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Il Governatore del Lazio in un video con un trans

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Messaggio Da Maurizio Sab Ott 24, 2009 8:56 am

Fonte: La Stampa

La mascella è serrata, gli occhi due fessure che tagliano, fissano davanti a sé, come se allargando la prospettiva, incrociando altri occhi, l’incubo potesse solo peggiorare. Piero Marrazzo sembra un uomo provato, umiliato, ma combatte con tutte le sue forze per difendere la sua credibilità, ma soprattutto la sua famiglia, Roberta Serdoz, sua compagna da vent’anni e moglie da quattro, giornalista del Tg3, e le sue tre figlie, Giulia, Diletta e Chiara. La sua vita. «Con loro e con Roberta, la donna della sua vita, passa tutto il tempo libero», è scritto nella sua biografia sul sito della Regione Lazio.

Una giornata iniziata male e finita peggio, una corsa nell’inferno, dove la reputazione rischia di essere bruciata. «E’ solo gossip», assicura il presidente che non concede nulla a quelle che fino a prova contraria rimangono parole. E lui ammonisce tutti a stare attenti perché ne dovranno rispondere. «E’ stato sventato un tentativo di estorsione basato su una bufala. Sono amareggiato e sconcertato per come, a pochi mesi dalle elezioni, si tenti di infangare l’uomo Marrazzo per colpire il Presidente Marrazzo».

Una torbida storia usata come lancia per ferire la giunta regionale da sinistra. Marrazzo si affanna a ripeterlo in tutta questa giornata che sembra non finire, affollata di impegni che non ha voluto a nessun costo cancellare. La mattina a Frosinone per un incontro presso il palazzo della Provincia sul sistema aeroportuale del Lazio. Ed è qui che assicura di «non aver mai versato soldi». «Non mi è mai arrivato nulla. Ho saputo che si parla dell’esistenza di questo filmato, ma io posso dire che non mi è stato mai dato niente. È un gossip, non c’è stato alcun pagamento, nè accordo. Non sono mai stato contattato» (dai quattro carabinieri, arrestati dai colleghi dei Ros, che sarebbero autori della tentata estorsione). E «se un video esiste è falso».

Un uomo costretto a difendersi nonostante sia solo una vittima. Di gossip, di ricatto, di se stesso. Poco importa. Ormai è partita la macchina infernale del «si dice». Marrazzo lo chiama gossip e non sottovaluta il suo grado di tossicità. Sa che la macchina è partita e poco c’è da fare, ma lo stesso insiste nel chiarire che «non ero a conoscenza di questa vicenda. Quanto sta accadendo non risponde a verità».

Le notizie si susseguono senza sosta, nuovi particolari, pezzetti di titoli di verbali ufficiali. E intanto Marrazzo cerca di lavorare. Fa una dichiarazione sulla morte di Vassalli («Lascia un vuoto incolmabile in tutti noi») poi alle due e mezzo è a Palazzo Chigi per la conferenza delle Regioni. Non evita i microfoni anche se il suo avvocato lo ha pregato: «Fai parlare me». E invece no, Marrazzo, una vita nelle redazioni tv, non scansa i microfoni dei colleghi nonostante le intenzioni: «Quanto è successo è un atto di gravità inaudita e dimostra che nel nostro Paese la lotta politica ha raggiunto livelli di barbarie intollerabili. Sono dispiaciuto che questa bruttissima storia veda coinvolti alcuni carabinieri. Voglio comunque rivolgere un ringraziamento ad Arma e magistratura per il lavoro svolto. Sarà la giustizia a fare luce sulla vicenda».

E ancora: «Non è la prima volta che si scatena contro di me un attacco che mi colpisce personalmente e politicamente». «Mi auguro si arrivi al più presto al chiarimento di tutti gli elementi di questa vicenda che definirei surreale e di cui vi ricordo sono vittima». «Per quanto mi riguarda, pur con grande amarezza, continuerò con serenità e determinazione il mio lavoro fino all’ultimo giorno della legislatura. Ci sono provvedimenti troppo importanti per i cittadini del Lazio a cui dobbiamo dare esecuzione». Continuerà fino alla fine, ma Piero Marrazzo non pronuncia la parola «ricandidatura». Al posto suo lo fa il presidente della Provincia Zingaretti. Anche «dimissioni» è da usare con cautela, sottovoce, lontano dagli uffici del presidente, lettere che si aggiungono alla matassa di parole che sono state spese su questa vicenda.

Poi il pensiero torna alla famiglia: «Ho una famiglia alla quale tengo più di ogni altra cosa e che voglio preservare con tutte le mie forze. Da questo momento quindi su questo argomento parleranno esclusivamente i miei legali». Ed in una nota poi spiega: «Mi è stato chiesto di mantenere il massimo riserbo, in osservanza del segreto istruttorio». Diserta la chiusura della Festa del cinema e a sera è a casa, insieme alle sue quattro donne, il suo rifugio. Solo quattro anni fa Piero Marrazzo si sposava in Campidoglio con Roberta, intorno le figlie a fare da damigelle. E Veltroni a leggergli la poesia di Nazim Hikmet, «Il più bello dei mari». Una vita fa. Oggi il mare è in tempesta.
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Il Governatore del Lazio in un video con un trans Empty Re: Il Governatore del Lazio in un video con un trans

Messaggio Da Maurizio Ven Ott 30, 2009 2:10 pm

LaStampa
Il video c’è. I tecnici del Ros dei carabinieri devono soltanto recuperarlo dal computer sequestrato a Carlo Tagliente, uno dei quattro carabinieri finiti in carcere. Non è il promo, quello di due minuti fatto visionare a mezzo mondo e sequestrato nei locali milanesi di «Photo Masi», e nella redazione del settimanale «Chi» di Alfonso Signorini. Nella storia del grande ricatto contro Piero Marrazzo, ci sono ancora tanti punti oscuri da chiarire. Tante verità contrapposte tra loro. E se la Procura di Roma ha deciso di procedere al fermo dei carabinieri, è perché si aveva la certezza che il video stava per essere reso pubblico. Lo mette a verbale il fotografo Max Scarfone: «L’aveva comprato Vittorio Feltri».

