mandato elettorale e «all’interesse generale» del Paese. Non lascia spazio alle domande dei cronisti, il presidente della Camera. «Ovviamente non darò le dimissioni –spiega, rimandando al mittente la richiesta del Cavaliere- perchè a tutti è noto che il presidente deve garantire il rispetto del Regolamento e la imparziale conduzione dell’attività della Camera, non deve certo garantire la sola maggioranza che lo ha eletto. Sostenerlo dimostra una logica aziendale - prosegue Fini - modello amministratore delegato-consiglio d’amministrazione, che di certo non ha nulla a che vedere con le nostre istituzioni».

Lui, dice, continuerà le battaglie intraprese con i fedelissimi, che ringrazia «dal più profondo del cuore». A partire da quella per la legalità, «un impegno che avverto per onorare il patto con i nostri milioni di elettori onesti, grati alla magistratura e alle forze dell’ordine, che non capiscono perchè nel nostro partito il garantismo significhi troppo spesso pretesa di immunità».

Dal Pdl partono fulmini. «Le dichiarazioni rese alcuni minuti fa da Gianfranco Fini all’Hotel Minerva sono, nello stesso tempo, una prova di debolezza e un atto di viltà politica», carica il portavoce del partito Capezzone. «L’unica cosa dignitiosa, per Fini, sarebbe stato dare le dimissioni da Presidente della Camera: ma ha scelto di restare aggrappato alla sua poltrona. Brutto spettacolo, che gli italiani giudicheranno con giusta severità». Intanto tra i finiani sono iniziate le grandi manovre per riorganizzarsi. Il nome dei nuovi gruppi parlamentari sarà “Futuro e libertà per l’Italia”, annuncia il sito di Generazione Italia. «È fatta, è questo il nome», conferma Luca Barbareschi dopo un incontro con altri deputati. In attesa di definire chi sarà il capogruppo, l’unica certezza è il numero degli uomini pronti a seguire il presidente della Camera: sono 33. Tra i nomi di spicco quelllo di Giulia Bongiorno, del ministro Ronchi, del direttore del Secolo Flavia Perina e di Fabio Granata.
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