Tra gli atti depositati al Tribunale del Riesame (l’udienza si terrà il 4 novembre), vi sono i verbali di alcuni protagonisti di questo affaire. Partiamo dai carabinieri arrestati. Nicola Testini: «Quello che ho visionato io aveva una durata di circa 13 minuti. Noi l’abbiamo avuto da un confidente che poi è morto e volevamo farci almeno 60.000 euro». Il confidente. Probabilmente Rino Cafasso, il pusher che riforniva di cocaina i trans, morto per infarto il 12 settembre scorso. Lo stesso che il 15 luglio lo fece vedere a due giornaliste di Libero, nella versione promo di due minuti.

Altra divisa del disonore, Carlo Tagliente: «D’accordo con i miei colleghi feci una copia del video attraverso il masterizzatore del mio pc portatile che ho tuttora a casa mia e vi consegnerò spontaneamente. Le altre due copie sono state invece distrutte da me e Testini». Il fotografo Max Scarfone sostiene che Tagliente gli confessa che nel «filmato ci sono voci e volti che non possono essere visti».

Dunque, Max Scarfone, il fotografo degli scatti rubati al portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana, immortalato mentre parla dall’auto con un trans. Il Ros dei carbinieri lo blocca il 20 ottobre: consegnano dettagli inediti come la possibilità che fossero 15.000 gli euro ripresi sul tavolino accanto alla cocaina e al tesserino, e non 5.000 come racconta lo stesso Marrazzo. E fanno emergere la partecipazione di diversi gruppi editoriali alla trattativa per l’acquisto delle immagini. Sono gli stessi carabinieri della Compagnia Trionfale Tagliente, Testini e Luciano Simeone ad ammettere le proprie colpe parlando di «debolezza imperdonabile» e poi raccontano di aver coinvolto Antonio Tamburrini «soltanto in un secondo momento perchè volevamo vendere il materiale e lui aveva un parente fotografo». Il riferimento è a Max Scarfone, il paparazzo che li mise in contatto con l’agenzia Photomasi di Milano. Il 20 ottobre Scarfone viene interrogato. E dichiara: «A luglio fui contattato da Antonio Tamburrini - è il carabiniere che gli altri tre ammettono di aver coinvolto soltanto successivamente, per tentare di vendere il video, ndr - che mi disse che alcuni suoi amici avevano un video su un politico importante dentro una casa con tanta cocaina e un trans».

Sono i carabinieri di Trionfale. A Scarfone viene fatto vedere il video: «Sul mobile vicino al tavolino - mette a verbale il fotografo, descrivendo le immagini che aveva visto - c’erano un mucchio di banconote di euro, pezzi da 500, credo fossero stati circa 15.000 euro... Mentre visionavo il filmato, in ragione del fatto che era frammentato, chiedevo se la durata era quella di quello visto. Mi rispondeva che era di 13 minuti circa. Non me lo poteva far vedere tutto nè voleva venderlo tutto perchè diceva che c’erano delle voci e volti che non potevano essere visti».

Il mandato ricevuto da Scarfone era di vendere il video per 200.000 euro. E lui contatta immediatamente l’agenzia «Photo Masi» di Milano. Carmen Masi piomba a Roma, dopo una settimana. «Luciano (Simeone, ndr) disse a Carmen che loro, ossia il gruppo di carabinieri, erano in possesso di alcuni assegni in bianco che Marrazzo aveva lasciato al trans». Max racconta i particolari della trattativa per la vendita: «Carmen ha proposto il video prima a "Oggi", poi contatta Signorini di "Chi" che ha indirizzato Carmen verso Belpietro che mi risulta abbia visionato il video. Sembrava interessato, poi però anche questa trattativa è sfumata. Per quanto mi ha raccontato Carmen il video è stato fatto visionare anche a personaggi importanti come Berlusconi, che però era assolutamente contrario all’acquisto del video. Almeno così mi è stato riferito... Carmen è stata successivamente contattata da Signorini che l’ha indirizzata, per quanto mi è noto, verso Feltri. Quest’ultima trattativa è andata a buon fine... Il problema stava nel fatto che i carabinieri volevano almeno un guadagno di 60.000 euro... si è poi sbloccato tutto perchè Antonio mi ha riferito, venerdì scorso (il 16 ottobre ndr), che i carabinieri avevano accettato la proposta di 55.000 euro e io comunicai a Carmen che era possibile chiudere alla cifra concordata. L’agenzia ha quindi concluso, credo con Feltri e il suo giornale».

Ma poi i carabinieri infedeli tentano di bloccare la vendita del video perché sanno che sono sotto inchiesta del Ros. Carmen Masi conferma la ricostruzione di Scarfone. Precisa che copia del video l’ha consegnata il 5 ottobre al direttore di «Chi»: «Dopo qualche giorno Signorini mi ha richiamato dicendomi che ci poteva essere un interesse da parte di Libero con un compenso di 100.000 euro...». Carmen Masi incontra il direttore Maurizio Belpietro il 12 ottobre. Ma l’incontro non produce risultati positivi. Due giorni dopo è l’editore Angelucci a visionare il video. Ricorda Carmen Masi: «Il 19 ottobre Signorini mi ha telefonato dicendomi che mi avrebbe chiamato Marrazzo perchè la cosa, per ovvi motivi, interessava direttamente a lui».
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